La commissione Giustizia della Camera dei deputati poco tempo fa ha respinto con due voti di scarto gli emendamenti delle opposizioni sulla cosiddetta “maternità surrogata”. Se fossero passati, i sindaci avrebbero potuto trascrivere gli atti di nascita dei figli delle coppie omogenitoriali.
Roma – In seguito, la commissione ha considerato la “gestazione per altri”, reato universale, perseguibile, quindi, anche all’estero. È un tema molto delicato che ha a che fare con valori molto sensibili riguardanti l’etica e la morale. Come succede spesso in questi casi, si è assistito a una polarizzazione della questione. Il Governo di centrodestra, espressione di una visione più tradizionale, considera come famiglia solo quella naturale e i figli concepiti da una mamma e un papà.
Questo paradigma è condiviso dalle varie associazioni per la famiglia e per la vita, che manifestano una adesione, a volte, ancora più conservatrice. Al contrario, sono favorevoli molte associazioni per la difesa dei diritti delle coppie LGBT (lesbiche, gay, bisessuali e transgender) e i partiti di opposizione. L’emendamento è stato bocciato per soli due voti. La procedura si è svolta in maniera inconsueta, perché, per prassi consolidatasi nel tempo, il presidente della commissione Giustizia si è sempre astenuto. Questa volta invece il presidente, Ciro Maschio, di Fratelli d’Italia, ha avuto un attimo di sussulto in quanto la sua coscienza al riguardo gli ha suggerito il contrario. Ha, infatti, dichiarato: “Ho votato contro per esprimere il diritto a manifestare il mio pensiero su un tema sensibile, ma comunque ho sempre garantito l’imparzialità della commissione”.
Questo ha suscitato l’ovvia reazione stizzita dell’opposizione. Infatti, Alessandro Zan, esponente del PD ha dichiarato: “Sulla maternità surrogata siamo pronti a fare ostruzionismo anche di notte”. Zan è un deputato ed esponente della comunità LGBT, noto per aver promosso e ottenuto il primo registro anagrafico italiano delle coppie di fatto, anche per quelle omosessuali. Inoltre, è stato relatore del disegno di Legge contro l’omofobia, la transfobia, la misoginia e l’abilismo, approvato in prima lettura della Camera dei Deputati il 4 novembre 2020. In tutte le società di ogni tempo, la differenziazione sessuale dagli standard consueti maschio-femmina è stata sempre considerata come un’onta e, come tale, da sopprimere.
Nell’antica Roma e nella Grecia classica, ad esempio l’omosessualità non veniva osteggiata, anzi ostentata nelle classi sociali più elevate. E pure il fatto di circondarsi di giovinetti veniva accettato con tranquillità, anche perché non si trattava di pedofilia. In seguito, col Medioevo si è vissuto un periodo di oscurantismo culturale in cui la diversità sessuale veniva osteggiata e combattuta in tutti i modi. Per non parlare della Chiesa che ha sempre “predicato in un modo e razzolato in un altro”. Ovvero, all’esterno manifestava adesione totale alla concezione tradizionale del famiglia, del sesso e le sue varianti venivano considerato come “intrusioni del demonio”. Mentre all’interno delle quattro mura dei conventi avveniva di tutto e di più.
I casi di pedofilia, omosessualità e molestie nei confronti di novizi e frequentatori di oratori sono diventati tanto numerosi da balzare agli onori (si fa per dire) della cronaca degli ultimi decenni. Comunque la si pensi sulla “maternità surrogata” e sull’“omogenitorialità”, un fatto è certo. Se viviamo in uno Stato di diritto, liberale e che rispetti i diritti di ognuno, di qualsiasi orientamento sessuale, non si vede perché ci debbano essere diritti di serie b, negati ad alcune minoranze. La famiglia tradizionale, con tutti gli abomìni che accadono al suo interno, tra violenze su donne e minori, non può certo essere considerata un esempio da imitare.