La tutela dell’ambiente è solo un luogo comune. Un vecchio refrain che non porta voti ma che si usa in campagna elettorale perchè attrae ancora i babbei che ci credono. In Emilia Romagna è accaduto ciò che i geologi avevano previsto da sempre. Ma quando parlano gli scienziati la politica tace: tranne che non si tratti dei soliti noti.
Bologna – Che botta la conta dei danni: oltre 620 milioni è costato sino ad oggi lo sfacelo alle infrastrutture, ferrovie e rete viaria, nella terra di Peppone e don Camillo. Ed è solo una prima stima della Regione sulle gravissime conseguenze del nubifragio a cui si debbono aggiungere i danni alla viabilità comunale. I numeri stratosferici sono venuti fuori dall’incontro tra il governatore Stefano Bonaccini, l’assessore regionale ai Trasporti e Infrastrutture Andrea Corsini, il vicepremier e ministro delle Infrastrutture e Trasporti Matteo Salvini e il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi che si è tenuto in Prefettura a Bologna:
“Si tratta di un totale molto parziale, perché manca ancora la maggior parte della viabilità comunale – ha detto Corsini- ancora incompleta anche la stima per quella provinciale, su cui nei prossimi giorni partirà la verifica. Serviranno indubbiamente molte risorse dal Governo per ripristinare nel più breve tempo possibile la viabilità di accesso e collegamento alle località collinari e appenniniche, partendo da quelle frazioni e quei paesi completamente isolati. Abbiamo bisogno del Governo non solo per le risorse ingenti che serviranno ma anche per strumenti e norme speciali per velocizzare gli iter di ricostruzione”.
Sarà ma sino a che punto c’entra il disastro con il cambiamento climatico? L’Emilia era una palude e palude è tornata ad essere: la natura si riprende sempre ciò che le si toglie. Specie con la forza dell’illegalità. Cementificazione selvaggia, decenni di sanatorie, costruzioni abusive sugli alvei di fiumi e torrenti, erosione del territorio, strutture pubbliche prive dei requisiti di sicurezza e quant’altro, in uno con la totale assenza di controlli e vigilanza costanti, hanno contribuito alla catastrofe.
E la terra dei servizi è implosa. Si è sgretolata alla prima forte spallata di madre natura, dopo un periodo di grande siccità che doveva allertare e far riflettere. E impaurire in caso di meteo avverso. Cosi è stato. Ed è ripugnante, per l’enensima volta, sentire parlare di danni con cifre iperboliche che Dio solo sa dove potremo reperire quando avremmo dovuto prevenire e porre rimedio alle malefatte per evitare morte e distruzione.
Come al solito a piangere sono solo le famiglie delle vittime. Ed il contribuente che fra terremoti, alluvioni e frane di lacrime da versare non ne ha più. A proposito grazie ai soliti eroi, quelli che ci sono sempre quando si tratta di morti e feriti da recuperare e mettere in salvo. E dire che potremmo limitare simili sciagure per evitare il dopo, ancora più tragico del presente. Ne sanno qualcosa i terremotati del Centro Italia che stanno ancora li, da 7 anni, aspettando che qualcuno si accorga di loro. Ma quando inizieremo ad essere più responsabili? E che cavolo.