Ricostruite le fattezze dell’individuo scoperto nel 1908 nella grotta di La Chapelle-aux-Saints, vissuto circa 50.000 anni fa.
Nel 1908 un gruppo di ricercatori scoprì, nella grotta di La Chapelle-aux-Saints, nel centro-sud della Francia, uno scheletro quasi completo di Homo neanderthalensis. I resti, catalogati con il nome di La Chapelle-aux-Saints 1, appartengono a un individuo di sesso maschile vissuto tra i 47.000 e i 56.000 anni fa e morto all’età di circa 40 anni. Ora, a 115 anni di distanza, un team internazionale di studiosi ne ha ricostruito le fattezze: un volto con un’arcata sopracciliare molto marcata, orbite oculari grandi e lineamenti piuttosto decisi, che “comunica” le difficoltà e le problematiche affrontate in una vita breve, per i canoni odierni, ma intensamente vissuta.
In passato altri avevano già tentato, a vario titolo, di ricostruire il volto del Neanderthal di La Chapelle-aux-Saints. Già un anno dopo la scoperta, ad esempio, il pittore ceco František Kupka (1871 –1957) ne aveva offerto un’interpretazione quasi grottesca, enfatizzandone la pelosità e i tratti “primitivi” e scimmieschi. La sua tavola, pubblicata nel 1909 sulla rivista “L’Illustration”, riassume peraltro idee largamente diffuse tra i membri della comunità scientifica dell’epoca, secondo le quali i Neanderthaliani avrebbero rappresentato un “ramo collaterale” estinto della linea evolutiva umana.
Il disegno di Kupka conobbe un’enorme fortuna e, insieme alla diffusione della “teoria dell’atavismo” elaborata nel 1858 da Cesare Lombroso (1835-1909), giocò un ruolo decisivo nella costruzione dell’immagine dell’uomo di Neanderthal divenuta popolare presso il grande pubblico. Un’immagine, tuttavia, ormai sorpassata dalla più recente ricerca scientifica, che sta pian piano abbattendo le “barriere” tra i Neanderthal e l’uomo moderno mostrando come anch’essi seppellissero i loro morti, costruissero strumenti e utensili, facessero uso del fuoco per cucinare e probabilmente praticassero anche attività di carattere rituale.
Metodi forensi
La nuova ricostruzione proposta dal team di ricerca si basa sulle più recenti acquisizioni scientifiche e su tecnologie all’avanguardia. Partendo dalle scansioni di tomografia computerizzata (TC) del cranio già esistenti, l’artista forense Cícero Moraes, noto grafico brasiliano esperto in ricostruzioni facciali di individui del passato e tra i coautori dello studio, ha importato le misurazioni condotte su un cranio umano appartenente a un database di donatori lungo il cosiddetto “piano di Francoforte”, la linea ideale che passa dalla parte inferiore dell’orbita oculare alla parte superiore dell’apertura dell’orecchio. Dopo aver generato la forma del viso, Moraes ha ricostruito digitalmente, sulla base di precisi marcatori, la pelle e i muscoli dell’uomo; infine ha reso l’approssimazione più realistica aggiungendo dettagli come il colore della pelle, la barba e i capelli.
Ne sono risultate due immagini differenti, una “neutra” con il solo busto in tonalità seppia e senza capelli, l’altra di carattere più “speculativo”, a colori e nella quale l’individuo appare caratterizzato dalla barba e dalla folta chioma. «Entrambe mostrano come i Neanderthal fossero simili a noi, ma allo stesso tempo presentassero caratteristiche fisiche diverse e peculiarità evidenti quali, ad esempio, l’assenza del mento. Penso sia impossibile guardarle senza provare a immaginare le condizioni e lo stile di vita di questo individuo vissuto decine di migliaia di anni fa», commenta Moraes.
Finalmente un volto “umano”
«Se si osservano attentamente le ricostruzioni realizzate nel corso di quasi un secolo, si può notare come i tratti somatici dell’uomo di La Chapelle-aux-Saints si siano progressivamente addolciti e “umanizzati”, discostandosi sempre di più dalle interpretazioni “primitiviste” che gli antropologi del passato avevano dei Neanderthal», spiega Francesco Galassi, professore associato di antropologia fisica presso l’Università di Lodz in Polonia, anch’egli tra i coautori dello studio. «I nuovi studi sui Neanderthal hanno dimostrato come fossero molto più vicini, sotto l’aspetto anatomico e quindi probabilmente anche nella fisiologia, all’Homo sapiens anatomicamente moderno. La nostra ricostruzione offre una nuova prospettiva interpretativa e apre a ulteriori riflessioni sull’evoluzione della ricerca».
La ricostruzione del volto dell’uomo di La Chapelle-aux-Saints è stata presentata in forma di poster al recente congresso di Altamura “Abissi del Tempo”. L’intervento è stato firmato da Cicero Moraes (Brasile); Francesco M. Galassi (Università di Lodz, Polonia); Claudia Portaro, Valentina Vittori ed Emanuele Torrisi, Luigi Lambusta (FAPAB Research Center di Avola, Siracusa); Elena Varotto e Michael E. Habicht (Flinders University, Adelaide, Australia); Luca Sineo (Università di Palermo e Presidente dell’Associazione Antropologica Italiana); Emilio Nuzzolese (Università di Torino) e Mario Torreggianti (Università di Roma “Unicamillus”).