A scuola si legge sempre meno: smartphone, riassunti e social stanno cambiando il loro approccio. Con risultati disastrosi.
La Columbia University, USA, è considerata una tra le più prestigiose e famose Università del mondo. 101 premi Nobel in varie discipline scientifiche sono stati assegnati a ricercatori, professori o ex allievi di questa università, seconda solo a quella di Harvard (circa 150). Ebbene, forse prevedendo il futuro, già dal 1998 ha istituito un corso obbligatorio sui grandi classici della letteratura.
Tuttavia, nell’ultimo decennio gli studenti hanno manifestato una certa ritrosia e indolenza alla lettura. Appaiono più disorientati, rispetto al passato, nel caso dovessero leggere più libri. Eppure si tratta di un’Università con processi molto selettivi, ma gli studenti sembrano aver smarrito il piacere della lettura. Molti di loro hanno candidamente dichiarato di non riuscire a rispettare le scadenze perché al liceo se ne leggevano solo estratti o articoli di giornali, ma mai un libro completo.
Non è una problematica che riguarda solo gli studenti statunitensi, ma anche europei, italiani in particolare. Avrebbero pure desiderato leggere, ma ignorano come farlo, perché disabituati sia alle scuole superiori che a quelle dell’obbligo. C’è da registrare che non si tratta di una primizia, nel senso che, periodicamente, riaffiora che gli studenti non sanno più leggere come richiesto dai docenti. La novità recente è costituita dal fatto che ammettono l’insostenibilità del carico della lettura, mentre, comunque, anche in epoche recenti si passava da un classico ad un altro nell’arco di due settimane. Non sono spaventati solo dalla mole dei volumi, ma manifestano incapacità a cogliere dettagli e a tenere il passo dell’impianto narrativo.
Il fenomeno può essere spiegato dall’irruzione devastante degli smartphone nella vita delle persone, che distraggono continuamente gli studenti incidendo sul loro sviluppo cognitivo. Per loro la lettura non è stimolante come i social, al punto che negli USA sono sorte diverse opportunità educative in cui i testi scolastici sono stati ridotti a brevi schemi informativi imitando la sintesi dei social. In questo modo i giovani hanno perso la dimestichezza con testi corposi ed elaborati.
La pandemia, la terribile arpia che tanti danni ha prodotto, ha solo accelerato un processo già in itinere. Queste carenze hanno costretto molti docenti ad adattarsi ai tempi, sostituendo i programmi dei corsi con seminari di opere brevi. Con questo metodo è cresciuta la capacità degli allievi di intrattenersi sulla sagacia del linguaggio. Almeno qualche aspetto positivo è emerso!
Le analisi a disposizione, non consentono, tuttavia, di comprendere se la sobrietà dei programmi possa stimolare il piacere di leggere agli studenti. E’ da segnalare che queste tematiche hanno riguardato le Università umanistiche, sulle quali ha inciso, rispetto a quelle tecnico-scientifiche, la maggiore difficoltà di entrare nel mondo del lavoro, una volta terminato il percorso di studi. Questa tendenza è confermata dalla diminuzione delle iscrizioni a queste facoltà.
Comunque un dato è certo: questi studenti leggono meno che in passato e le stime sono pessimistiche. Ogni anno viene pubblicato un sondaggio “American Time Use Survey” (ATUS), condotto dal Bureau of Labor Statistics ( BLS), la principale agenzia economica e statistica d’indagine del governo statunitense. Questo sondaggio raccoglie dati sul modo in cui gli individui residenti negli Stati Uniti trascorrono il loro tempo durante una giornata tipica. Pare che i lettori siano in forte calo nell’ultimo ventennio, perché, ad esempio, per loro leggere un libro è come ascoltare musica e la lettura appare un fenomeno archeologico.
Non sanno cosa perdono, perché leggere un libro soddisfa la condizione della solitudine, ma senza sentirsi isolato. Si comunica con il proprio “io” più profondo e con i personaggi del testo. Inoltre, secondo le neuroscienze immergersi per molto tempo in un ponderoso volume stimola il pensiero critico e l’autoriflessione, aspetti che la lettura a piccoli sorsi non può garantire. Povera gioventù!