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Gli effetti dannosi dell’insonnia

Non dormire in modi e tempi appropriati nuoce, eccome. L’insonnia si ripercuote sulla vita di tutti i giorni in svariate maniere. A confermarlo un recente studio statunitense che si è servito degli Apple Watch.

Roma – Una volta si diceva “Chi dorme non piglia pesci”, a indicare che se si sta a poltrire, non si ottiene nulla. Come il pescatore che deve sempre essere desto, vigile e attento a non appisolarsi per riuscire nel suo compito: tirare su il pesce quando abbocca. Ma se è verosimile l’antico motto popolare, il non dormire affatto o molto poco è ancora più deleterio. L’insonnia, infatti, è talmente diffusa da creare un vero e proprio disagio sociale che si ripercuote sulla vita individuale delle persone.

È quanto emerso da un recente studio pubblicato dal Brigham and Women’s Hospital di Boston, USA. L’Apple Heart and Movement Study ha raccolto dati e informazioni dettagliate e continuative su attività e salute di un esteso numero di partecipanti. Per realizzare l’obiettivo vengono usati gli Apple Watch, che offrono ai ricercatori un monitoraggio del benessere fisico e cardiovascolare. Si tratta di una linea di smartwatch prodotta da Apple che è fornita di molte funzioni da cui scaturiscono dati sul benessere fisico della persona. Da queste informazioni è scaturito che solo il 31% delle persone dorme almeno 7 ore per notte, il tempo minimo consigliato per gli adulti di sana costituzione.

Gli Apple Watch, utilizzati per monitorare il sonno nello studio.

L’American Heart Association (AHA) pubblica le linee guida per la rianimazione cardiopolmonare (RCP) e il trattamento delle emergenze cardiovascolari (ECC) scientifiche. Queste linee sono alla base dei protocolli salvavita utilizzati dagli operatori sanitari, dalle aziende e dagli ospedali degli Stati Uniti e di tutto il mondo. In relazione alla mancanza di sonno ha raccomandato di dormire dalle 7 alle 9 ore a notte, ed evidenzia che riposare nemmeno 7 ore aumenta il rischio di “malattie cardiovascolari, declino cognitivo e demenza, oltre che depressione, obesità e livelli elevati di pressione sanguigna, zucchero nel sangue e colesterolo”. Siamo di fronte, quindi, a un serio problema sanitario e sociale, incluso nei disturbi soggettivi in quanto riguarda la difficoltà ad addormentarsi, a mantenere il sonno, o di pessima qualità del sonno.

Secondo gli studiosi, per poter considerare una persona veramente affetta da un livello rilevante di insonnia, i parametri di riferimento sono: quantità di tempo per l’addormentamento e di risveglio notturno uguale o superiore a 30 minuti; frequenza uguale o maggiore a 3 notti a settimana; durata uguale o maggiore a 6 mesi. Generalmente l’insonnia rientra nei disturbi del sonno, ma i suoi effetti si manifestano anche dopo, interferendo in maniera notevole durante la fase di veglia. Le persone, infatti, colpite da questo disturbo affermano di patire sonnolenza diurna che inficia le personali capacità lavorative. Inoltre, rispetto agli individui che non presentano questi sintomi, evidenziano elevati livelli di ansia e depressione.

L’insonnia aumenta ansia e depressione.

Una medicina di base fortemente presente sul territorio potrebbe intervenire con gli strumenti adatti per conoscere le cause che inducono all’insonnia, perché i costi sociali e per la salute sono molto alti. Ma con lo smantellamento in atto del welfare state e la miopia politica delle nostre classi dirigenti, stiamo freschi! E poi, come cantava Renzo Arbore nel 1985 in una canzone diventata famosa: “Il materasso è il massimo che c’è”, invitando gli ascoltatori al ritorno alle buone abitudini: farsi una bella dormita su un comodo materasso. Ne va della nostra salute!

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