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Gli accampati metropolitani

Nelle ultime settimane non si è fatto altro che parlare del problema del “caro affitti”, che ciclicamente rispunta alla ribalta.

Roma – Se succede vuol dire che le proteste precedenti non hanno sortito effetti benefici e che i decisori politici hanno fatto poco o niente per dirimere la questione. Il problema è tornato a galla per la protesta degli studenti universitari, che si sono accampati in tenda nelle piazze italiane. E, in un copione già scritto, è scattata la canea giornalistica su carta, tv, radio e web a lanciare strali o ad appoggiare la protesta. C’è chi ha considerato questi studenti una “cricca” di figli di papà e chi ha avuto il coraggio di sostenere la sostenibilità del mercato immobiliare. In realtà è un problema molto gravoso che non riguarda solo gli studenti, ma tanti lavoratori, la maggior parte dei quali precari. Il quadro a livello globale è a tinte fosche.

Instabilità globale, guerre, pandemie, l’inflazione che come un cavallo non smette di galoppare sono tutte condizioni che messe insieme provocano effetti deleteri. Uno di questi riguarda i mutui per l’aumento dei tassi d’interesse decisi dalla BCE (Banca Centrale Europea). Quindi il sogno degli italiani di comprare casa, uno degli status symbol del nostro immaginario collettivo, è diventato un vero e proprio miraggio. Quindi ci troviamo di fronte a giovani, famiglie in difficoltà, lavoratori a singhiozzo e i tanti studenti fuori sede, che in Italia sono i due terzi del totale.

Gli affitti diventano insostenibili

Nelle grandi città l’affitto arriva a pesare fino al 50% dello stipendio e, spesso, non è che ci sia tanta possibilità di scelta. La situazione più difficile si trova nelle grandi città, centri storici e dove ci sono le Università. Milano si piazza al primo posto in questa disonorevole classifica, con 628 euro mensili per una stanza singola, poi seguono a ruota Bologna (467) e Roma (452). Guarda caso si tratta delle città che sono ai primi posti nei desideri giovanili. Quelle in cui vorrebbero starci per lavorare, non solo per studiare. Il fenomeno ha assunto dimensioni internazionali.

Londra e Berlino, ad esempio, hanno registrato una crescita degli affitti del 27% in pochi anni. Un aspetto tipico italiano è il “nero” che molti studenti sono costretti a pagare, spesso in case fatiscenti con strutture non a norma. Una bella somma che “sfugge” all’erario e che potrebbe essere investita in politiche sociali, per la casa appunto. Le soluzioni sarebbero diverse, tra cui una urbanistica sociale e non quella che favorisce gli studentati privati di grandi catene, i cui costi sono per le famiglie agiate. Lo Stato, senza dubbio non può fare come le stelle e stare a guardare, aspettando che il mercato ritorni in equilibrio. Si potrebbe incoraggiare l’offerta di immobili, tassando quelli sfitti e non in uso.

Studenti accampati in sciopero contro il caro affitti

Questo potrebbe incentivare i proprietari a trasformare gli immobili vuoti in strumenti di guadagno. In questo modo, forse, si può disincentivare il loro poco utilizzo, senza perorare esiti da esproprio proletario, tanto caro alla palingenesi rivoluzionaria marxista. Le recenti decisioni politiche hanno privilegiato il ricorso al bonus. E’ una scelta non disprezzabile, ma produrrebbe più vantaggi offrire la possibilità agli inquilini di detrarre dalle tasse parte dell’affitto. Una maniera per renderne meno pesante il costo, senza creare dissesti al valore dell’immobile.

In questo caso devi essere in possesso del contratto d’affitto, perché se in quell’appartamento ci vivi in “nero” per la dichiarazione dei redditi è come essere un fantasma. Un’interessante soluzione è circolata sul web: gli immobili in disuso potrebbero essere acquistati dallo Stato stesso, tanto da offrirli a tariffa facilitata a favore di studenti, famiglie e indigenti. In questo caso verrebbe evitata l’apertura di nuovi cantieri e controllati i prezzi. Qualunque sia la soluzione, il fenomeno va guardato nel suo complesso. Una risposta seria e competente va data. Non si può andare avanti così. Altrimenti avremmo gli “accampati” a vita!

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