Maggioranza e governo si ricompattano sulla riforma. Enrico Costa all’attacco: “Magistrati non pagano mai gli abusi sul piano disciplinare”.
Roma – Maggioranza e governo si ricompattano sulla riforma della custodia cautelare in carcere. Dopo qualche “strappo” registrato sulla questione carceri e sull’efficacia del decreto messo in campo dall’Esecutivo, da Largo Arenula si fa sapere che il prossimo provvedimento della giustizia riguarderà la modifica della disciplina per il carcere preventivo. Un tema animato anche dal “Lodo Costa” e che da anni agita la giustizia. Su questi provvedimenti al momento ci sarebbero ancora riflessioni e nessuna bozza di lavoro, annunciati per i prossimi mesi da fonti di governo per contrastare le criticità legate al sistema carcere in Italia.
“Sulla custodia cautelare tutta la materia va rivista. Con i nostri progetti possibili 15-20mila detenuti in meno. Ne parlerò al Quirinale”, afferma il ministro della Giustizia, Carlo Nordio. “Sulla custodia cautelare – ribadisce il Guardasigilli – la necessità di una riforma sul tema è sentita da tutta la maggioranza. Ovviamente per i rapinatori, stupratori, corrotti e autori di altri gravi reati la carcerazione preventiva rimarrà”. “Quello che conta è definire meglio i presupposti per la sua applicazione”.
A cominciare dal requisito della reiterazione del reato. “Il pericolo – precisa il ministro al Corriere della Sera – non può essere desunto dal rimanere in carica dell’amministratore pubblico accusato di corruzione”. Rispetto alle carceri il decreto “contiene delle novità notevoli. A cominciare dalla possibilità di esecuzione della pena in ambienti diversi dal carcere, come le comunità per tossicodipendenti. Poi sta ai magistrati decidere se mandarveli o meno. I detenuti non sono messi in prigione dal governo, ma dai giudici”. Contro il sovraffollamento “abbiamo dei progetti che vogliamo illustrare al capo dello Stato. Se mettiamo assieme la possibilità per i tossicodipendenti di andare in altre strutture, con quella di far tornare nel proprio Paese i detenuti stranieri possiamo arrivare a 15-20 mila detenuti in meno. Ecco risolto il sovraffollamento”.
Una riforma ci sarà. In realtà, tra Camera e Senato, di provvedimenti sul tema ce ne sono circa una decina. Uno appena presentato da Tommaso Calderone (FI) alla Camera; 2 da Davide Bellomo (Lega); uno da Pietro Pittalis (FI); uno di Roberto Scarpinato (M5S) al Senato; uno di Riccardo Magi (+Eu); uno da Edmondo Cirielli (FDI) a inizio legislatura; ben 3 da Enrico Costa (Azione). In quasi tutti, si spiega che tra i motivi per cui si rende “necessario intervenire”, c’è il “sovraffollamento”, visto che “oltre il 20% dei detenuti è in regime di carcerazione preventiva” anche per colpa di “abusi” nell’applicazione della norma. “E’ da tempo che noi di FI diciamo che si deve intervenire – spiega Calderone – perché il concetto di rischio di reiterazione del reato, uno di quelli per il quale si dispone la custodia cautelare, è troppo vago. La norma va intesa in modo molto più stringente”.
Dal ministero, comunque, si spiega, arriverà, non solo un progetto di legge per riformare la norma, ma anche un piano per contrastare l’elevato numero di suicidi tra i detenuti e gli agenti. Enrico Costa, autore del Lodo contro gli abusi sulla custodia cautelare, a proposto di quegli abusi fa notare che è interessante occuparsi delle sanzioni disciplinari ai magistrati che arrestano ingiustamente: sono “comminate nello 0,2% degli errori. Praticamente mai”, dice il deputato di Azione, che aggiunge: “ed una delle ragioni è l’assoluta inerzia di chi dovrebbe far partire le azioni disciplinari: ministero della Giustizia e Pg della Cassazione. Su questo occorre intervenire normativamente“. Costa invita a “leggere la relazione del Ministero della Giustizia sulle misure cautelari e sull’ingiusta detenzione da cui emerge la totale impunità per chi toglie ingiustamente la libertà ad una persona. Viene alla luce – sottolinea – un quadro sconfortante”.
Prendiamo gli ultimi anni, dal 2018 al 2023: sono state risarcite dallo Stato ben 4.368 persone ingiustamente arrestate, per una somma complessiva di 193.547.821. Tanti errori, quindi. Ma paga solo lo Stato perché di fronte a questi numeri, dal 2017 al 2023 sono state avviate 87 azioni disciplinari con il seguente esito: 44 non doversi procedere, 27 assoluzioni, 8 censure, 1 trasferimento, 7 ancora in corso. Le sanzioni sono solo nello 0,2% dei casi di ingiusta detenzione. I magistrati quindi non pagano praticamente mai sul piano disciplinare”.
“Cosa ha fatto il Governo? Di azioni disciplinari su casi di ingiusta detenzione ne sono state avviate dal Ministero della Giustizia 1 (una) nel 2022 e 3 (tre) nel 2023 (anni in cui complessivamente si sono pagati oltre 50 milioni di euro di riparazioni per ingiusta detenzione). Praticamente nulla. Questa – osserva ancora – è una conseguenza di aver messo l’ispettorato del Ministero della Giustizia nelle mani dei magistrati fuori ruolo. A questo si aggiunga che il 95% delle segnalazioni disciplinari al Pg della Cassazione è archiviato de plano e che il Ministero della Giustizia non si oppone mai a queste decisioni. Ps: nello stesso periodo le valutazioni di professionalità dei magistrati sono state “positive” in oltre il 99% dei casi”, conclude.
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