Generazione Alpha: i “nativi digitali” e il vuoto di comunità

Chi sono i primi nativi digitali, totalmente immersi nel mondo virtuale? Uno studio ne indaga l’identikit, tra ansia e isolamento e i pericoli legati a nuovi modelli “sociali”.

La Generazione Alpha, questa sconosciuta! E’ insolita la caratteristica di definire, da parte degli scienziati sociali, le generazioni con aggettivi o con lettere dell’alfabeto. E’ stato stilato un elenco delle generazioni dalla fine dell’800 ai giorni nostri: Generazione perduta (1883-1900); Greatest Generation (1901-1927); Generazione silenziosa (1928-1945); Baby boomers o “Boomers” (1946-1964); Generazione X (1965-1979); Generazione Y o “Millennials” (1980-1996); Generazione Z o “Centennials” (1997-2012); Generazione Alpha o “Screenagers” (2013-2025). Quest’ultima è la meno conosciuta.

I device tecnologici sono estensioni dei loro sensi: sono venuti alla luce stringendoli tra le mani.

Si tratta ancora di ragazzi all’inizio della pubertà con tanta strada da percorrere. I device tecnologici sono estensioni dei loro sensi, sono venuti alla luce stringendoli tra le mani. Hanno imparato ad usarli prima che a parlare, è la vera generazione digitale. Alcuni studi hanno evidenziato che dominati dalla realtà virtuale, si trovano, ancora imberbi, ad avere problemi di ansia. La tecnologia ha la sua parte di responsabilità, ma, in realtà, ha esacerbato un problema che dipende da altre cause. Finora si è molto parlato di loro, ma non sono stati oggetto di studi. Si inizia a farlo perché manifestano apatia duratura, disturbi anoressici, autolesionismo, dipendenze varie, panico. La cronaca ha testimoniato questo stato confusionale, come ha confermato la morte, a Piacenza, della 13enne spinta giù dal balcone dal fidanzatino quindicenne, il 25 ottobre, che l’ha, addirittura, colpita sulle mani che cercavano di aggrapparsi alla ringhiera, nel disperato e vano tentativo di non cadere.

L’Istituto Toniolo, l’ente fondatore dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, grazie all’Osservatorio Giovani, ha condotto una ricerca dal titolo: “Uno sguardo sul futuro: preadolescenti in crescita”. E’ emerso che sono ragazzi, per certi versi, maturi, consapevoli dell’importanza degli studi, non si fanno dominare dalle loro passioni, ma hanno un chiodo fisso: il lavoro Il timore di non essere adeguati e approvati dal gruppo li spinge nel vortice dell’ansia. E’ un percorso duro, già a quell’età.

Superati i 10-11 anni si entra in un nuovo sentiero, in cui il gruppo è fondamentale, ma non c’è, è tutto sparpagliato tra gli smartphone.

In realtà si è verificata una mutazione antropologica. Questi ragazzi, essendo completamente immersi nel digitale, hanno rimpiazzato il reale col virtuale. Superati i 10-11 anni si entra in un nuovo sentiero, in cui il gruppo è fondamentale, ma non c’è, è tutto sparpagliato tra gli smartphone, con tanti “io” estensione del sé. Si avverte la mancanza del “noi”. I genitori sono adulti, ma continuano a giocare agli adolescenti, innescando un meccanismo in cui la loro “crisi d’identità” si lega a quella degli adolescenti. La famiglia non è solo una sommatoria di individualità. Essendo un gruppo, si stabiliscono delle dinamiche che vanno oltre i singoli componenti.

L’avvento del web ha prodotto un cambio epocale: fino a quel momento le società erano basate sulla verticalità, ora si resta fermi nel proprio gruppo. Come hanno evidenziato gli autori, è palese l’assenza di figure autorevoli tra gli adulti e si è innescato un ambiguo processo di adultizzazione dell’infanzia e un’infantilizzazione dell’adolescenza. Questi poveri ragazzi stanno crescendo in un vuoto, che una volta era riempito dal senso di comunità e di appartenenza. I genitori 40-50enni la smettessero, una buona volta, di imitare i loro figli, facendo la parodia degli atteggiamenti giovanilistici e facessero gli adulti. Soprattutto parlare, comunicare, interessarsi dei loro figli, che, a volte sono degli sconosciuti. E’ così difficile da attuare?

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