Gaza: la civiltà batte un colpo

Colombia e Sudafrica hanno convocato una conferenza d’emergenza a Bogotá, riunendo rappresentanti di 30 Stati per discutere azioni concrete volte a porre fine all’occupazione israeliana dei territori palestinesi. Altri 25 paesi si sono ora uniti alla richiesta e due militari israeliani sono stati arrestati in Belgio con l’accusa di crimini contro l’umanità.

La prima iniziativa è stata promossa dal “Gruppo dell’Aia”, una coalizione nata il 31 gennaio 2025 per coordinare azioni diplomatiche ed economiche nei confronti del governo di Israele e composta originariamente da otto paesi del Sud globale (tra cui Colombia, Sudafrica, Bolivia, Cuba, Honduras, Malesia, Namibia e Senegal). Alla luce del disastro umanitario perpetrato ai danni dei Gazawi, la conferenza ha esteso la partecipazione a 30 Stati, inclusi Cina, Spagna, Qatar, Irlanda, Brasile, Indonesia, Oman, Libia e Portogallo. Il 21 luglio 2025, i ministri degli esteri di 25 paesi tra cui: Italia, Francia, Regno Unito, Canada, Australia e Giappone hanno pubblicato una dichiarazione congiunta in cui chiedono un “cessate il fuoco immediato” a Gaza. Sempre il 21 luglio, la polizia federale belga ha invece arrestato e interrogato due cittadini israeliani, identificati come militari, con l’accusa di aver commesso crimini di guerra a Gaza.

I profughi di Gaza

Le dichiarazioni chiave

All’origine di questa prima vera e propria iniziativa multilaterale sul “dossier” Gaza vi sono le dichiarazioni della relatrice ONU Francesca Albanese che, nelle scorse settimane, ha definito l’offensiva israeliana un “genocidio” e ha esortato gli Stati partecipanti a sospendere immediatamente ogni legame istituzionale, commerciale o militare con Israele, coinvolgendo anche il settore privato. Albanese ha ricevuto aspre critiche nonché vere e proprie sanzioni da parte degli Stati Uniti, sanzioni che la diplomatica afferma rappresentino un tentativo di intimidazione verso chi difende il diritto internazionale.

Il documento finale di Bogotà

Il documento finale è stato sottoscritto dai rappresentanti di stato di: Bolivia, Cuba, Colombia, Indonesia, Iraq, Libia, Malesia, Namibia, Nicaragua, Oman, San Vicente e Grenadine e Sudafrica ed è stata letta dal vice ministro degli Esteri della Colombia, Mauricio Jaramillo. Nonostante i paesi firmatari siano marginali nello scacchiere geopolitico internazionale, il documento sottoscritto rappresenta il primo flebile segnale da parte della comunità internazionale, un segnale di resistenza nei confronti delle atrocità in atto a Gaza.

Nel finale della conferenza di Bogotà i dodici Paesi prima citati hanno dunque formalmente sottoscritto un documento comune impegnandosi a:

Vietare trasferimenti o forniture di armi, carburante militare ed equipaggiamenti a Israele.

Bloccare lo scalo nei propri porti di navi sospette di carichi militari.

Revisionare e sospendere eventuali appalti pubblici legati a aziende coinvolte nell’occupazione.

Fame, sete e mancanza di medicine opprimono una popolazione stremata

I 12 Paesi si sono impegnati inoltre a “rispettare i nostri obblighi di garantire la responsabilità per i crimini più gravi di diritto internazionale e a “sostenere i mandati di giurisdizione universale, secondo quanto previsto nei nostri quadri costituzionali e sistemi giudiziari, per garantire giustizia a tutte le vittime e prevenire futuri crimini nel Territorio Palestinese Occupato”.

Questi impegni sono parte di un piano in sei punti che include, tra l’altro, il sostegno a giurisdizioni universali e l’applicazione dei mandati di arresto del Tribunale Penale Internazionale contro il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu.

25 Paesi contro la guerra a Gaza: “Cessate il fuoco subito”.

A distanza di sei giorni dalla conferenza di Bogotà una mossa senza precedenti. 25 Paesi tra cui Italia, Francia, Regno Unito, Canada e Giappone, hanno firmato una lettera congiunta in cui chiedono la fine immediata delle operazioni militari israeliane a Gaza. Il documento denuncia la gestione “inumana” della distribuzione degli aiuti da parte di Israele e parla di centinaia di civili uccisi mentre tentavano di ricevere cibo e assistenza. I firmatari invocano un accesso umanitario pieno e sicuro, il rispetto del diritto internazionale e il rilascio degli ostaggi ancora nelle mani di Hamas. Tel Aviv ha respinto le accuse definendo la lettera “ipocrita e scollegata dalla realtà”.

I bambini stanno pagando il prezzo più alto

Due militari israeliani arrestati in Belgio: sospetti crimini di guerra

La giustizia belga intanto sta perseguendo un’indagine inedita all’interno nell’Unione Europea: due soldati israeliani sono stati arrestati e interrogati mentre si trovavano al festival di musica elettronica Tomorrowland, accusati di coinvolgimento in crimini di guerra a Gaza. La denuncia, presentata da ONG internazionali, ha permesso l’intervento sulla base della giurisdizione universale. I due sono stati rilasciati dopo poche ore, ma l’inchiesta rimane aperta. È la prima volta che un paese europeo agisce concretamente contro presunti responsabili militari israeliani per le operazioni nella Striscia.

Alla luce degli avvenimenti accaduti negli ultimi giorni, sembra che un numero sempre più elevato di governi sovrani si stia schierando contro le barbarie perpetrate quotidianamente dall’esecutivo israeliano contro la popolazione gazawa. Tutto ciò rappresenta sicuramente una fondamentale, per quanto tardiva, presa di posizione da parte di numerosi Paesi centrali nella geopolitica contemporanea. La fine dell’orrore a Gaza pare ancora molto più illusione che realtà, nessuna reale sanzione è stata ancora messa in campo contro il governo israeliano e Netanyahu continua ad essere ostaggio della frangia ultra ortodossa del proprio esecutivo. Nonostante questo sembra esservi una sempre più pressante volontà da parte degli osservatori internazionali di porsi dalla parte giusta della storia.

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