“Fumata bianca” per l’ex Ilva, accordo dopo 14 ore di trattativa: Cigs per 4.050 lavoratori

Al ministero del Lavoro trovata l’intesa sulla cassa integrazione tra sindacati e Acciaierie d’Italia in amministrazione straordinaria.

Roma – Dopo oltre 14 ore continuative di trattativa, nella notte al ministero del Lavoro è stato siglato l’accordo sulla cassa integrazione straordinaria di Acciaierie d’Italia in Amministrazione Straordinaria (ex Ilva). La Cigs interesserà 4.050 lavoratori: 3500 dello stabilimento di Taranto e 450 di altri siti. A darne notizia è la Fim Cisl. L’accordo sottoscritto prevede novità e agevolazioni per i lavoratori coinvolti.

Nell’accordo “prevediamo che, con il percorso di ripartenza, siano garantiti tutta l’occupazione e la continuità salariale con un’integrazione dignitosa per le persone che per vivere devono lavorare”, dichiara in una nota Loris Scarpa, coordinatore nazionale siderurgia per la Fiom-Cgil sottolineando che: “nell’accordo c’è un piano di ripartenza che i commissari straordinari dovranno mettere in pratica, e c’è la tutela occupazionale perché non sono previsti esuberi e soprattutto alla fine di questo percorso ci sarà la possibilità per tutti di rientrare al lavoro”.

Una delle manifestazioni degli operai

Rispetto all’avvio della procedura avvenuta un mese fa, adesso in cassa andranno 1.150 dipendenti in meno: 4.050, di cui 3.500 nel sito siderurgico pugliese, il più grande di Acciaierie, e 450 negli altri stabilimenti tra cui Genova, Novi Ligure e Racconigi. Il calo è stato progressivo: si è progressivamente passati, nella riduzione dei numeri della cigs, da 5.200 a 4.700, quindi ieri prima a 4.200, poi in serata a 4.100, per chiudere, infine, dopo 14 ore di discussione a 4.050 lavoratori totali. “Il trattamento di integrazione salariale – si legge nell’intesa – verrà richiesto dalla data della declaratoria di insolvenza per 12 mesi. AdI dichiara che alla conclusione di tale periodo, potrà fare ricorso ad un ulteriore periodo di ammortizzatore sociale per altri 12 mesi al fine di portare a compimento il programma di ripartenza”.

“Allo stato, nello stabilimento di Taranto, alla fermata dell’altoforno 5, si è aggiunta – prosegue il testo dell’intesa – la temporanea cessazione dell’attività degli altiforni 1 e 2. Allo stato, quindi, è in marcia il solo altoforno 4. Ciò ha comportato e comporterà la sensibile riduzione di produzione della ghisa, non compensabile con la marcia dell’altoforno 4, comunque anch’esso soggetto a fermate per le necessarie manutenzioni, e neanche con la programmata ripartenza dell’altoforno 1. Tale situazione si ripercuoterà in maniera determinante anche sui reparti a valle del ciclo integrale ad esso connessi, con inevitabile riduzione del fabbisogno di risorse umane nell’unità di Taranto”. 

Lo stabilimento di Taranto

Nell’accordo al ministero del Lavoro, i sindacati hanno anche ribadito “la piena vigenza dell’accordo del 6.9.2018 a tutela dell’occupazione di tutti lavoratori attualmente alle dipendenze di Ilva in amministrazione straordinaria”. È la società proprietaria degli impianti (dati in fitto ad Acciaierie) che ha in carico circa 1.700 lavoratori in cassa straordinaria, che in questi anni non sono stati riassorbiti né da ArcelorMittal, né da Acciaierie d’Italia. L’amministrazione straordinaria ha però inserito nell’accordo al ministero del Lavoro “che gli effetti applicativi di tale accordo ricadono su entrambe le amministrazioni straordinarie. In ogni caso, l’azienda riconosce la vigenza dell’accordo stesso”.

La fumata bianca è stata bel accolta dalle sigle sindacali, come sottolineato da Valerio D’Alò, segretario nazionale Fim Cisl: “Sono tanti gli aspetti positivi, siamo riusciti ad abbattere i numeri a 4.050 rispetto ai 5.200 chiesti dall’azienda. Alla fine del piano, a giugno 2026, tutti i lavoratori sospesi in cassa integrazione rientreranno al lavoro. Buone notizie per i lavoratori e le loro famiglie. L’accordo prevede importanti novità e agevolazioni ai lavoratori coinvolti dalla cassa straordinaria: riconoscimento di integrazione salariale pari al 70% della retribuzione, oltre ai relativi ratei di tredicesima e premio di produzione”.

“Previsto un welfare aziendale – conclude – fino al 3% dello stipendio lordo proporzionale al raggiungimento dei 3 milioni di tonnellate della produzione. Saranno inoltre riconosciute delle “integrazioni retributive” con retroattività a marzo 2024 e l’una tantum come premio ripristina vecchie condizioni di premialità che avevamo nella precedente società e il ripristino delle turnazioni contrattuali che nella precedente gestione erano state cancellate”.

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