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Fuga di cervelli verso il Nord: si apre una nuova questione meridionale

La migrazione dei talenti negli ultimi 20 anni ha portato a una perdita di 300 mila laureati: un depauperamento sociale che porta all’inverno demografico.

Roma – La nuova depredazione del Meridione d’Italia! Il divario Nord/Sud è stato sempre un tratto peculiare della struttura socio-economica dell’Italia post unitaria. Negli ultimi tempi si sta accentuando con la fuga di tanti giovani verso le Università del Nord e con le famiglie che fanno il diavolo a quattro per far quadrare i conti. Una vera e propria emigrazione di “cervelli”, una sorta di nuova depredazione. La meglio gioventù della borghesia meridionale, anche quest’anno, è traslocata verso le università del Nord, sperando, poi, in un lavoro sicuro e qualificato. Secondo il centro studi “Svimez” –Associazione per lo Sviluppo dell’Industria nel Mezzogiorno, un ente privato, senza fini di lucro, per la promozione dello studio e delle condizioni economiche del Sud d’Italia- si tratta di “Una nuova questione meridionale.

La migrazione dei talenti e delle competenze negli ultimi vent’anni ha portato a una perdita di 300 mila laureati al Sud e il saldo dell’ultimo anno disponibile, il 2021, è di -21 mila, con una quota in crescita. Gli emigrati laureati aumentano anche quando cresce l’occupazione, perché sono posti a basso valore aggiunto, nel turismo e nel commercio. Per le immatricolazioni agli atenei del Centro-nord, invece, si parla di un quarto di iscritti che vengono dal Sud”. Dai dati a disposizione emerge che ogni laureato costa 150 mila euro di spesa pubblica, pari a circa 3 miliardi complessivi di euro che prendono il volo per il seducente settentrione. A questa va aggiunta la spesa a carico delle famiglie che si aggirerebbe sui 2,47 miliardi, per oltre 82 mila persone che emigrano. Per non parlare dell’idea di comprare casa: beh, qui siamo nella zona dei desideri che quasi mai si realizzano!

L’emigrazione degli anni ’60 era composta in gran parte da contadini e sottoproletari, che, come in una sorta di processione, si recavano al… santuario industriale del triangolo del Nord per ottenere l’agognato miracolo lavorativo. In questo caso si riusciva, tuttavia, con le rimesse ad alimentare il Meridione. Oggi questa meccanismo si è spezzato, mentre sembra trionfare il “trickle-down economics” (cascata, ricaduta). Ovvero i benefici economici elargiti per i ceti abbienti, ricadono a cascata sui gruppi sociali marginali. Nel caso in oggetto, tuttavia, sono le famiglie benestanti del Sud che fanno crescere il reddito di chi gode, già, di rendite di posizione al Nord. Il processo, una vota avviatosi, sembra coinvolgere le famiglie stesse. Nel senso che se il ragazzo riesce a trovare lavoro dopo gli studi, la famiglia originaria progetta di emigrare anch’essa, più che altro per fare i nonni e con un sistema sanitario più efficiente.

Giovani in fuga dall’Italia e ancora di più dal sud

Lo scenario che si prospetta è ancora più inquietante se, al depauperamento patrimoniale, sociale e culturale innescatosi col meccanismo in atto, si associa quello che gli studiosi definiscono “inverno demografico”. Secondo l’Istat nel 2061, bicentenario dell’Unità d’Italia, nel Mezzogiorno ci sarà il quasi il 31% di ultrasettantenni, mentre si assisterà ad un crollo vertiginoso del numero di giovani su tutto il territorio nazionale. Nell’ultimo ventennio i giovani tra i 18 e i 34 anni sono calati di 3 milioni dai 10,2 che erano. Ma se guardiamo solo al Sud, la percentuale arriva all’ 8% superiore al Centronord e si tratta di una previsione ottimistica, in quanto buona parte degli studenti meridionali, prima di cambiare la residenza, aspettano di aver trovato lavoro. Mentre altri fanno la triennale al Sud e la magistrale al Centronord. Nelle città meridionali, durante la stagione accademica, è difficile vedere in giro uno studente, nemmeno col lanternino.

Il fenomeno della mobilità universitaria, secondo i dati, colpisce, seppure non di molto, più maschi che le donne. Nella classifica degli atenei ambiti, compresi tra i 20 e i 40 mila iscritti, stilata dal Censis (Istituto di ricerche socio-economiche con sede a Roma), l’unica a meritare il podio è l’Università della Calabria di Cosenza. Resta, infatti uno dei pochissimi centri di attrazione accademica nel Meridione, soprattutto nell’ambito dell’Intelligenza Artificiale (IA). Ma come si dice “Una rondine non fa primavera”.

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