Erano coinvolti anche Maria Elena Boschi e Luca Lotti. Il leader di Italia Viva: “Trattato per cinque anni come un appestato. Molti dovrebbero scusarsi”.
Firenze – Il gup di Firenze, Sara Farini, ha disposto il proscioglimento di Matteo Renzi e di tutti gli altri 10 indagati nell’ambito dell’inchiesta sulla fondazione Open. Tra i prosciolti figurano anche Maria Elena Boschi, l’ex ministro Luca Lotti, l’imprenditore Marco Carrai e l’avvocato Alberto Bianchi. La fondazione Open era nata per sostenere le iniziative politiche di Renzi durante la sua segreteria nel Partito Democratico.
Renzi, attraverso un post su X, ha commentato così la decisione: “Ho quasi cinquant’anni. Negli ultimi cinque sono stato trattato come un “appestato” per l’incredibile inchiesta Open. Uno scandalo per chi aveva letto le carte, ma nonostante questo sono stato politicamente massacrato, in particolare da Fratelli d’Italia e dal Movimento 5 Stelle. Dopo anni di sofferenze arriva la notizia: prosciolto. Prosciolti io e tutti i miei amici, sia politici come Maria Elena e Luca, sia professionisti come Marco, Riccardo e Alberto. Oggi molti dovrebbero scusarsi, a partire da Meloni e Travaglio, ma non lo faranno. Pace”.
L’inchiesta contestava a Renzi, Boschi e Carrai il reato di finanziamento illecito ai partiti. Altre ipotesi di reato avanzate dalla procura includevano traffico di influenze, corruzione, autoriciclaggio ed emissione di fatture false.
Secondo l’accusa, la fondazione Open – presieduta da Bianchi e con un cda composto, tra gli altri, da Boschi, Lotti e Carrai – avrebbe agito come una struttura operativa legata al partito, in particolare alla corrente renziana del Pd. La procura sosteneva che circa 3,5 milioni di euro fossero stati trasferiti alla fondazione tra il 2014 e il 2018 in violazione delle norme sul finanziamento politico. Renzi ha sempre respinto le accuse, arrivando anche a denunciare i magistrati che conducevano l’inchiesta.
L’udienza preliminare, avviata il 3 aprile 2022, si è conclusa dopo oltre due anni e ha coinvolto anche un ricorso alla Consulta per un conflitto di poteri. Alla seduta finale ha partecipato il procuratore aggiunto Luca Turco, che ha seguito l’inchiesta insieme al pm Aldo Nastasi e si appresta ad andare in pensione il 24 dicembre.