Fino a 7 anni per chi occupa abusivamente le case, nuovo reato nel pacchetto sicurezza

La norma velocizza lo sgombero degli immobili. Fanno discutere anche le misure anti-borseggiatrici e quelle contro gli ecoattivisti.

Roma – Stretta del governo su chi occupa abusivamente gli immobili. Si rischia fino a 7 anni di carcere. L’Aula della Camera ha approvato l’articolo 10 del disegno di legge sicurezza nel testo proposto dal governo che introduce nell’ordinamento il nuovo reato di “occupazione arbitraria di un immobile destinato a domicilio altrui”. Viene introdotto nel codice penale l’articolo 634-bis: carcere da due a sette anni per chi commette il reato. Il nuovo articolo recita: “Chiunque, mediante violenza o minaccia, occupa o detiene senza titolo un immobile destinato a domicilio altrui o sue pertinenze, ovvero impedisce il rientro nel medesimo immobile del proprietario o di colui che lo detiene legittimamente” è punito con la reclusione da due a sette anni.

Una norma, già ribattezzata anti-Salis per la vicenda che chiama in causa l‘eurodeputata di Avs a Milano, che di fatto estende il reato alle associazioni che impediscono il rientro dei legittimi proprietari nelle case. Stessa pena per chiunque si appropria di un immobile altrui o di sue pertinenze con artifizi o raggiri ovvero cede ad altri l’immobile occupato”. Si procede d’ufficio “se il fatto è commesso nei confronti di persona incapace, per età o per infermità”. La nuova legge recepisce le richieste di associazioni e proprietari che chiedevano maggiori tutele. Con l’articolo 10 della nuova legge introduce anche l’articolo 321-bis del Codice Penale, ovvero la “reintegrazione nel possesso dell’immobile”.

Su richiesta del pubblico ministero il giudice competente dispone la reintegrazione nel possesso dell’immobile: nei casi in cui l’immobile occupato sia l’unica abitazione effettiva del denunciante, gli ufficiali di polizia giudiziaria che ricevono denuncia possono ordinare all’occupante l’immediato rilascio dell’immobile e – in caso di diniego – gli ufficiali di polizia giudiziaria possono irrompere all’interno dell’abitazione riconsegnando le chiavi al legittimo proprietario. “La reintegrazione nel possesso perde efficacia se il giudice non emette l’ordinanza di convalida entro dieci giorni” si legge nel disegno di legge approvato in prima lettura dalla Camera.

Fino ad oggi la legge prevedeva almeno tre diverse fattispecie di reato per procedere contro l’occupante: l’invasione di terreni o edifici, la turbativa violenta del possesso di cose immobili, la violazione di domicilio. Alle quali è da aggiungere, in presenza degli specifici presupposti, anche il reato di invasione di terreni o edifici con pericolo per la salute pubblica o l’incolumità pubblica. Ma la prassi da seguire era tutt’altro che rapida e spesso le occupazioni si potevano protrarre a lungo a discapito dei proprietari.

Per Federcasa, in Italia oggi ci sono circa 30mila alloggi di proprietà pubblica occupati cui si sommano altre 20mila case di proprietà di enti o soggetti privati che sono state occupate abusivamente per un totale di 50mila immobili presi con la forza. Fra i Comuni spicca Palermo, con circa 3mila occupazioni, e Reggio Calabria con 110 case occupate tutte da famiglie di origine rom. A Torino, i dati 2023 riportano 214 immobili, numero analogo a quello di Genova che sta a 200 case prese con la forza. A Bologna l’ultima occupazione è di meno di un mese fa: i collettivi di sinistra sono entrati in alcune palazzine occupando 34 appartamenti da circa 100 metri quadri ciascuno.

L’inasprimento delle pene per chi occupa a abusivamente rientra tra i punti clou del ddl sicurezza, un pacchetto di norme che prevede tredici nuove fattispecie di reato e aggravanti. Già approvati alcuni articoli destinati a far discutere, come appunto quello sulle occupazioni abusive di case, ma anche l’aggravante per tutti i reati commessi nelle stazioni ferroviarie e nelle metropolitane. La norma anti-borseggiatrici viene bollata dalle opposizioni come “ideologica e priva di coerenza”. Viene aumentata la pena se un reato comune si svolge “all’interno o nelle immediate adiacenze delle stazioni ferroviarie e delle metropolitane o all’interno dei convogli adibiti al trasporto di passeggeri”.

Controllo nelle stazioni e la norma anti-borseggiatrici

Ma per le minoranze c’è diversità di trattamento: perché un reato anche grave, come ad esempio uno stupro, deve essere trattato in modo diverso se commesso alla fermata di un autobus anziché in una stazione ferroviaria? L’iniziativa del governo sembra rispondere ai tanti video virali sui social in cui vengono riprese le borseggiatrici nelle stazioni delle metropolitane di grandi città come Roma o Milano. E ancora, c’è la cosiddetta norma soprannominata “anti-Gandhi” rivolta agli ecoattivisti, che prevede addirittura il carcere se due o più persone manifestano il loro dissenso bloccando il traffico oppure intralciano la circolazione sui binari di una ferrovia. Quello che fino a oggi rappresenta un illecito amministrativo diventa dunque reato penale con pene fino a due anni. “Con questa norma – aveva commentato il segretario di +Europa, Riccardo Magi – Gandhi e Pannella sarebbero sbattuti in carcere e trattati alla stregua di violenti criminali”.

E ancora, polemiche sulla stretta alla cannabis del ddl sicurezza in discussione alla Camera. In una nuova nota il Dipartimento politiche antidroga della Presidenza del consiglio precisa che l’emendamento al disegno di legge non intende colpire l’intera filiera della canapa industriale, ma solo la produzione e vendita di infiorescenze e derivati per uso ricreativo. Un comparto quello della cannabis che, secondo le stime di Confagricoltura, vale circa 500 milioni di euro di fatturato su base annua, e comprende settori come il tessile, l’edilizia, la cosmesi, il florovivaismo e gli integratori alimentari. La polemica ruota sull’interpretazione della legge 242 del 2016 sulla promozione della filiera agroindustriale della canapa.

Polemica sulla stretta alla cannabis

Secondo il governo, questa norma non contempla tra i prodotti ammessi le infiorescenze della Cannabis Sativa L. e i loro derivati, che resterebbero quindi soggetti alla disciplina sugli stupefacenti (il decreto presidenziale Dpr 309/90). “L’emendamento non vieta o limita quanto previsto dalle disposizioni per la promozione della coltivazione e della filiera agroindustriale della canapa”, si legge nella nota, “non criminalizza o altera il relativo mercato né le attività di chi ha investito nel settore”. L’obiettivo è quello di contrastare “l’illecita produzione e commercializzazione per uso ricreativo di infiorescenze e derivati nei cosiddetti ‘cannabis shop'”

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