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Finita la pandemia, in UE mancano centinaia di farmaci: il Pgeu lancia l’allarme

Il rapporto dei farmacisti: problemi nei rifornimenti di antibiotici e medicinali cardiovascolari e respiratori. Ma Farmindustria smorza i toni: “In Italia nessuna carenza”.

Roma – Dagli antibiotici ai farmaci cardiovascolari e respiratori, sono molti i medicinali che scarseggiano nei Paesi dell’Unione Europea. E la situazione rispetto agli anni scorsi sta peggiorando. A lanciare l’allarme è il Pgeu, il gruppo farmacisti d’Europa, che ha pubblicato un dettagliato rapporto sulla situazione forniture farmaceutiche nel vecchio continente rilevando un aumento delle carenze in ben il 65% dei Paesi UE. Solo nei Paesi Bassi lo scorso anno si sono registrate 2.292 carenze che hanno interessato circa 5 milioni di persone. Anche altri paesi come Svezia, Portogallo e Spagna hanno registrato un aumento significativo. Una condizione che mina l’intero sistema e getta ombre sulla fiducia che il pubblico ha nei propri farmacisti.

Nel dettaglio, il rapporto 2023 del Pgeu parla di gravi problematiche nel 15% del Paesi dell’Ue, con 500-600 farmaci mancanti. Nel 27% dei casi, invece, la quota supera i 600 prodotti. Una situazione di penuria che alla lunga mina il sistema sanitario, contribuisce a deteriorare il rapporto di fiducia tra pazienti e farmacisti e, soprattutto, può potenzialmente creare gravissimi problemi per i soggetti a rischio, che possono non riuscire a curarsi come dovrebbero. “Nonostante i farmacisti continuino ad impegnarsi per trovare soluzioni, le carenze lasciano ancora molti pazienti senza il trattamento prescritto. Questa situazione provoca frustrazione e disagio per i pazienti ed mina la loro fiducia nei farmacisti e nel sistema sanitario. Causano inoltre stress al personale delle farmacie e impongono un onere amministrativo aggiuntivo al lavoro quotidiano delle farmacie”, spiega infatti il presidente della PGEU Aris Prins.

Secondo il rapporto del Pgeu sull’approvvigionamento dei farmaci si registrano gravi problematiche nel 15% del Paesi dell’Ue

Nel 2023, si legge nel comunicato diffuso dal Pgeu, ogni farmacia dell’UE ha dedicato in media quasi 10 ore settimanali a far fronte alla carenza di medicinali. Questa volta è triplicata negli ultimi 10 anni; tempo prezioso che potrebbe essere dedicato ad altri compiti utili come fornire consigli ai pazienti sull’uso sicuro ed efficace dei medicinali. Le farmacie faticano ancora di più a fornire ai pazienti soluzioni alle carenze data l’attuale carenza di personale sanitario.

Esistono inoltre forti differenze tra i paesi per quanto riguarda le opzioni che i farmacisti possono esplorare per trovare alternative – ad esempio la sostituzione o la combinazione – nel caso in cui il medicinale prescritto non sia disponibile. Ai farmacisti, sostiene il Pgeu, dovrebbe essere concessa una maggiore flessibilità e la possibilità di sfruttare le proprie competenze, conoscenze ed esperienze per assistere in modo efficiente i pazienti.

“ La riforma della legislazione farmaceutica dell’UE rappresenta un’opportunità unica per costruire una catena di approvvigionamento più resiliente e migliorare la prevenzione, il monitoraggio e la gestione delle carenze. Tuttavia, abbiamo bisogno di misure più immediate per affrontare questo problema cronico e invertire la tendenza negativa che i farmacisti denunciano da oltre un decennio. Chiediamo una notifica tempestiva delle carenze, un’informazione più tempestiva ai farmacisti e una ridistribuzione più equa dei medicinali tra i paesi”, ha aggiunto Prins.

In Italia sono circa 300 i farmaci presenti in scorte ridotte

E l’Italia? In questo quadro non fa eccezione: da noi sono circa 300 i farmaci presenti in scorte ridotte. Di questi, 30 sono quelli la cui mancanza rappresenta una grave criticità. L’attenzione è rivolta ad esempio ad antibiotici, alcuni antitumorali, antidiabetici e farmaci che agiscono sul sistema nervoso centrale. L’Aifa propone un elenco aggiornato settimanalmente e la carenza appare ormai regolarizzata, non più dipendente in maniera diretta dalla pandemia di Covid-19, quando si è verificato un boom di richieste. Dati che fanno pensare, se si considera che il mercato farmaceutico negli ultimi dieci anni è cresciuto di circa un terzo negli ultimi 10 anni. Al tempo stesso, però, il meccanismo di rifornimento non funziona in modo ottimale. L’Oms evidenzia come da settembre 2021 “il numero di molecole segnalate in carenza in due o più Paesi è aumentato del 101%. Ciò rappresenta una forza trainante per i farmaci contraffatti o di qualità inferiore agli standard. Esiste il rischio che molte persone cerchino di procurarsi i farmaci con mezzi non ufficiali come internet”.

I toni allarmistici sono però smorzati da Marcello Cattani, presidente di Farmindustria.  «Non siamo in una situazione di allarme» ha rassicurato «ci sono situazioni puntiformi che possono riguardare singoli prodotti, ma non c’è un problema di carenze di farmaci in Italia». Anche se, ha ricordato Cattani, c’è un problema di sostenibilità a livello industriale: il Paese ha i prezzi tra i più bassi in Europa ed è quindi esposto al rischio che «i medicinali vadano in Paesi che pagano di più o che qualcuno venga a comprare farmaci in Italia perché costano meno». Pesa anche la dipendenza dall’estero: «Il 97% della produzione nazionale di principi attivi viene esportato e gli stabilimenti italiani lavorano con materie prime che arrivano da altri Paesi. Stiamo lavorando con il Mimit e il ministero della Salute per creare una piattaforma che dia slancio a nuovi investimenti e all’attrattività nella produzione industriale e farmaceutica».

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