La denatalità è una delle maggiori criticità dell’opulento occidente, che si sta avviando verso un modello di società con un più elevato numero di vecchi rispetto ai giovani, con gravi ripercussioni sulla struttura sociale, composta più da pensionati che da lavoratori.
Roma – Mettere al mondo un figlio comporta notevoli spese. Ad esempio, i costi della gravidanza, del parto e dell’accudimento. Quest’ultimo dipende dall’età, dall’area geografica in cui si abita e dal reddito familiare. Esistono, però, altri tipi di costi, che non sono economici in senso stretto ma incidono sul quadro familiare. Si tratta di opportunità di successo professionale, che rischiano di volatizzarsi soprattutto per le madri. Le donne disoccupate e con figli, una volta perso il lavoro, corrono il rischio di non ritrovarlo. E Coloro che hanno la… fortuna di averne uno, spesso, scelgono il part-time, per conciliarlo con la vita privata.
In questo modo, però, percepiscono meno reddito e le opportunità di carriera vanno a farsi friggere. In conclusione, si rischia di guadagnare non solo meno degli uomini, ma anche delle donne senza figli. I costi della gravidanza dipendono da tanti fattori: difficoltà di concepimento, scelta di strutture pubbliche o private, esami previsti, se si ha o meno un’assicurazione sanitaria.
Nel pubblico, alcuni test sono gratuiti. Ma poiché li liste di attesa sono lunghe come un’autostrada, si propende per la sanità privata, in cui sono a pagamento. Sull’accudimento del nascituro, invece, ci sono alcune ricerche che ne hanno stimato i costi. Ad esempio, la Banca d’Italia, nella relazione annuale, ha effettuato lo studio su dati Istat relativi alle spese dei consumatori italiani.
Ebbene, considerando il periodo 2017-2020. le famiglie con uno o più minori hanno speso, in media, 645 euro al mese, pari a circa un quarto della spesa media di una famiglia italiana. Il costo, inoltre, dipende anche dall’area geografica. Al Nord è più alto, mentre al Sud e nelle isole è più basso.
Queste stime, tuttavia, vanno prese col beneficio di inventaro, soprattutto perché sono delle “medie statistiche“. Ad esempio, esistono famiglie che versano centinaia di euro al mense per l’asilo e altre che non si avvalgono di questo servizio.
In Italia, ci sono pochi asilo nido rispetto ai bisogni. Soprattutto, emerge la carenza di posti per bambini sotto i tre anni, la cui percentuale è di 27,2 posti ogni 100 bambini. Questo dato è inferiore al 33%, percentuale stabilita dal consiglio europeo nel 2002 e da raggiungere nel 2010. Campa cavallo!
Questo risultato è il frutto dell’enormi contraddizioni Nord/Sud del Paese. Il Nord-est e il Centro superano l’auspicata soglia, mentre i Sud è abbandontemente al di sotto. Inoltre, assumono un aspetto rilevante, le modalità con cui viene affrontato il tema, la spesa che i comuni investono e la diffusione di reti sociali.
La differenza salariale risulta così marcata che, a distanza di quindici anni dalla maternità, a parità di età, competenze e reddito da lavoro iniziale, la retribuzione è la metà di quella delle donne senza figli. Avere un figlio, sembra un delitto da scontare in qualsiasi modo. Le penalità che le madri si trovano a subire, non esistono per i padri.
Molti sostengono che queste differenze possano essere il frutto anche di tendenze culturali dure da scalfire. Oltre al fatto che, storicamente, le donne sono entrate nel mercato del lavoro più tardi rispetto agli uomini, è ancora ben radicata l’idea che le mamme desiderano passare più tempo con i figli, dedicando meno tempo al lavoro.
Stereotipi e consuetudini sociali stabiliscono che le mamme sono le principali o sole responsabili della cura dei figli. Le difficoltà di conciliare lavoro e famiglia sono acuite anche dal comportamento, in generale, delle aziende, che negano alle mamme le stesse condizioni di carriera dei padri.Una donna che evita di fare i figli, perché economicamnte e socialmente hanno un costo elevato, è una scelta indegna per uno Stato civile e democratico.