Una ricerca della Fda dimostra che, se conservati in modo corretto, non perdono affatto la loro validità: dunque perché gettarli?
In Europa ogni cittadino spende in media 359 euro l’anno per i farmaci. Una cifra alta, ma mai quanto quella che si spende in Italia si spende ancora di più: 555 euro. Soldi in parte sprecati perché in media una pasticca su 10 viene gettata in quanto ha oltrepassato la data di scadenza. A conti fatti questo spreco equivale a 2 miliardi l’anno, che però potrebbero essere risparmiati.
Uno studio condotto negli Stati Uniti dalla Food and Drug Administration (Fda) su 3000 lotti di farmaci ha dimostrato come ben il 95% dei medicinali funzioni perfettamente anche un anno dopo la scadenza. Per circa il 25% dei medicinali, l’efficacia vale anche a 4 anni dalla data indicata sulle confezioni.
Naturalmente, ciò dipende in gran parte dal fatto che i farmaci in questione siano stati perfettamente conservati seguendo le consuete direttive fornite dalla Società Italiana di Farmacologia: scegliere un luogo fresco e asciutto; garantire una temperatura inferiore ai 25 gradi; tenere i farmaci lontani da fonti di calore, umidità e raggi solari; infine conservare le confezioni originali, segnando la data d’apertura in caso di medicinali multi-dose.
Le date di scadenza sono da osservare scrupolosamente solo per alcuni farmaci specifici, che non possono essere utilizzati dopo la data di scadenza indicata. Si tratta dei medicinali anticonvulsivi e anticoagulanti, degli ormoni tiroidei, dei contraccettivi e della teofillina, che si usa contro le malattie respiratorie. Sarebbe da evitare la somministrazione oltre la data di scadenza anche per i farmaci a formulazione liquida come gli sciroppi, i colliri e le fiale in quanto, rispetto alle preparazioni solide, sono più sensibili alle variazioni di temperatura.
In ogni caso occorre avere chiaro il concetto che la data di scadenza non stabilisce la dannosità di un prodotto, bensì la sua “stabilità garantita”, ossia la capacità del principio attivo di mantenere le sue proprietà terapeutiche. In altre parole, se si assume un farmaco scaduto non ci si ammala, né tantomeno si muore: al massimo il farmaco avrà un’efficacia minore o nulla.
Lo studio della Fda su questo punto parla chiarissimo: l’88% dei lotti di farmaci accumulati nei magazzini sono risultati essere ancora in ottime condizioni in media anche 66 mesi dopo, ossia 5 anni e mezzo oltre la loro scadenza. La più longeva in assoluto è l’aspirina: l’acido acetilsalicilico che la compone ha dimostrato di conservare tutte le sue proprietà anche dopo 10 anni.
Come comportarsi dunque in caso di farmaci la cui data di scadenza è stata oltrepassata? Fatti salvi i medicinali sopra citati – anticonvulsivi, anticoagulanti, ormoni tiroidei, contraccettivi e teofillina, che non vanno assunti dopo la scadenza -, tutti gli altri possono essere tranquillamente somministrati a patto che siano stati conservati correttamente.
Date di scadenza sì, dunque, ma con giudizio. In questo modo non solo si evitano sprechi e inutili esborsi per le nostre tasche e per il Sistema Sanitario Nazionale (denaro che paghiamo tutti con le nostre tasse!), ma anche i rischi per l’ambiente, dato che in molti – secondo una recente ricerca, ben il 60%, ossia 6 italiani su 10! – si ostinano, per pigrizia, indifferenza o ignoranza, a smaltire i farmaci in maniera frettolosa e scorretta. A tal proposito, va ricordato che mentre la scatola esterna di cartone e il foglietto illustrativo vanno buttati nella carta, il farmaco deve essere portato, all’interno della propria confezione o blister, negli appositi cesti messi a disposizione presso le farmacie. E non certo gettato, come se niente fosse, nella spazzatura.
Se non correttamente smaltiti, i residui dei farmaci – scaduti e non – possono infatti raggiungere gli impianti di depurazione, le acque superficiali e quelle potabili e di falda, con gravi conseguenze sia sul delicato equilibrio dell’ecosistema acquatico sia sulla salute dell’uomo, degli animali e dell’ambiente. Di particolare impatto sono i residui di antibiotici che finiscono nei fiumi: qui “combattono” i batteri utili all’ecosistema acquatico, alterandone l’equilibrio; inoltre gli stessi batteri, venendo a contatto continuo con gli antibiotici, finiscono per rinforzarsi dando vita a pericolosi ceppi resistenti al principio attivo. Con conseguenze potenzialmente incalcolabili.
Cosa fare quindi? Cercare di pensare, sempre, in maniera ecosostenibile. Per quanto concerne i farmaci, assumerne il meno possibile e solo quando e se sono effettivamente necessari (e sempre dopo aver consultato il proprio medico). Se abbiamo acquistato più medicinali del necessario, questi si possono donare a reti come Banco Farmaceutico o (nel territorio di Bologna) Farmaco Amico che si occupano della raccolta e della consegna a chi ne ha bisogno. E quando questi sono (davvero) inutilizzabili, smaltirli in maniera corretta, così da non danneggiare l’ambiente.