Famiglie italiane in crisi: il paniere della spesa sempre più vuoto

Le famiglie italiane spendono oltre il 50% del budget mensile in beni essenziali, mentre l’inflazione svuota il paniere. Dati Istat rivelano l’impatto su consumi e imprese.

Se alle Olimpiadi ci fosse una disciplina tipo “come sbarcare il lunario”, le famiglie italiane avrebbero ottime possibilità di raggiungere il podio! Eh sì, perché arrivare a fine mese per molte di loro sta diventando un’impresa titanica. Una volta si riusciva a procedere con cautela per far quadrare il bilancio, tant’è che ci poteva scappare, finanche, qualche extra. Oggi, invece, il paniere della spesa è vieppiù vuoto. Più del 50% della spesa mensile viene assorbito dalle necessità essenziali: vitto, utenze e carburante.

Gli ultimi dati Istat ci hanno informato che una famiglia, mediamente, spende all’incirca 1200 euro. Con l’inflazione e la crescita del costo della vita, si comprende perché le spese accessorie, quelle cosiddette non indispensabili, non hanno cittadinanza, in quanto il portafoglio è vuoto! Ma a quale extra si può aspirare, se la gran parte delle famiglie si trova con le spalle al muro, vittima di un terribile virus: riuscire a pagare le spese quotidiane? L’Istat, sempre pronto a fornire dati dettagliati, ci informa che la spesa mensile, a cui non si può sfuggire, è così composta: su 1200 euro di spesa vincolata, 526 vengono utilizzati per gli alimenti (cibo e bevande). A confermare un trend in espansione, ossia è la spesa primaria e principale.

Su 1200 euro di spesa vincolata, 526 vengono utilizzati per gli alimenti

A seguire, i costi per mantenere l’abitazione, 374 euro e quelli per la mobilità (auto e mezzi pubblici) 291. Se per ipotesi si potessero sommare spese voluttuarie, come vestiario, elettronica e altro, sempre secondo l’Istat, si arriverebbe ad una spesa globale media delle famiglie di 2128 euro. L’indagine per aree geografiche ha rilevato che il Sud Italia è il più colpito dal… virus del paniere vuoto. Infatti, ammonta a quasi il 60% l’impatto delle spese primarie sul reddito. Il Nord e il Centro si fermano a circa il 55%.

Non è un fatto così strabiliante, se si valuta che le famiglie meridionali spendono una cifra considerevole solo per mangiare, bollette e benzina. Ci sono regioni, come la Calabria che sforano la quota del 60%. Infatti raggiunge il 63,4%, un dato che conferma le enormi difficoltà riscontrate a causa dell’inflazione per le famiglie meridionali. In queste zone le possibilità di risparmio sono talmente scarse, da essere ridotte al lumicino. D’altronde come si fa a mettere qualche soldo da parte con questi numeri? Non ci riuscirebbe nemmeno Mandrake!

La riduzione dei consumi ha prodotto le prime vittime tra i cosiddetti negozi di vicinato

Questa situazione così disastrosa si riflette con particolare ferocia su un segmento importante nell’economia meridionale, cioè le piccole imprese artigianali e commerciali. La riduzione dei consumi ha prodotto le prime vittime tra i cosiddetti negozi di vicinato, che stanno assaggiando gli acuminati artigli della crisi, dovuta al calo dei ricavi. Se le spese di cui non si può fare a meno si succhiano quasi del tutto il bilancio di una famiglia, non si vede come si possa pensare a quelle inessenziali!

Neppure il settore della ristorazione è scampato alla furia devastatrice della situazione generale. Ha avuto, infatti, un calo palese, per il semplice fatto che molte persone preferiscono consumare cibo a casa piuttosto che nei locali. La crescita degli acquisti di prodotti alimentari conferma una tendenza già in atto dei consumatori che si dimostrano molto selettivi negli acquisti, preferendo beni di prima necessità e lasciando quelli voluttuari nel mondo dei sogni! Solo una politica economica che salvaguardi i salari e gli stipendi, accompagnata dal recupero dell’enorme marea di evasione del nostro Paese, potrà determinare un’inversione di tendenza. Altrimenti la prossima fotografia dell’Istat sarà identica, se non peggiore!

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