Il social più famoso del mondo non sembra affatto sicuro e a dimostrarlo ci sono diversi esperti internazionali e tutti autorevoli. Il network si difende dando la colpa ad una direttiva europea, a protezione della privacy, che li avrebbe obbligati a disattivare alcune funzionalità utili a scovare e bloccare materiale pedopornografico
Roma – La scure della censura di Facebook si abbatte senza pietà sulle opinioni, questo ormai non rappresenta una novità.
Negli ultimi mesi sono migliaia i profili che hanno subito il ban permanente dal social per motivi dubbi: tra i nomi più influenti ci sono Alex Jones, conduttore radiofonico statunitense e fondatore di Infowars (sito etichettato dal mainstream come “spacciatore di fake news”), il giornalista e blogger Paul Joseph Watson, la testata Libero (il cui account venne poi ripristinato), persino l’ex Presidente USA Donald Trump.
Tutti sarebbero colpevoli di crimini di odio ma sarebbe più corretto affermare che la censura si è abbattuta su queste persone in quanto rappresentanti di un’informazione alternativa, scomoda, non edulcorata.
Ultimamente il social di Mark Zuckerberg ha addirittura schierato un plotone di individui chiamati “fact checkers”, in sintesi dei kapò che decidono cosa sia vero e cosa sia falso in base alla narrativa ufficiale (le figuracce di questa “squadra di controllo” sono spesso ridicole e facilmente contestabili), in perfetto stile orwelliano.
Peccato che la piattaforma, così solerte ad appiccicare avvisi sotto a qualunque post che menzioni il Covid, faccia orecchie da mercante per quanto riguarda cose ben più importanti delle bufale online.
Una ricerca degli attivisti australiani di Reset Australia (associazione mondiale di contrasto delle minacce digitali alla democrazia) ha portato alla luce l’assoluta inefficacia di filtri a tutela dei minorenni: dopo aver creato una pagina chiamata “Ozzie news network”, l’organizzazione ha pubblicizzato annunci di appuntamenti al buio e sponsorizzato sigarette ed alcolici.
L’analisi ha dato un risultato sorprendente: Facebook avrebbe suggerito agli admin della pagina un target molto giovane, anche sotto i 18 anni, che secondo gli algoritmi del social network sarebbero stati acquirenti perfetti.
Interessante: dunque per Facebook i giovani devono essere tutelati da presunte bufale, ma un quattordicenne può essere contattato per un incontro con uno sconosciuto, o per l’acquisto di superalcolici o tabacco.
“…Abbiamo accertato che non vi è differenza nella maniera in cui sono trattati i dati degli adolescenti – scrive Chris Cooper, direttore esecutivo di Reset Australia – questo permette agli inserzionisti di comprare accesso a quei profili e di prendere di mira giovanissimi attorno a interessi molto discutibili, come gioco d’azzardo, fumo e alcool, e anche di registrare lo status in siti di appuntamenti. È scioccante e preoccupante… Il nostro esperimento ha dimostrato che Facebook approva pubblicità da cui gli adolescenti dovrebbero essere protetti…”.
Ma c’è di peggio: un’inchiesta fatta dalla BBC ha dimostrato come Facebook pare faccia letteralmente finta di niente per quanto riguarda la pedofilia, evitando di rimuovere gli account di individui già condannati per essersi scambiati tramite la piattaforma materiale pedopornografico.
Non si contano, inoltre, le truffe sessuali, le estorsioni e l’usura che imperversano tranquillamente sotto il naso di Zuckerberg & Soci. Sono a migliaia le vittime di profili creati ad hoc di donne molto sexy che riescono ad estorcere denaro ad utenti sprovveduti, in cambio di materiale hard.
Segnalarli è spesso inutile, nessuna azione concreta verrebbe presa allo scopo di arginare la truffa.
Tra coloro che imperversano su Facebook ci sono anche gli scafisti, avete capito bene, che utilizzano il social come fossero un’agenzia di viaggi: si sponsorizzano i viaggi da Libia e Tunisia verso l’Eruropa, con promesse che sembrano uscite dalla pubblicità del gratta e vinci “turista per sempre”.
Facebook dal canto suo si difende aggrappandosi all’ultima direttiva europea, emanata nel 2020, a protezione della privacy, che li avrebbe obbligati a disattivare alcune funzionalità utili a scovare e bloccare materiale pedopornografico. Nel solo 2019, grazie ai sistemi di sorveglianza poi bloccati da questa direttiva, il social aveva rimosso oltre 11 milioni e mezzo di immagini illegali.
Dunque, signor Zuckerberg, che ne direbbe di darsi una calmata con l’ossessione per le notizie farlocche e cominciare a tutelare sul serio i suoi utenti? Allo scopo di rendere Facebook “un luogo sicuro”, tanto per citare le sue parole.
Perché, al momento, tanto sicuro non sembra.