“Stiamo esaminando il problema, ma crediamo che si tratti di informazioni ottenute molto probabilmente prima dei cambiamenti che abbiamo apportato negli ultimi anni per proteggere meglio le informazioni delle persone.”
“Stiamo esaminando il problema, ma crediamo che si tratti di informazioni ottenute molto probabilmente prima dei cambiamenti che abbiamo apportato negli ultimi anni per proteggere meglio le informazioni delle persone.”
Queste le dichiarazioni dal portavoce di Facebook in merito al database contenente i dati e le informazioni di 267 milioni di utenti finiti online. Il social più famoso sembrerebbe trovarsi nuovamente nei guai, incapace di difendere le più basilari regole della privacy. Proviamo ad approfondire meglio gli effetti dell’innovazione tecnologica sulla nostra vita. È veramente oro tutto ciò che luccica?
Il dibattito intorno alla funzione deterministica della storia è ancora acceso, e in particolar modo in alcuni ambiti accademici crea vivaci discussioni. Nel campo dell’innovazione tecnologia, ad esempio, c’è un rilevante settore della classe intellettuale che concepisce l’accumulazione e la concentrazione dei benefici dello sviluppo scientifico in “poche mani” come conseguenza dei rapporti di forza e sviluppa l’analisi in maniera determinista, con un inesorabile pessimismo. Questi stessi inquadrano lo sviluppo tecnologico in uno stato irreversibilmente legato al capitale e lo allontanano, criticandolo nella sua totalità, sviluppando un modo d’operare simile a una dimensione neoluddista. Tale procedimento logico risulta essere errato. La rivoluzione digitale, si presenta soprattutto come colonizzazione dell’immaginario collettivo da parte del capitalismo.
Questo tipo di approccio non ha solo il “vantaggio” di immunizzare dall’infatuazione tecnologica molta sinistra, ma chiude anche decisamente il campo all’estremo opposto: la critica alla tecnologia non all’interno delle contraddizioni capitalistiche, ma in quanto tale. Le possibilità offerte dalle nuove tecnologie vengono utilizzate per massimizzare i profitti, aumentando la produttività del sistema e prescindendo da quelle che sono le reali necessità della popolazione. In particolar modo creano nuovi “bisogni” che distolgono l’attenzione delle classi subalterni dalla progressiva privatizzazione dei servizi, attuata in parte tramite il diseguale avanzamento tecnologico. Esempio di tale processo è il campo farmaceutico: secondo Marcia Angell, direttrice per oltre vent’anni del New England Journal of Medicine, la domanda dei medicinali è spesso legata e condizionata da un bombardamento mediatico che vede le case farmaceutiche investire nel marketing il doppio rispetto a quanto investono nella ricerca. Sebbene non si conoscano esattamente le cifre pagate dalle aziende farmaceutiche ai medici, sempre secondo la Angell, la cifra si aggirerebbe intorno alle decine di miliari di dollari all’anno. Tale situazione, esplicativa per capire come il capitalismo attui una lotta totale verso le classi subalterne, proietta i medici verso una somministrazione spasmodica dei farmaci, arrivando a modificare perfino la concezione e la definizione stessa della malattia. Si procede in tale maniera verso situazioni eclatanti dove l’investimento nella ricerca di farmaci contro la caduta dei capelli supera quelli oncologici. Il capitalismo influenza la ricerca e adopera la tecnologia come sua arma. Edward Snowden, la “talpa” americana che ha fatto esplodere il cosiddetto Datagate, sottolineava come:
Le aziende che fanno denaro collezionando e vendendo dati dettagliati della vita privata delle persone una volta erano semplicemente chiamate ‘aziende di sorveglianza’. Il fatto che abbiano optato per un rebranding in ‘social media’ è l’inganno di maggiore successo da quando il dipartimento della Guerra è diventato dipartimento della Difesa.
Già nel 2013 il The Guardian e il Washington Post avevano pubblicano la prima inchiesta in merito al Datagate. Le testate denunciavano la raccolta indiscriminata di tabulati telefonici di milioni di cittadini statunitensi ottenuti con la complicità dell’azienda di telecomunicazioni Verizon, senza l’autorizzazione di alcun giudice. Nel giugno 2013 l’affare Datagate raggiunse un nuovo picco: secondo le sopracitate testate, la Nsa aveva accesso diretto ai dati degli utenti di Google, Facebook, Apple e altre aziende tecnologiche statunitensi per controllarne le conversazioni. Tutti i dati raccolti venivano registrati e catalogati grazie a un software chiamato Boundless informant.
Poco tempo dopo, tramite l’ormai celebre scandalo di Cambridge Analitiyca divenne ancor più lampante il legame tra tecnologia, egemonia culturale capitalista e politica: oltre 50 milioni di profili Facebook vennero forniti all’azienda di consulenza e marketing online per targettizzate e ottimizzare le campagne politiche per la Brexit e per la corsa presidenziale di Donald Trump. Riposizionare il discorso sulla tecnologia all’interno dei rapporti di forza esistenti diviene quindi centrale. Secondo Formenti, autore Mercanti di futuro. Utopia e crisi della Net Economy, la controrivoluzione digitale si concretizza con la politica di Bush, dando vita ad una sorta di “keynesismo di guerra” nel quadro di un apparentemente ossimorico nazional-liberismo. Il denaro pubblico concentrato nel settore militare-industriale è speso nel soccorso delle grandi corporations in difficoltà, accompagnato dalla politica repressiva verso la libera circolazione informatica. Dobbiamo domandarci, dunque, quando questa “facilitazione della vita” fornita dall’apporto tecnologico sia una reale erosione del libero arbitrio.