Crescono le perplessità sull’AIA. Le opposizioni: “Progetto insostenibile, Taranto ha diritto alla salute”. Ma il ministro tira dritto: “Non ci arrendiamo, serve una decisione subito”.
Taranto – È una settimana decisiva per il futuro dell’ex Ilva di Taranto. Lo ha ribadito il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso, annunciando in un’intervista al Messaggero la volontà del governo di rilanciare immediatamente una nuova gara internazionale per la gestione dello stabilimento siderurgico e chiudere rapidamente l’iter per il rilascio della nuova Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA). “Occorre decidere subito, noi sull’Ilva non ci arrendiamo”, ha affermato Urso, sottolineando che senza AIA “lo stabilimento è destinato alla chiusura”, a causa della possibile decisione del Tribunale di Milano, in linea con le indicazioni della Corte di Giustizia europea.
Il ministro ha ricordato che il piano industriale presentato prevede la piena decarbonizzazione in otto anni, con la sostituzione progressiva degli altiforni con tre forni elettrici alimentati da ferro preridotto (DRI). Elemento chiave del progetto è l’installazione di una nave rigassificatrice (Fsru) nel porto di Taranto, necessaria per garantire l’approvvigionamento energetico dei futuri impianti green.
La reazione degli ambientalisti: “Un ricatto politico e sociale”
Ma la proposta del governo e il nuovo piano industriale sono stati duramente contestati da parte della politica locale, delle associazioni ambientaliste e dei movimenti civici.
In prima linea Europa Verde/AVS con la commissaria Rosa D’Amato e il co-portavoce provinciale Gregorio Mariggiò, che parlano di una proposta “inaccettabile”, definendola “un ricatto politico e sociale” nei confronti della città. “Le proposte presentate sono graficamente accattivanti ma prive di contenuti concreti”, accusano. “Nessuna risposta seria sulle prospettive occupazionali, sui costi economici e ambientali, né tantomeno sull’impatto sanitario”.
Critiche fortissime anche sulla nave rigassificatrice, definita un “nuovo impianto inquinante a pochi metri dalle abitazioni”, e soprattutto sull’assenza di un fermo dell’area a caldo, considerata da anni responsabile dell’elevato tasso di malattie gravi e decessi a Taranto.
Il nodo sanitario: l’ISS boccia la Valutazione d’Impatto
La questione sanitaria è al centro del dibattito anche alla luce del parere espresso dall’Istituto Superiore di Sanità sulla Valutazione d’Impatto Sanitario (VIS) richiesta per il riesame dell’AIA.
Secondo quanto emerso in Commissione Ambiente, il documento presentato da Acciaierie d’Italia è ancora incompleto e inadeguato rispetto agli standard richiesti dalla Corte di Giustizia UE e dalle linee guida dell’ISS. Manca, tra l’altro, una valutazione dell’impatto cutaneo e non solo inalatorio, oltre a un’analisi completa delle emissioni e dei rischi ecotossicologici. “Non si può sottostimare il rischio per la popolazione tarantina”, ha dichiarato Marco Galante (M5S). “La VIS deve essere trasparente, pubblica e completa. Finché non sarà così, l’iter per la nuova AIA va sospeso”.
Un futuro quanto mai incerto
Sul fronte industriale, il governo punta a rendere l’impianto tarantino attrattivo per gli investitori, anche internazionali. Al momento il negoziato si sta svolgendo in via preferenziale con Baku Steel, ma nuovi partner potrebbero entrare in gioco se il piano di decarbonizzazione sarà confermato e approvato. “Qualunque sia il capitale, pubblico o privato, italiano o straniero – ha ribadito Urso – senza AIA non si produce. Ma Taranto resta la nostra prima scelta”.
Il nodo resta la nave rigassificatrice: se Taranto rifiuterà di ospitarla, gli impianti DRI potrebbero essere spostati altrove, con un aumento dei costi e una minore sostenibilità complessiva del progetto.
Il destino di Taranto in bilico
Mentre il governo accelera sull’accordo di programma e punta al rilancio industriale dell’ex Ilva, la città di Taranto appare divisa. Da un lato la promessa di investimenti, occupazione e decarbonizzazione; dall’altro il timore di nuovi rischi ambientali e sanitari in una comunità che da decenni paga un prezzo altissimo.
La prossima Conferenza dei Servizi di giovedì potrebbe rivelarsi decisiva. Intanto, la voce del territorio – da Peacelink ai Genitori Tarantini, fino a Legambiente e WWF – continua a chiedere una vera alternativa sostenibile alla monocultura dell’acciaio.