Ex Ilva, l’annuncio di Urso: “La proposta migliore è quella della cordata azera”

I commissari avrebbero dato il via libera al consorzio guidato da Baku Steel. Ora toccherà al governo dare l’ok definitivo. 

Roma – La trattativa per la vendita della ex Ilva si è sbloccata. Dopo giorni di attesa, valutazioni e offerte, la vicenda sembra volgere a una conclusione. Il ministro delle Imprese Adolfo Urso fa l’annuncio: “I commissari mi hanno preannunciato che nella giornata di oggi invieranno una richiesta formale per essere autorizzati a un negoziato con il soggetto internazionale che ha fatto la proposta migliore, che verosimilmente sarà appunto quella della compagine azera”. I commissari dell’ex Ilva avrebbero dato il via libera al consorzio azero guidato da Baku Steel con il supporto del governo dell’Azerbaijan. Ora toccherà al governo dare l’ok definitivo. 

“Nei prossimi giorni – si legge – dovrebbe esserci un passaggio tra Mimit e palazzo Chigi. Nel frattempo, si è aperta la fase della negoziazione in esclusiva con gli azeri, nel corso della quale si dovrebbe definire la “quota statale del 10% in capo a Invitalia (con apposita norma). E potrebbe esserci anche un’apertura alla partecipazione degli indiani di Jindal Steel International”. Nel dettaglio della proposta di Baku, a regime gli occupati effettivi dovrebbero essere circa 7mila (in calo), con soltanto un altoforno e due forni elettrici, che col tempo dovrebbero diventare tre, mentre l’altoforno verrebbe chiuso sul medio periodo. Una scelta che avrà ricadute sulla produzione, che così arriverebbe al massimo a 6 milioni di tonnellate. Questi numeri saranno tema di trattativa anche con i sindacati. E bisognerà vedere se ci sarà il via libera del ministero della Salute.

Intanto, sul fronte della siderurgia, Urso ha aggiunto che “noi siamo sviluppando una politica siderurgica in Italia e in Europa. Il nostro non-paper sulla revisione del Cbam sta avendo successo in Europa. Rivedere il Cbam è la prima condizione per rendere sostenibili siderurgia e chimica nella loro transizione”. In particolare, ha spiegato che “mentre agiamo in Europa, per superare il Green deal e indirizzare le nostre imprese verso la transizione ma in maniera sostenibile anche a livello economico, stiamo operando anche a livello nazionale, per diventare nell’arco dei prossimi 5 anni l’industria siderurgica green all’avanguardia in Europa”. Riparte intanto domani a Potenza dall’udienza preliminare lo storico processo “Ambiente Svenduto” relativo al
reato di disastro ambientale contestato all’Ilva durante la gestione del gruppo privato Riva.

Processo che ha il suo prologo nell’inchiesta della Procura di Taranto e nel sequestro degli impianti della fabbrica a luglio 2012. La ripartenza del processo avviene a seguito dell’annullamento della sentenza di primo grado che la Corte d’Assise a Taranto ha pronunciato a fine maggio 2021. Annullamento disposto a settembre scorso dalla Corte d’Assise d’Appello in quanto a Taranto tra le parti civili c’erano anche due magistrati onorari, poi dimessisi dagli incarichi, ma all’epoca dei fatti ancora in attività.

Si riparte, quindi, dall’udienza preliminare e nel capoluogo della Basilicata le udienze si terranno in tre aule – due al secondo piano, una al terzo – tra di loro collegate in video conferenza, dal momento che la struttura, che ha la competenza sulle cause che coinvolgono magistrati del distretto di Lecce, comprendente anche Taranto e Brindisi, non dispone di spazi adeguati per ospitare la mole imponente di parti coinvolte. Saranno oltre 1.500 tra imputati, avvocati e parti civili – compresi i residenti nei dintorni dell’acciaieria, enti, associazioni ambientaliste e sindacati – di parti del processo.

Nelle sentenze emesse dalla Cedu due anni fa si sottolinea che l’Italia è stata già condannata per lo stesso motivo nel gennaio 2019 e che da allora questo caso è all’esame davanti al comitato dei ministri del Consiglio d’Europa che deve verificare se il Paese ha messo in atto tutte le misure necessarie per salvaguardare la salute degli abitanti. Dall’inchiesta giudiziaria che a luglio 2012 portò al sequestro degli impianti siderurgico di Taranto per reati ambientali non nacque soltanto il processo “Ambiente Svenduto”, ma anche il commissariamento dell’Ilva da parte dello Stato (avvenuto nel giugno 2013) e l’uscita degli allora proprietari e gestori, i Riva. Commissariamento ancora in atto sia in Ilva che in Acciaierie d’Italia, l’azienda intervenuta in seguito con la gestione del gruppo (entrambe le società sono in amministrazione straordinaria).

L’urlo di dolore dei tarantini è stato al centro di molte proteste in questi anni. Nell’estate 2023 quell’urlo era impresso in un grande manifesto “Se ci volete morti, sparateci”. La frase campeggiava in viale Magna Grecia, a Taranto. Iniziativa promossa dai Genitori Tarantini e da altri movimenti per protestare contro i decreti cosiddetti salva-Ilva e richiamare l’attenzione sull’emergenza ambientale e sanitaria.  “In 10 anni – era scritto ancora sul manifesto – 15 decreti dei governi italiani contro Taranto”. In quei giorni proprio l’associazione aveva contestato l’emendamento proposto dai ministri Fitto e Urso, approvato in commissione Politiche dell’Ue al Senato, in sede di conversione del decreto Salva Infrazioni. 

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