Nei tempestosi mari del web si pratica… l’egosurfing

Controllare la propria presenza online è diventata una pratica diffusa, tra narcisismo, ansia sociale e desiderio di riconoscimento. Ma quali sono i rischi?

A prima vista sembrerebbe la pratica di uno nuovo sport virtuale il… surf dell’ego. E’ pur vero che navigare per i procellosi mari del web è complicato e, quindi, sapersi destreggiare tra le onde per non essere sopraffatti può essere una buona tecnica di sopravvivenza. In realtà la locuzione si riferisce alla pratica di cercare il proprio nome, il proprio sito web o blog su internet per verificare la propria presenza online. È un modo per monitorare la propria immagine digitale e l’impronta che si lascia in rete. 

Può essere un comportamento legato al narcisismo, ma può anche essere una pratica utile per monitorare la propria reputazione online e per comprendere come vengono percepiti i propri contenuti. E’ la conferma della pervasività di internet nelle nostre vite e di come il fenomeno sia legato alla ricerca della propria identità e di come il web la percepisce. E’ una sorta di auto-sorveglianza della propria visibilità, che, tuttavia, ha prodotto una rottura con quella fisica, mentre la digitale è in continuo divenire. Un monitoraggio della propria presenza digitale e di verifica della propria immagine pubblica coi valori condivisi.

L’incessante confronto con la propria immagine digitale può produrre insoddisfazione se non corrisponde ai propri desideri o di quello che la comunità digitale si aspetta.

Alla base di questo comportamento c’è la continua ricerca dell’approvazione sociale che, secondo alcuni esperti, i social media hanno reso patologica. Nel senso che la verifica di quanto la propria immagine possa essere apprezzata può essere determinata proprio dal numero di “visite digitali” avute, in un circolo vizioso che non conosce fine. Un altro motivo per cui si pratica l’egosurfing è la curiosità: si vuole  sapere cosa si dice in giro, su di sé, a livello lavorativo e personale.

Alla fine esso non è altro che la risposta ai mutamenti nei modelli di socializzazione e visibilità, aspetti peculiari della società altamente tecnologica. Tutte le piattaforme presenti, oltre che luoghi di integrazione sociale, rappresentano una forma di ribalta dove ci si mette in mostra con contenuti attentamente selezionati, il tutto per raggiungere l’obiettivo finale: l’approvazione.

Tra gli anni ’90 e 2000 il sociologo Zygmunt Bauman coniò l’espressione “società liquida”, con cui descriveva la condizione in cui viviamo, nella quale serpeggia un senso generale di precarietà e di incertezza. In questo contesto così frammentario, le relazioni diventano sempre più liquefatte e tendono a disgregarsi e ricomporsi rapidamente, senza apparire mai stabili.

L’egosurfing rappresenta un comportamento per avere il controllo su un’identità che rischia di dileguarsi anche a causa delle incerte informazioni che inondano il web.

L’egosurfing rappresenta un comportamento per avere il controllo su un’identità che rischia di dileguarsi anche a causa delle incerte informazioni che inondano il web. Di questo passo il risultato non può essere che la “società della visibilità”, in cui il valore dell’individuo è determinato da come appare agli altri, incide sulle occasioni di lavoro e sui rapporti personali.

Ma attenzione al rovescio della medaglia, ossia all’eccessiva presenza in rete. Il monitoraggio continuo della propria immagine, da un lato effettua un controllo, ma dall’altro può produrre un’esagerata ricerca di visibilità con la condivisione di molti aspetti personali. Il timore di essere ignorati, per molti equivale all’oblio. Non si è lontani dal vero quando si dice che un processo di questo tipo può provocare disturbi psicologici, quali ansia e depressione.

L’incessante confronto con la propria immagine digitale può produrre insoddisfazione se non corrisponde ai propri desideri o di quello che la comunità digitale si aspetta. Se la ricerca del proprio nome in rete è una forma di controllo positiva e di accettazione, c’è da tenere conto dei gravi rischi che si corrono. In una società dominata dai device tecnologici, l’immagine è determinante per la posizione sociale e professionale. Ma è anche a rischio il benessere psicologico e sociale delle persone in una società così mutevole e in perenne trasformazione!

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