Scavi nella Domus Aurea hanno rivelato un eccezionale lingotto di blu egizio, testimone della raffinatezza artistica dell’epoca di Nerone.
Roma – La Domus Aurea, la straordinaria residenza voluta dall’imperatore Nerone, continua a rivelare i suoi segreti. Recenti scavi archeologici hanno portato a un’importante scoperta legata alle botteghe che contribuirono alla decorazione del palazzo: due vasche utilizzate durante le fasi di costruzione per spegnere la calce e conservare pigmenti colorati. In questi contenitori, c’era un autentico tesoro: pigmenti rari come ocra gialla, realgar (un minerale di colore rosso in massa e giallo arancio in polvere) e terra rossa, ma soprattutto un eccezionale lingotto di blu egizio, il più antico pigmento artificiale conosciuto, pronto per essere macinato.
La scoperta è straordinaria non solo per la qualità, ma anche per le dimensioni del reperto. Il lingotto di blu egizio misura ben 15 cm di altezza e pesa 2,4 kg, una dimensione decisamente insolita: finora, infatti, sono emerse solo tracce di pigmento in forma di polvere o piccole sfere, come avvenuto ad esempio a Pompei.
Il blu egizio, frutto di una sofisticata tecnica di produzione, non esiste in natura. Veniva creato cuocendo a temperature elevate una miscela di silice, rocce calcaree, minerali contenenti rame e carbonato di sodio, come descritto da Vitruvio nel suo De Architectura (VII, 11). Il pigmento, utilizzato fin dal III millennio a.C. in Egitto e Mesopotamia, si diffuse in tutto il Mediterraneo antico, imponendosi come un elemento fondamentale della pittura romana.
Nel mondo romano, il blu egizio era apprezzato per la sua versatilità e luminosità. Veniva impiegato per rappresentare toni freddi nell’incarnato delle figure, creare chiaroscuri nei panneggi o conferire lucentezza agli occhi. Uno dei principali centri di produzione era Alessandria d’Egitto, ma siti produttivi sono stati individuati anche in Italia, tra cui Cuma, Literno e Pozzuoli.
Il ritrovamento nella Domus Aurea conferma la raffinatezza delle maestranze romane. La presenza di pigmenti così pregiati testimonia anche l’attenzione al dettaglio e la capacità di creare opere di straordinaria bellezza, degne di un palazzo sontuoso come quello di Nerone.
Costruita dopo il devastante incendio del 64 d.C., la Domus Aurea era progettata per impressionare. Gli architetti Severus e Celer, insieme al pittore Fabullus, diedero vita a una residenza di eccezionale lusso con giardini, boschi, un lago artificiale e ambienti riccamente decorati. Tra le meraviglie del palazzo figuravano la coenatio rotunda, una sala da pranzo girevole, e un’enorme statua di Nerone nelle vesti del dio Sole.
Dopo la morte di Nerone, i successori cercarono di cancellare la sua memoria, interrando il palazzo, che rimase nascosto per secoli. Finché i suoi saloni furono riscoperti nel Rinascimento, quando artisti come Raffaello e Giulio Romano si calarono in quelle che chiamarono “grotte sotterranee”. Le decorazioni parietali romane riemerse allora ispirarono la nascita del genere pittorico delle grottesche, che influenzò profondamente l’arte del XVI secolo.
La scoperta del blu egizio nella Domus Aurea non solo getta nuova luce sull’arte e l’artigianato dell’epoca imperiale, ma collega idealmente i decoratori romani ai pittori rinascimentali che riscoprirono quelle meraviglie.
“Il fascino trasmesso dalla profondità del blu di questo pigmento è incredibile” – commenta Alfonsina Russo, Direttore del Parco archeologico del Colosseo – “la Domus Aurea ancora una volta emoziona e restituisce la brillantezza dei colori utilizzati dai pittori che abilmente decorarono la stanze di questo prezioso e raffinato palazzo imperiale”.