Domestico ucciso da ladro a Milano: perizia psichiatrica per Dawda Bandeh

La decisione del pm si basa sul comportamento anomalo dell’indagato che, dopo il delitto, è rimasto nell’appartamento per circa 10 ore senza fuggire.

Milano – Il pm Andrea Zanoncelli ha annunciato che chiederà una perizia psichiatrica per Dawda Bandeh, il 28enne di origini gambiane fermato la sera del 20 aprile con l’accusa di omicidio volontario e rapina nella villa liberty di via Randaccio, Milano, dove ha strangolato Angelito Acob Manansala, collaboratore domestico di 61 anni. La decisione si basa sul comportamento anomalo di Bandeh, che dopo il delitto è rimasto nell’appartamento per circa 10 ore, mangiando, dormendo e cambiando vestiti, senza fuggire, e sulle sue dichiarazioni confuse durante l’interrogatorio di garanzia davanti al gip Domenico Santoro.

Secondo la ricostruzione degli inquirenti, coordinati da Zanoncelli, Bandeh si è introdotto nella villa di via Randaccio alle 8.38 del 20 aprile, dopo aver scavalcato il muretto di cinta, approfittando dell’uscita di Manansala per portare a spasso i cani del proprietario, un 52enne israeliano noto nella comunità ebraica milanese. Le telecamere di sorveglianza hanno ripreso l’ingresso dell’indagato, che probabilmente è entrato da una porta sul giardino. Quando Manansala è rientrato, si è trovato faccia a faccia con l’intruso, dando inizio a una colluttazione.

L’autopsia, disposta dalla Procura, ha confermato che la vittima è stata strangolata, con segni di compressione sul collo, e ha rivelato ferite da percosse causate da un manico di scopa spezzato, trovato sulla scena del crimine insieme a vasi rovesciati e un mazzo di chiavi di Manansala. Questi elementi suggeriscono che il domestico abbia tentato di difendersi, come evidenziato da graffi sul collo di Bandeh, notati dagli agenti durante l’arresto. Il decesso è stato retrodatato alla tarda mattinata, intorno alle 10-11, secondo il medico legale.

Durante l’interrogatorio di garanzia del 23 aprile, Bandeh, assistito dall’avvocata Federica Scapaticci, ha ammesso di essere entrato nella villa per rubare, di aver mangiato, fatto la doccia, dormito e cambiato i pantaloni, indossando un paio beige trovati nell’armadio. Tuttavia, ha negato ogni coinvolgimento nell’omicidio, dichiarando di aver visto Manansala “riverso a terra” e di essersi sentito “molto disorientato”. Ha descritto quei giorni come “confusi” a causa di freddo e pioggia, notando una “pianta a terra” e “pezzi di una scopa rotta”, ma negando di aver visto la vittima viva.

Il gip Santoro, pur convalidando il fermo e disponendo la custodia cautelare in carcere per gravi indizi di colpevolezza e rischio di reiterazione del reato, ha ritenuto che Bandeh abbia agito con “lucida azione”, come il cambio di vestiti e il furto di un portafoglio con 90 euro e 3.000 dollari. Tuttavia, le dichiarazioni frammentarie e il comportamento insolito – rimanere per ore con il cadavere senza fuggire – hanno spinto il pm a valutare un possibile disturbo psichiatrico, nonostante non risultino precedenti certificazioni di patologie mentali.

Bandeh, arrivato in Italia nel 2011 come minore non accompagnato, ha un permesso di soggiorno dal 2015 per lavoro come domestico, ma è attualmente nullafacente e senza fissa dimora, con domicilio formale a Bulgarograsso (Como). Ha precedenti per guida in stato di ebbrezza (2019) e due denunce per furto nelle 24 ore precedenti il delitto: una in via Crema il 19 aprile e una in via Melchiorre Gioia alle 5.45 del 20 aprile, da cui è stato rilasciato alle 8.08. Il suo comportamento, definito “borderline” dagli inquirenti, include azioni come cercare cibo e riposare nella villa dopo l’omicidio, suggerendo una possibile compromissione mentale, pur senza precedenti clinici noti. La perizia, se disposta, sarà cruciale per determinare se Bandeh fosse pienamente consapevole delle sue azioni.

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