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Disastro di Seveso, 47 anni fa una delle più grandi catastrofi ambientali

L’incidente dell’Icmesa di Seveso è considerato un disastro ambientale tra i più gravi del pianeta.

SEVESO – Sono le 12.26 di una calda giornata di luglio quando si verifica uno dei più gravi disastri ambientali della storia italiana. Una nube di diossina si sprigiona dalla fabbrica di cosmetici dell’Icmesa, in Brianza, e contamina la vasta area circostante.

Dalla fabbrica, secondo le prime informazioni, fuoriescono 300 grammi di sostanza, ma oggi si ha la certezza che il totale delle sostanze micidiali si attesta tra i 15 e i 18 chilogrammi. L’impianto produce triclorofenolo, sostanza che sopra i 156 gradi si trasforma in 2,3,7,8-tetracloro-dibenzodiossina (Tcdd), una varietà di diossina tossica. E in quella giornata di luglio la temperatura sale sopra i 500 gradi a causa di un incidente al reattore.

I controlli dopo la fuoriuscita di diossina dall’Icmesa

Dopo appena due giorni la popolazione dell’area inizia ad accusare disturbi alla pelle, nella zona iniziano ad aumentare i casi di cloracne, una malattia che provoca eruzioni cutanee riconducibili all’esposizione alla diossina. In poco tempo il numero totale di casi sale a quota 193. Aumentano inoltre i casi di linfomi, leucemie e mielomi, i tumori alle mammelle e al retto.

IL DISASTRO AMBIENTALE

Il disastro di Seveso che ha sconvolto l’Italia e poi l’Europa, è considerato uno dei peggiori disastri ambientali, tanto che nel 2010 il Time ha inserito questo incidente nella classifica dei peggiori disastri ambientali. Seveso si attesta dunque all’ottavo posto. Mentre la Cbs nello stesso anno lo ha inserito tra le più brutte e pericolose catastrofi umane ambientali di sempre.

I cittadini vengono fatti evacuare, le case bonificate o distrutte. Le piante iniziano a seccarsi, mentre gli animali malati vengono soppressi. Le donne incinte, nonostante l’aborto nel 1976 non fosse ancora legale, in via del tutto eccezionale riescono ad accedere all’interruzione volontaria di gravidanza.

I DATI EPIDEMIOLOGICI SULLA MORTALITÀ

Sono diversi i studi realizzati per valutare la mortalità a lungo termine legata alla diossina. Il primo copre gli anni fino al 1986, il secondo fino al 1991, il terzo arriva fino al 1996 e il quarto, che al momento è il più aggiornato, fino al 2001. Si parla dunque di un report che copre un periodo di 25 anni, e nel quale sono riportati i dati sulla salute della popolazione esposta alla diossina, e su un campione di persone di riferimento che invece non è stato esposto. Lo studio inoltre prevede la divisione del campione in base alle zone A, B ed R, a seconda del grado di contaminazione della zona di abitazione.

Il programma che ha coinvolto 280mila persone dell’area brianzola, di cui quasi 6mila residenti nelle zone più colpite, ha confermato il rischio tossico e carcinogenico dell’esposizione a Tcdd nell’uomo.

I controlli dell’area nei pressi dell’industria di profumi e cosmetici

Come scrive l’Istituto superiore di sanità “in base ai dati più recenti, il risultato più significativo riguarda l’incremento nelle zone più inquinate di neoplasie del tessuto linfatico ed emopoietico, in particolare per le donne: nella zona A (quella immediatamente intorno al luogo dell’incidente) il rate ratio è di 3,17, e nella zona B (quella più vasta intorno alla zona A) di 1,94. Il dato più alto riguarda i linfomi non-Hodgkin nella zona A (rate ratio di 4,45), mentre nella zona B il rate ratio per tutti i linfomi è di 2,14 e per i mielomi di 3,07. Fra gli uomini, l’unico dato in eccesso significativo riguarda la mortalità per leucemie, con un rate ratio di 2,07 nella zona B”.

Gli effetti dell’incidente di Seveso non si limitano soltanto ai tumori, nelle zone A e B sono stati osservati incrementi della mortalità per malattie circolatorie nei primi anni dopo l’incidente, di malattie croniche ostruttive dei polmoni e di diabete mellito fra le donne.

DIRETTIVA SEVESO

A seguito dell’incidente, nel 1982 il Consiglio europeo decide di adottare la direttiva 82/501/CEE, nota come direttiva Seveso.  Gli stati membri decidono dunque di sottoscrivere un accordo grazie al quale identificare  gli impianti industriali a rischio e non solo. In base all’accorso gli stati decidono di adottare provvedimenti sulla prevenzione di grandi incidenti legati a questi siti.

Nel 1996 viene approvata la direttiva Seveso II, con la quale viene ridotto il numero di sostanze definite pericolose ma viene esteso il campo di applicazione della direttiva. Nel 2012 viene adottata la direttiva Seveso III che tiene conto delle modifiche avvenute alla legislazione UE sulla classificazione delle sostanze chimiche pericolose e concedendo più potere ai cittadini.

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