Un viaggio tra simboli, usanze e galateo internazionale a tavola, oltre i luoghi comuni della globalizzazione.
Il cibo non è solo un alimento utilizzato per nutrirsi, ossia una sostanza non lavorata, lavorata o solo parzialmente, destinata ad essere ingerita, di cui si prevede il consumo dell’essere umano, ma in qualunque società ha assunto dei significati simbolici molto rilevanti. Il rapporto col cibo è uno dei principali temi di studio delle scienze sociali, perché esso è un’esigenza primaria per qualsiasi organismo vivente vegetale o animale. Inoltre, per i mammiferi, l’alimentazione rappresenta la prima interazione sociale con un altro individuo e di rapporto sociale.
Quindi l’aspetto simbolico assume una funzione rilevante. Nel senso che nella specie umana il soddisfacimento delle funzioni vitali per il sostentamento del singolo si intreccia con il soddisfacimento delle funzioni vitali per il mantenimento dell’equilibrio del sistema sociale, condizione indispensabile alla sua persistenza nel tempo e nello spazio. Il cibo come cultura dell’alimentazione, permette di pensare ad esso non solo in quanto più o meno commestibile e nutriente, ma come strumento propiziatorio, curativo, rivestendo così il mangiare e il bere di un valore e di un significato ulteriori rispetto a quelli strettamente funzionali: diversamente dalle altre specie animali, mangiare e bere per l’uomo non coincide mai soltanto con il cibarsi e l’abbeverarsi.

Per questi motivi, stare a tavola, seppure si consuma il pasto, lo si fa in maniera diversa in ogni cultura, perché differenti sono i modelli sociali di riferimento. Sul web è apparso una sorta di decalogo sui vari modi e significati della convivialità e della condivisione, seppure la globalizzazione abbia tentato di omologarli, sminuendo le diversità.
In Corea del Sud, ad esempio, sia nella propria dimora che al ristorante, al posto dei tovaglioli si usano fogli di carta igienica. Un modo, forse di unire l’utile (il wc) al dilettevole (il pasto) o per risparmiare, chissà! La Cina ricorda situazioni fantozziane. Ruttare a tavola è un segno di gradimento, di compiacimento e ringraziamento. Un gesto di cortesia, che sembra essere scomparso nei contesti più formali. In Giappone produrre rumore mentre si consuma il pasto è un gesto eloquente dell’apprezzamento del cibo che si sta gustando. Al contrario, stare in silenzio equivarrebbe ad un comportamento maleducato. In India mangiare con le mani diverse pietanze è consuetudine, ma bisogna, assolutamente usare la mano destra. La sinistra, nella cultura mediorientale tradizionale, è considerata “impura”, in quanto utilizzata per la pulizia delle parti intime. Da qui è nato l’ostracismo verso le persone mancine.

Una strana abitudine è rimasta nel galateo francese, ossia di non tagliare l’insalata col coltello. Una regola che risale, forse, al periodo aristocratico, quando si stava a tavola con le posate d’argento, che si ossidavano entrando in contatto con l’insalata e l’aceto, annerendosi. Oggi che si usano posate di altro genere, la consuetudine è rimasta e i francesi ne sono orgogliosi, perché molto legati alla loro tradizione. Questo piccolo “excursus” storico-culturale è la conferma che ognuno a tavola ci sta come più gli aggrada, secondo i propri modelli culturali di riferimento. Inoltre, prima di biasimare comportamenti altrui che risultano inconciliabili coi propri, meglio cercare di conoscerne il contesto storico. Le affermazioni apodittiche sono da condannare in ogni campo, persino a tavola!