Lo dichiara Gennarino De Fazio, Segretario Generale della UILPA. La vittima è un marocchino di 41 anni che si aggiunge alla spirale di morte.
Venezia – “Marocchino, 41 anni da poco compiuti, in carcere con l’accusa di rapina e resistenza a pubblico ufficiale, fine pena provvisorio fissato a febbraio del prossimo anno, ma ha deciso di non attenderlo o, forse, a suo modo di vedere di anticiparlo, impiccandosi nel primo pomeriggio nella sua cella del carcere veneziano di Santa Maria Maggiore. È il 79esimo detenuto che si toglie la vita dall’inizio dell’anno, cui si devono aggiungere 7 appartenenti al Corpo di polizia penitenziaria che, altresì, si sono tolti la vita, in quella che è una vera e propria spirale di morte destinata, presumibilmente, a sbaragliare di gran lunga ogni precedente record negativo”. Lo dichiara Gennarino De Fazio, Segretario Generale della UILPA Polizia Penitenziaria.
“A Venezia si contano 270 detenuti a fronte di una capienza di 159 posti, gestiti da 147 operatori di Polizia penitenziaria, quando ne servirebbero almeno 240. Del resto, con 62.110 reclusi presenti a livello nazionale a fronte di meno di 47mila posti disponibili, sono ben oltre 15mila i detenuti in sovrannumero, cui fa da contraltare una penuria di agenti per oltre 18mila unità. A ciò si aggiungano 3mila aggressioni alla Polizia penitenziaria, turni di servizio e carichi di lavoro massacranti e si ha la rappresentazione plastica di quanto le carceri versino in condizioni disastrose e non dignitose per un paese che voglia dirsi civile”, spiega il Segretario della UILPA PP.
“Urgono provvedimenti deflattivi della densità detentiva, vanno tangibilmente potenziati gli organici della Polizia penitenziaria, necessita garantire l’assistenza sanitaria e psichiatrica, vanno avviate riforme strutturali per reingegnerizzare l’intero apparato d’esecuzione penale e, particolarmente, quello inframurario”, conclude De Fazio. La scia di sangue nelle carceri non si ferma: l’ultimo caso in ordine di tempo era stato quello di un detenuto di 53 anni che si è suicidato nei giorni scorsi nel carcere di Santa Maria Capua Vetere. A darne notizia era stato il Garante regionale Samuele Ciambriello, che ricordava essere il “decimo suicidio in Campania”.
“Ormai nelle carceri Italiane dall’inizio dell’anno – denunciava Ciambriello – sono 78 i suicidi, 1335 i tentativi di suicidio a metà settembre, mentre nella nostra regione sono circa 100 i detenuti che hanno tentato di uccidersi, dieci i suicidi. La politica è assente, tace. Le carceri italiane sono diventate una discarica sociale, troppi i tossicodipendenti, i detenuti psichiatrici”. Il dramma dei suicidi in carcere è stato un tema affrontato giorni fa dal Ministro della Giustizia, Carlo Nordio, con il Presidente del Comitato Prevenzione Tortura del Consiglio d’Europa, Alan Mitchell. L’incontro in via Arenula è stata l’occasione per illustrare le iniziative avviate dal governo per affrontare le criticità del sistema carcerario. Il Guardasigilli ha affrontato con il presidente Mitchell il dramma dei suicidi nelle carceri, sul quale il Ministero sta intervenendo con grande attenzione: “abbiamo triplicato le risorse destinate al coinvolgimento di esperti psicologi, passando da 4,5 milioni a 14,5 milioni di euro di investimenti per la prevenzione dei suicidi”.
Ma si continua a morire in cella. Il bollettino di morte continua a salire. Nel Focus per l’anno 2024 del Garante Nazionale dei diritti delle persone private della libertà nazionale, i dati erano aggiornati al 16 settembre: erano 67 suicidi da inizio 2024, +19 rispetto al 2023. Ma nel frattempo l’emergenza non si è fermata e la cifra sale impietosa: altri dieci casi dalla data di quel report. Numeri che variano di ora in ora. Ma il Focus del Garante ha tentato di andare a fondo del dramma, analizzando la mappa della scia di morte, l’identikit di chi si toglie la vita e il perché del gesto estremo. Innanzitutto emerge il numero dei penitenziari coinvolti. Gli istituti in cui si sono verificati i suicidi sono 46 (pari al 24% del totale delle strutture penitenziarie): 41 Case circondariali e 5 Case di reclusione.
Va evidenziato che le sezioni maggiormente interessate sono quelle a custodia chiusa, con 57 casi (pari all’85%), mentre in quelle a custodia aperta sono stati registrati 10 casi (pari al 15%). Delle 67 persone che si sono tolte la vita in carcere (fino al 16 settembre scorso), 29 erano state giudicate in via “definitiva” e condannate (43%), mentre 9 avevano una posizione cosiddetta “mista con definitivo”, cioè avevano almeno una condanna definitiva e altri procedimenti penali in corso; 24 persone (36%) erano in “attesa di primo giudizio”, 2 ricorrenti, 2 appellanti e 1 internato provvisorio.
La maggior parte delle persone era accusata o era stata condannata per reati contro la persona 34 (pari al 51%), tra questi si riportano quelli di maggiore rilievo: 13 per omicidio (tentato o consumato), 8 di maltrattamento in famiglia e 4 di violenza sessuale. A seguire i reati contro il patrimonio 23 (pari al 34%), per legge droga (5). Poco significativi sul piano statistico appaiono invece gli altri tre tipi di reato: contro le immigrazioni clandestine (1) per detenzione di armi (2) e concorso in reato (1), per atti persecutori (1) e in 1 caso il dato è mancante.
Tra i detenuti che si sono suicidati, 35 persone, (pari al 52%), si sono suicidate nei primi 6 mesi di detenzione; di queste: 7 entro i primi 15 giorni, 5 delle quali addirittura entro i primi 5 giorni dall’ingresso. Analizzando i dati relativi agli eventi critici, è stata rilevata la presenza di eventuali fattori indicativi di fragilità o vulnerabilità. La lettura ha fatto emergere che 36 persone (pari al 54%) erano coinvolte in altri eventi critici e di queste 16 (ossia il 24%) avevano precedentemente messo in atto almeno un tentativo di suicidio. Inoltre, 14 persone (ossia il 21% dei casi) erano state sottoposte alla misura della “grande sorveglianza” e di queste 5 lo erano anche al momento del suicidio.