Denatalità: Lancet, nel 2100 il 97% dei Paesi sarà vittima dell’inverno demografico

Il mondo, secondo la rivista inglese, sarà investito da un calo della popolazione, con un numero di morti superiori alle nascite.

Roma – Il livello di fertilità è a forte rischio! Fino a qualche anno fa, tra gli studiosi dei fenomeni demografici e sociali, dominava l’idea che la terra fosse troppo popolata, con le inevitabili conseguenze di questa condizione: scarsità di cibo, di spazio fisico disponibile, eccessivo sfruttamento delle risorse ambientali. Oggi, invece, secondo una ricerca pubblicata da Lancet -prestigioso settimanale medico inglese- il problema è la denatalità. Secondo i parametri scientifici, per avere un ricambio generazionale, nel lungo periodo, il numero di figli per donna in età fertile, dovrebbe essere pari o maggiore a 2,1. Ma questo dato è in continuo decremento e si stima che, continuando di questo passo, nel 2100 il 97% dei Paesi sarà vittima di questo fenomeno! Dal punto di vista demografico avremo un mondo spaccato a metà.

Da una parte alti livelli di fecondità, in pochi ma popolati Paesi a basso reddito e dall’altra, tanti Paesi con bassi livelli di natalità. Gli effetti di questo fenomeno demografico provocheranno un calo della popolazione, con un numero di morti superiori a quello delle nascite. Solo in qualche Paese africano, come Uganda e Angola avverrà il contrario. Dal punto di vista socioeconomico, in molte parti del mondo, con molta probabilità, si assisterà ad un incremento dell’economia, ma la forza lavoro calerà per mancanza di risorse. Inoltre, si dovrà pensare a come e dove trovare le risorse finanziarie per curare una popolazione sempre più vecchia. 

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Al contempo, nell’Africa sub-sahariana, il problema sarà il contrario. Ovvero come mantenere una popolazione giovane e prolifica, con istituzioni politiche ed economiche molto instabili, clima torrido e sistemi sanitari superficiali. Le soluzioni sono difficili da trovare e nessuno è in possesso della bacchetta magica che con un incantesimo possa risolvere la situazione. C’è da dire che, sotto certi aspetti, il calo delle nascite ha una valenza positiva. Ovvero, è la dimostrazione dell’evoluzione nell’istruzione femminile e diffusione dei metodi contraccettivi. Infatti, sembra quasi un doveroso requisito, oggi, mettere al mondo dei figli il più tardi possibile o, farne meno, perché le priorità sono altre: un alto livello di istruzione ed un lavoro soddisfacente.

Aspetti che rappresentano anche una garanzia di crescita economica e di benessere per la collettività. E’ qui che dovrebbero intervenire le politiche di welfare con maggiori congedi parentali, asili nido, incentivi fiscali, una maggiore conciliazione tra tempi di vita e tempi di lavoro. In questo modo, potrà verificarsi una piccola crescita del tasso di fertilità. Ma la maggioranza dei Paesi -sempre a parere degli studiosi- rimarrà al di sotto dei livelli minimi di ricambio generazionale, per cui saranno urgenti politiche migratorie aperte. E non per solidarietà umana, ma perché ne abbiamo bisogno. Se si vuole consolidare la crescita economica, sono necessarie braccia. E l’Africa ne ha da esportare! In fondo sarebbe l’incontro tra domanda e offerta di lavoro, alla base dell’economia di mercato. Cosa si vuole di più dalla vita?

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