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Ddl Nordio approda in Parlamento, ma la spaccatura è dietro l’angolo

Semina il panico tra la minoranza il ddl del ministro della Giustizia e getta nello “sconforto” le toghe italiane. Eppure è già tutto “deciso”: vacanze permettendo la “mossa” di Nordio, a stretto giro, arriverà alle Camere. La politica italiana, nemmeno a dirlo, si divide e osserva da spettatrice impotente le direttive Ue in materia di abuso d’ufficio e corruzione.

Roma – La giustizia ancora sul banco degli imputati. Si avvia il percorso parlamentare sul disegno di legge del ministro Carlo Nordio, pronto per approdare in Parlamento. Il Presidente della Repubblica, infatti, ha autorizzato l’invio del provvedimento alle Camere, anche se ci sono voluti una settimana di attesa e un colloquio con la stessa Giorgia Meloni.

Un faccia a faccia importante, di cui si conoscono solo indiscrezioni, non essendo pervenute note ufficiali che potessero far comprendere, con esattezza, il merito delle questioni discusse. L’unica ipotesi, in ogni caso, messa a fuoco sembra essere, in particolare la compatibilità con la normativa europea e sull’abolizione dell’abuso d’ufficio, già riformato nel 2020.

Ma dal momento che il testo è ancora soggetto alle modifiche di Camera e Senato, “nulla questio”. Così vi è stato il via libera dal Quirinale. Nel giro di poche ore, però, dalla maggioranza è arrivato un segnale non proprio rassicurante. In commissione per le Politiche Ue, infatti, la direttiva di Parlamento e Consiglio europeo sulla lotta alla corruzione è stata bocciata dalla maggioranza. E la possibilità di un nuovo fronte aperto si concretizza

Il ddl Nordia è pronto a “entrare” alla camera dei deputati

La direttiva europea, infatti, ribadisce l’importanza del reato di abuso di ufficio, ma appunto trattasi di un orientamento europeo, che, come tale, può essere accettato o meno da ogni Stato membro dell’Ue. Ora, nonostante il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, abbia sottolineato che la questione dell’abuso di ufficio sia una facoltà del singolo Stato nazionale, lo scontro si è materializzato subito, con una serie infinita di dichiarazioni da parte delle opposizioni, non sempre però uniformi.

Sono tantissimi gli amministratori dem che vedono di buon occhio la riforma e ritengono possa dare maggiore serenità ai Sindaci, sempre sull’orlo di una crisi di nervi, per il timore che ogni loro atto possa essere oggetto di indagine e responsabilità penale. Vedendo, in tal modo, finita la loro credibilità e carriera politica, nonostante le tante bolle di sapone in cui sono finiti i procedimenti penali la cui imputazione principale era basata sull’abuso d’ufficio.

“Ieri la pace fiscale e i condoni, oggi il no alla direttiva europea anticorruzione. Ecco la destra italiana”, ha commentato il capogruppo del Partito democratico in Senato, Francesco Boccia. Il capodelegazione dem al Parlamento europeo, Brando Benifei, ha aggiunto:

“Il Parlamento italiano in questa maniera prende una posizione sbagliata, per fortuna non vincolante per l’iter europeo della legge, che ci mette nuovamente in difficoltà in Europa. Di fronte allo sforzo che si sta facendo per aumentare la condivisione di informazioni e il coordinamento operativo europeo per la lotta alla corruzione e ai reati ambientali, non può essere proprio il nostro Paese a mettersi di traverso”.

Il capogruppo del Pd in Senato, Francesco Boccia

Come detto, non tutta l’opposizione è sembrata così intransigente; infatti, non la pensa allo stesso modo il leader di Azione, Carlo Calenda, che ha criticato la posizione di Bruxelles, affermando che “…l’Ue sta sbagliando, non si combatte la corruzione aggiungendo reati. Io sono un profondo europeista, ma se tu apri 100 cause per abuso d’ufficio e ne vinci otto delegittimi il lavoro di tutta la magistratura”.

La maggioranza sostiene, in ogni caso, che la direttiva europea contrasta con i principi di sussidiarietà e proporzionalità e che, in materia penale, gli Stati debbano essere autonomi. Comunque, c’è ancora tempo per eventuali modifiche parlamentari, che possano garantire la legittimità costituzionale e la compatibilità delle norme proposte con i vincoli europei. Una abrogazione integrale della fattispecie, però, rischia di trasformarsi in una scelta che privilegia e protegge la pubblica amministrazione che con atti arbitrari prevarica i privati mediante un abuso di pubblici poteri non riconducibile al classico delitto di violenza “privata” (art. 610 c.p.). A proposito di riforme, il processo breve che fine ha fatto…? È in agenda…?

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