Dal bacio col chewing gum ai droni ai francobolli, come entra la droga in carcere

L’ultimo caso degli stupefacenti nelle pietanze. Situazione allarmante: la “roba” fa il suo ingresso dietro le sbarre con vari escamotage.

Roma – La droga entrava in carcere con le pietanze consegnate a un detenuto, che poi “apriva il market” per la vendita al dettaglio delle dosi dietro le sbarre. L’ennesima storia di denuncia di quanto sta accadendo nei penitenziari italiani, tra piazze di spaccio e business di schede sim e cellulari per comunicare con l’esterno è allarmante e arriva da Barcellona Pozzo di Gotto. Nove gli arrestati con le accuse di detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti e associazione criminale dedita al narcotraffico. Ma cosa sta accadendo? Due settimane fa, sempre in Sicilia, la polizia penitenziaria aveva denunciato la situazione a Caltanissetta.

I modi per introdurre droga e telefonini sono svariati. Nel cibo, come nel caso di Barcellona Pozzo di Gotto, oppure attraverso i droni, come è accaduto a Caltanissetta. In quest’ultimo caso i finanzieri hanno arrestato due “corrieri” che volevano recapitare il tutto dietro le sbarre, con i prodigi tecnologici più utilizzati per questo scopo. E ancora, la “roba” fa il suo ingresso in carcere attraverso le visite di parenti e amici, oppure con il lancio dall’esterno di palline o involucri appesantiti, contenenti sostanze stupefacenti. Altre volte vengono lanciati dei pacchettini che finiscono sui terrazzini: attraverso rudimentali strumenti formati da mazze a cui vengono attaccati specchi per localizzare gli involucri. Pacchetti recuperati spesso usando scope e fili.

Droga nel cibo in carcere

Molte volte si è scoperta droga nelle suole, oppure nelle scarpe, negli orli dei pantaloni e di altri capi di vestiario o nella schiuma da barba. Classico è il caso di droga nel chewing gum che attraverso il bacio del saluto alla fine dei colloqui, passa dal familiare al detenuto e che poi viene subito inghiottito prima della perquisizione da parte del personale, per poi recuperarlo in seguito. Altro stratagemma usato è quello della posta in cui la droga è mischiata alla colla per attaccare i francobolli, oppure si trova in micro granuli ben dissimulati nelle lettere. E ancora, l’escamotage di bagnare un indumento (jeans, magliette e altro) in una soluzione di acqua e stupefacente, farlo asciugare per poi consegnarlo al detenuto che invertendo l’operazione e facendo evaporare l’acqua, riesce a ricavare la sostanza. Cocaina e eroina entrerebbero anche mischiate nelle vivande cotte che i familiari portano ai detenuti.

Giorni fa la denuncia del Sappe, Sindacato autonomo di polizia penitenziaria a Verona: “Il carcere di Montorio come una piazza di spaccio. È oramai continua l’azione di contrasto per l’introduzione, la detenzione e l’uso di telefoni cellulari e droga in carcere che vede quotidianamente impegnati gli uomini e le donne del Corpo di Polizia penitenziaria di Verona”. E Donato Capece, segretario generale del Sappe rinnova al Dap la richiesta di “interventi concreti come, ad esempio, la dotazione ai Reparti di Polizia Penitenziaria di adeguata strumentazione tecnologica di ultima generazione per contrastare l’indebito uso di telefoni cellulari o ogni altra strumentazione elettronica da parte dei detenuti nei penitenziari italiani”.

A febbraio scorso la vicenda che ha riguardato il carcere di Carinola, in provincia di Caserta. In questo caso droga e cellulari erano all’interno di confezioni sottovuoto di salumi e formaggi. I carabinieri di Capua hanno scoperto un vasto traffico di sostanze stupefacenti, sim e dispositivi telefonici tra i detenuti. Sono in tutto 14 le persone poste in custodia cautelare in carcere e agli arresti domiciliari, tutte indiziate dei reati di “detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti” nonché “accesso indebito a dispositivi idonei alla comunicazione” presso il carcere di Carinola. E ancora, tre mesi dopo un altro caso a Velletri. Cocaina e hashish in carcere, ben nascosti, insieme a generi alimentari confezionati sottovuoto e beni di prima necessità, all’interno di pacchi destinati ai detenuti.

Sono entrati così per mesi, tra il gennaio e il giugno 2023, nel carcere di Velletri gli stupefacenti, per un giro di circa 80mila euro. A gestirlo erano alcuni dei detenuti stessi, che potevano contare sulla complicità di amici e parenti. Il vasto traffico, scoperto dai carabinieri di Velletri, ha portato all’arresto di 33 persone per lo più italiane (5 sono donne). Infine un anno fa la scoperta di un market degli stupefacenti nel carcere di Biella. Per questa vicenda sono state eseguite 53 ordinanze cautelari (33 in carcere e 15 agli arresti domiciliari). La polizia ha stroncato lo spaccio all’interno del carcere di Biella.

E ancora c’è l’allarme Fentanyl, la droga degli zombie, che è stata anche al centro dell’intervento del ministro della Giustizia, Carlo Nordio, alla conferenza stampa di presentazione, a palazzo Chigi, della Relazione annuale al Parlamento sul fenomeno delle tossicodipendenze in Italia. “Abbiamo disposto una mirata attività di monitoraggio sulla diffusione all’interno degli istituti penitenziari”, ha detto il Guardasigilli, “sia sull’utilizzo del farmaco che sulle prassi di somministrazione”.

Sull’attività avviata da via Arenula, il ministro Nordio ha spiegato che i provveditorati regionali sono stati invitati a comunicare agli istituti di propria competenza diverse informazioni: tra l’altro, i quantitativi di farmaci Fentanyl presenti nelle infermerie, e in quali forme; quanti sono i pazienti ai quali viene prescritto il farmaco (in forma anonima), la tipologia di trattamento sanitario e le dosi quotidianamente distribuite. Ma anche informazioni sulle modalità operative di circolazione del farmaco: se per esempio i “cerotti” vengono riconsegnati dal paziente dopo l’uso, ovvero se rimangono nella sua disponibilità. Questo, per intervenire sul rischio che “i cerotti vengano scambiati tra persone detenute”, ha evidenziato il Ministro.

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