A 30 anni da “Mani Pulite” non si fermano le inchieste e gli arresti “eccellenti”. E un italiano su 3 percepisce un aumento del malaffare.
Roma – Arresti “eccellenti”, amministratori locali nel mirino, partiti politici nella bufera da Nord a Sud. Uniti dall’allarmante fil rouge della corruzione. Lo scenario è da far tremare i polsi: da Bari, dove l’intreccio mafia e politica svelato dall’inchiesta Codice Interno ha travolto, tra le 130 persone finite in carcere, anche Carmen Lorusso, consigliera eletta con il centrodestra e poi passata nella maggioranza di Decaro, e suo marito Giacomo Olivieri, ex consigliere regionale e fatto scattare la verifica della Commissione inviata dal Viminale. Poi le foto del sindaco Antonio Decaro – a sua insaputa – con la sorella del boss quando era assessore, storia tirata fuori dal governatore Michele Emiliano, che per giorni ha creato non poche polemiche. La Puglia da quel momento non ha avuto più pace.
Come in un effetto domino, giorni dopo un’altra inchiesta per corruzione elettorale: scattano le manette – i domiciliari – per Alessandro Cataldo, marito dell’assessore regionale Anita Maurodinoia (che risulta a sua volta indagata e si è dimessa), e il sindaco di Triggiano Antonio Donatelli, nel mirino per associazione a delinquere. L’inchiesta della Procura sulla presunta compravendita di voti è stata avviata dopo il ritrovamento, il 6 ottobre del 2021, in un cassonetto per l’immondizia, di frammenti di fotocopie di documenti d’identità e codici fiscali. In quel di Bari però non era finita.
Col passare dei giorni sono arrivati gli arresti eccellenti dei fratelli Pisicchio: l’ex assessore della Regione Puglia, il leader di Senso civico Alfonso Pisicchio, tra i fedelissimi di Michele Emiliano, e suo fratello Enzo, sono finiti agli arresti domiciliari sempre per corruzione per atto contrario ai doveri d’ufficio, corruzione per l’esercizio della funzione, truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, falsità materiale, turbata libertà degli incanti, emissione di fatture per operazioni inesistenti. Poche ore prima di essere arrestato, l’ex assessore all’Urbanistica della giunta Emiliano si era dimesso dalla guida dell’agenzia per la Tecnologia della Puglia, spiegando che dietro la sua scelta “non c’era nessuna dietrologia”.
E mentre la Puglia, con il Pd nel mirino “bruciava” tra le inchieste agitate dal mare della corruzione, a Torino arrivava un’altra bomba per il Partito Democratico, con il coinvolgimento nell’inchiesta Echidna – che ha portato a 9 arresti – dello storico politico locale dem Salvatore Gallo. Anche qui emergono ombre sul presunto voto di scambio – “Se non mi trovi 50 voti ti tolgo il saluto”, avrebbe detto al telefono come emerso dalle intercettazioni – .per le amministrative del 2021. Voti per un candidato del Pd da piazzare in consiglio comunale. E proprio episodi di questo tipo, secondo il gip di Torino, hanno mostrato il volto di quella che è stata definita come una vera e proprio “politica clientelare” di Gallo: voti in cambio di favori di vario tipo, come una prestazione medica, o assunzioni, promozioni e nomine varie.
Una bufera sul Piemonte, che ha travolto anche Raffaelle Gallo, figlio di Salvatore, che a tutela della sua famiglia e dei figli – come da lui stesso sottolineato – ha voluto fare un passo indietro dalla carica di capogruppo regionale del Pd in Piemonte, dimettendosi, e si è ritirato dalla corsa alle europee che lo vedeva come capolista. Puglia, Piemonte, e non solo. In queste ore anche la Sicilia è stata gettata nel caos da un’altra inchiesta eccellente sulla corruzione e il voto di scambio che ha portato alla sospensione del vicepresidente della Regione Sicilia Luca Sammartino.
Tutto è scoppiato al termine di un’indagine della Procura condotta dai carabinieri tra il 2018 e il 2021 che ha fatto luce su accordi illeciti tra alcuni amministratori del comune di Tremestieri Etneo ed elementi vicini alla cosca mafiosa “Santapaola-Ercolano”, riguardanti l’elezione nel 2015 dell’attuale sindaco Santi Rando, destinatario della custodia cautelare in carcere per scambio elettorale politico-mafioso e corruzione aggravata, quanto la “successiva degenerazione affaristica” dell’Ente, messa in atto dai funzionari infedeli mediante numerose corruttele, per concedere permessi e assegnare lavori agli imprenditori amici”.
E mentre la Sicilia trema, per la Campania non va meglio. Oggi la notizia sull’ex sindaco di Avellino, Gianluca Festa, finito agli arresti domiciliari con l’ex vicesindaco di Avellino, Laura Nargi. La vicenda ruota intorno ad una presunta manipolazione degli appalti pubblici: secondo la Procura di Avellino Festa avrebbe favorito alcune aziende locali in cambio di una sponsorizzazione per la DelFes, società di basket locale che milita nella serie B; con lui sono indagati Gennaro Canonico e il fratello Andrea, rispettivamente proprietario e commercialista della squadra. I reati ipotizzati sono associazione per delinquere finalizzata alla corruzione, falso in atto pubblico, turbativa d’asta e omissione di atti d’ufficio.
Insomma, nelle ultime settimane la politica italiana, in diversi contesti, è stata coinvolta in scandali legati a episodi di corruzione. Un fenomeno che da oltre trent’anni, con l’avvio dell’inchiesta “Mani Pulite”, tiene banco e non si arresta. Un elemento che, anche secondo l’opinione della maggioranza degli italiani, – come riportano i dati di Euromedia Research – è radicato e costante nella politica italiana. Infatti il 56,8% della popolazione ritiene che, solo negli ultimi 10 anni, la corruzione in politica è rimasta stabilmente su un alto livello di diffusione, mentre quasi 1 italiano su 3 (il 30,1%) ne percepisce addirittura un aumento.
Un’opinione comune e trasversale – raccolta su un campione di 800 persone – tra gli elettori di tutti i partiti politici. Inoltre, la corruzione politica viene percepita come un fenomeno comune che interessa tutti gli schieramenti. Per quasi 3 italiani su 4, dunque, non è caratteristica di una particolare parte politica, ma è un fenomeno che attraversa gli affari pubblici da destra a sinistra. Anche su questo aspetto, emerge che c’è una corrispondenza di opinione tra gli elettori di tutti i partiti e, a parte piccole prese di posizione e di difesa del proprio schieramento, tutti concordano su una corruzione trasversale.
Eppure da più parti, e in più schieramenti, si è sempre sventolato il mantra della questione morale, e si è addirittura utilizzato per la propria battaglia contro gli altri, scoperchiando altarini e dietrologie. A partire dal M5S che è nato per “aprire il Parlamento come una scatoletta di tonno”, per fare allontanare dalla politica lo spettro della corruzione.