Crisi di governo: Draghi lascia o raddoppia?

Il colpo di scena tanto annunciato alla fine c’è stato. Il Senato si è espresso sulla risoluzione di Casini. Presenti 192 senatori, votanti 133, voti a favore 95, contrari 38, astenuti nessuno. Il Premier ha comunque ottenuto la fiducia. Oggi Draghi andrà alla Camera e poi se ne riparlerà con il Capo dello Stato. Borsa giù, Spread su, a rischio il Pnrr.

Roma – Il discorso di Draghi al Senato ha svelato finalmente la strategia dei partiti. Questa strana crisi politica, con una forte maggioranza parlamentare, si è finalmente avviata alla conclusione. Una tragica conclusione per il Bel Paese. Era bastato per Draghi che il M5s non votasse la fiducia per un solo provvedimento per determinare le sue dimissioni, poi respinte da Mattarella. Stavolta le sue dimissioni sono state “una scelta sofferta ma dovuta”. Ma sarà proprio cosi?

Tante altre volte era successo che altri partiti della maggioranza, come Italia Viva e Lega, non votassero qualche proposta governativa o addirittura ne proponessero una alternativa, ma nulla di tutto questo aveva portato il Premier a pensare di gettare la spugna come in quest’ultima vicenda. Tante sono state le sollecitazioni e gli inviti, rivolti a Draghi. affinché ci ripensasse e continuasse a dare il suo contributo di servizio all’Italia, da parte di autorità europee, internazionali, della società civile, amministratori regionali e locali. Non c’è stato nulla da fare.

Circostanza, peraltro, che ha scatenato l’ira della leader di FdI. Forse perché la Meloni ha “toccato con mano” gli umori degli italiani, che in ogni caso contraddicono la sua ferma opposizione al governo Draghi. Il mantra recitato in questi giorni per la leader della destra è stato sempre e solo l’invito ad andare alle elezioni. Addirittura, qualche quotidiano ha anche ipotizzato che è pronta la lista, con tanto di nomi, dei ministri di Fratelli d’Italia. Insomma, per fortuna la vicenda, in qualunque modo, si avvia alla conclusione, così si conoscerà la sensibilità di Draghi e le vere intenzioni della maggioranza.

Giorgia Meloni e Mario Draghi

Scontato l’esito parlamentare del voto, unico imputato era in un primo momento il gruppo del M5s a cui dopo il discorso di Draghi si è aggiunto il centrodestra che ha lanciato le proprie condizioni, chiedendo discontinuità, cioè un nuovo governo senza i Cinque stelle, o in alternativa elezioni anticipate. In questo contesto sono apparse subito scontate la reiterazione delle dimissioni di Draghi nelle mani di Mattarella, il quale nella pausa dei lavori parlamentari ha sentito telefonicamente tutti i leader della maggioranza.

Certamente dopo tante grida di irresponsabilità rivolte a Conte ed al M5s, vedere anche la Lega e F.I. porre nuove alternative difficilmente accogliibili dal Premier è qualcosa che non ci si aspettava. In tal modo un nuovo “papeete” ha sconquassato gli equilibri politici, avendo il sopravvento rispetto le dinamiche “contiane”. In ogni caso comunque vada, questa crisi da drammatica sta diventando ridicola, quel che è certo sarà che chi eventualmente si incaricherà di staccare la spina si assumerà la responsabilità di tale scelta. Niente di drammatico, ma certamente influenzerà i mercati finanziari, oscurando in Europa ulteriormente l’immagine della classe politica italiana. Insomma, così le elezioni anticipate appaiono più vicine.

Giuseppe Conte

Chi si aspettava un discorso morbido, che mettesse da parte i punti di frizione con i partiti della sua maggioranza è stato costretto a ricredersi. Draghi ha fatto Draghi. Nell’intervento al Senato il presidente del Consiglio ha elencato uno dietro l’altro tutti i punti dell’agenda di governo che dovranno essere realizzati se rimarrà a Palazzo Chigi, dalle scadenze del Pnrr, a partire dalle riforme, come quella della concorrenza comprese le concessioni ai balneari e le nuove regole per i taxi ed il no allo scostamento di bilancio per la riduzione del cuneo fiscale, come al nuovo decreto aiuti in arrivo a fine mese a sostegno del potere di acquisto delle famiglie.

Oltre naturalmente al pieno appoggio all’Ucraina che passa per il riarmo di Kiev. Nessuna apertura, dunque, ai partiti, ma solamente la disponibilità a continuare il proprio impegno ma alle proprie condizioni e con lo stesso governo. La replica di Draghi è stata dura e concisa, chiedendo altresì che venisse votata la fiducia, attraverso la risoluzione presentata da Casini, mentre il centrodestra ha confermato di votare la propria risoluzione presentata da Calderoli.

Mario Draghi lascia il Senato (Foto Ansa)

In buona sostanza M5S, Lega e Forza Italia pur presenti non hanno votato, mostrando il fondoschiena agli italiani. Il governo di unità nazionale che avrebbe dovuto con efficacia continuare a salvare il salvabile e a fare le riforme potrebbe non esserci più. Oggi giornata decisiva per Draghi con il dibattito alla Camera sulle comunicazioni rese al Senato e depositate a Montecitorio.

Intorno alle 11 era prevista la replica, dalle 13,45 la chiama per il voto di fiducia con risultato intorno alle 15. Con molta probabilità, la presenza di Draghi alla Camera sarà solo formale: giusto il tempo di annunciare le dimissioni che renderà nelle mani del Capo dello Stato. Comunque vadano le cose per il Bel Paese si prospettano mesi pesantissimi.

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