Crisi demografica e lavoro: entro il 2040 gli occupati saranno 2,4 milioni in meno

Lo dice la “Fondazione Nord Est”, forum ad hoc nato dalla sinergia tra Confindustria e le categorie economiche del territorio.

Roma – La popolazione invecchia: mancano giovani, donne e… migranti! La crisi demografica sta diventando un tema consueto nel dibattito pubblico, perché incide con rilevanza sulla struttura sociale e sulla sua composizione, con effetti sul mercato del lavoro e sulla previdenza sociale. Il Nord Italia, da questo punto di vista, avrà gli effetti più gravi. Secondo alcune stime, entro il 2040 si assisterà a un calo di occupati di 2,4 milioni. È quanto emerso dalla quarta nota a cura della “Fondazione Nord Est”, un forum economico nato dalla sinergia tra la Confindustria locale e le categorie economiche del territorio, che compie ricerche e analisi su questa particolare area geografica. I “maître à penser” della Fondazione ritengono che la cifra summenzionata si attuerà in assenza di interventi significativi. Anche perché il depauperamento del Nord avrà effetti negativi sul resto del Paese.

Per questo è necessario: attrarre e valorizzare i giovani; coinvolgere pienamente le donne nel mondo del lavoro; rinviare l’età del pensionamento; accogliere più immigrati. Per il primo intervento è urgente potenziare le infrastrutture digitali e dei servizi alla famiglia, creare Università con una visione più internazionale, rendere equipollenti i titoli di studio dei Paesi extraeuropei, legare la retribuzione non all’anzianità di servizio, ma al merito, innovare le imprese e rendere disponibili maggiori alloggi. Per sollecitare l’ingresso delle donne nel mondo del lavoro, è necessario incentivare i servizi di sostegno per la cura e l’assistenza di piccoli e anziani, che, com’è noto, gravano sulle donne da tempo immemore. L’aumento delle donne nei ruoli professionali apicali produrrebbe una crescita del PIL (Prodotto Interno Lordo) e la creazione di nuove opportunità di lavoro.

Quando si parla di età pensionabile si tocca un tasto dolente: allungarla oltre gli attuali 67 anni di età vuol dire dichiarare l’estinzione anagrafica. Secondo la Fondazione, l’allungamento avverrà quando i più anziani verranno sostituiti da quelli più giovani che, essendo entrati tardi nel mondo del lavoro, più tardi ne usciranno, anche perché è cresciuta l’età da dedicare all’istruzione e formazione. Questo ricambio fisiologico deve, tuttavia, essere accompagnato da nuovi posti di lavoro. Sempre a parere della Fondazione, ogni punto di crescita del tasso occupazionale tra la fascia di età 65-70 anni potrà produrre nel 2040 fino a 27 mila lavoratori nelle regioni settentrionali. Questa proiezione estesa su tutto il territorio nazionale potrebbe portare, sempre nell’anno fatidico 2040, a 2,3 milioni di occupati in più.

La Fondazione, dopo aver dato i… numeri, ha analizzato l’ultimo aspetto, ovvero quello riferito all’immigrazione, un altro argomento al centro del dibattito politico e pubblico. Secondo i calcoli effettuati dalla Fondazione, i tre rimedi possibili per combattere l’invecchiamento della popolazione e la glaciazione demografica lascerebbero comunque un vuoto di circa un milione di lavoratori. Ora, come riempire questo pertugio? Elementare: coi lavoratori immigrati. Attualmente il rapporto è 1 a 1, ma nei prossimi decenni avremo bisogno di tra 1,5 e 2,2 milioni di immigrati, tra i 90 mila e i 130 mila annui.

Queste cifre sono soggette a variazione, in quanto dipendono dall’efficacia delle misure summenzionate. I numeri saranno più congrui, quanto meno efficaci saranno state. Le richieste variano per aree geografiche e grandezza della struttura socio-economica. Per dimensioni, al primo posto c’è, ovviamente, la Lombardia, poi il Veneto, il Piemonte e, per finire, l’Emilia-Romagna. L’immigrazione non va sostenuta soltanto per mere ragioni economiche, ma anche perché potrà essere un valido deterrente contro la diminuzione e l’invecchiamento della popolazione. Non è una considerazione del tutto nuova: già la Banca d’Italia aveva trattato l’argomento con le stesse conclusioni. D’altronde, è quasi naturale che ciò avvenga. Se l’opulento occidente invecchia e fa pochi figli, appare scontato che li possa sostituire con quelli provenienti da alcuni Paesi asiatici e africani dove ne fanno in abbondanza!

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