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Cosa Nostra si costruisce il suo “brand”

Nelle scorse settimane a Marsala, in provincia di Trapani, i carabinieri hanno sequestrato uno stock di 13 kg di droga: hashish, marijuana e cocaina divisi in tanti piccoli pacchi su cui erano incollate le foto dei boss di Cosa Nostra.

Roma – Oltre a loro c’era anche la foto del personaggio de “Il Padrino”, la famosa trilogia cinematografica per la regia di Francis Ford Coppola degli anni’ 70, tratta dall’omonimo romanzo di Mario Puzo  basata sulla storia della potente famiglia mafiosa “I Corleone” di New York. Matteo Messina Denaro e Salvatore Riina sono stati due capi molto temuti di Cosa Nostra, il primo è stato arrestato di recente dopo 30 anni di latitanza.

Ci si potrebbe chiedere: “Perché la mafia si è creata un brand”? I manuali di economia ci vengono in soccorso e ci suggeriscono che: ”Un brand è la maniera con cui un’azienda si distingue dalla concorrenza. Può essere considerata come la personalità dell’azienda stessa per stabilire una connessione, spesso valoriale ed emotiva, coi propri clienti”. Prendendo per valide queste definizioni, è lecito porsi qualche domanda.

I panetti di droga “brandizzati” con le foto dei boss.

Se è vero che Cosa Nostra con questa iniziativa ha voluto distinguersi dalla concorrenza, ci si chiede: “quale concorrenza, se uno dei motivi per cui la mafia prospera è proprio l’inesistenza, perché soppressa, della concorrenza”? Inoltre, considerato il suo forte radicamento sociale, ha ancora bisogno di stabilire una relazione valoriale ed emotiva col proprio ambiente, in cui è sorta, cresciuta e prosperata? Quando i valori su cui si basa sono diffusi in maniera capillare e, forse, condivisi, su tutto il territorio, altrimenti non si sarebbe sviluppata in modo così pervasivo? Domande a cui è difficile dare una risposta esauriente e che spieghi il fenomeno. Probabilmente essendo diventata una grande holding (pare che, secondo alcune stime, fatturi circa 40 miliardi di euro, pari al 2% del nostro prodotto interno lordo), non fa altro che utilizzare gli strumenti che il marketing mette a disposizione.”

In realtà, l’utilizzo di nomi relativi alla criminalità organizzata per ragioni commerciali non è nuovo, è più diffuso di quando si pensi. Tanto che il fenomeno è stato definito “Mafia Marketing”, della serie il marketing non conosce confini e non guarda in faccia a nessuno! Nel mondo esistono quasi 300 locali che si rifanno alla mafia, sfruttando volti e fatti legati alla criminalità organizzata. Da una ricerca a cura di Coldiretti (Confederazione Nazionale Coltivatori Diretti, la più grande organizzazione agricola nazionale) è emerso, ad esempio, che in Spagna esistono locali con nomi quali “El padrino”, “La dolce vita del padrino” e “Baciamo le mani”, così come in altri Paesi del mondo, finanche nella tormentata Ucraina.

La Coldiretti a Palermo.

Addirittura l’Unione Europea, su richiesta dell’Italia, ha abolito la concessione del marchio alla catena di locali spagnoli “La Mafia se sienta a la mesa” (La Mafia si siede a tavola) perché in contrasto con l’ordine pubblico e il buon costume. Questo per dire che quando si tratta di incassare soldi il commercio è disposto a tutto. Del resto, i nostri avi latini solevano dire: Pecunia non olet (Il denaro non puzza).                                 

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