Per il MoVimento è necessario che si apra un dibattito ed un confronto congressuale nazionale tra gli attivisti, che non possono solo manifestarsi attraverso il clic della piattaforma “Rousseau”.
Chi non parla di politica? Un po’ tutti, e sembra essere normale, almeno 2400 anni. In verità, né l’uomo, né la società, possono fare a meno della politica, perché essa è arte del governare e quindi necessita delle scelte di ordine economico, sociale e militare. Ma per governare, in democrazia, serve prima il consenso della maggioranza dei cittadini. E il consenso si ottiene ingenerando la convinzione che il tuo modo di operare sarà migliore per tutti, o almeno per i più, rispetto a quello prospettato dalle altre forze politiche. Teoricamente, il consenso si dovrebbe pertanto ottenere in base ad un programma politico-economico che viene sottoposto all’esame dei cittadini. Teoricamente. Il consenso, nella società in cui viviamo, viene sempre più spesso trasversalmente “catturato”, quando l’offerta politica è variegata e multiforme, attraverso la propaganda. Maestri di propaganda, furono Hitler e Goebbels nella Germania nazista, mentre in Italia il primato spetta a Mussolini, abilissimo manipolatore pubblicitario. Questi ben sapevano che, a volte sono sufficienti pochi concetti, diretti ed immediati, di quelli che prendono la pancia delle persone ed obnubilano le facoltà cerebrali. Una visione del mondo e della società elementare in cui ogni formica deve compiere il proprio dovere a servizio del formicaio e della regina/fattrice delle formiche stesse. Dopo il fenomeno americano Trump, il primato europeo della propaganda non si può che attribuire all’abile Salvini che, con una comunicazione battente su pochissimi ed elementari concetti (sicurezza, immigrazione ed “primato degli italiani”) è riuscito ad ottenere il consenso di un terzo dei cittadini italiani che si sono recati alle urne alle scorse elezioni europee (ed il risultato si è più che confermato nelle consultazioni regionali umbre). La tal cosa è preoccupante assai. Niente ideali, nessuna ideologia, nessuna visione del mondo che ci circonda.
Vengono in mente le dichiarazioni rilasciate da Grillo nel corso di una intervista che rilasciò al quotidiano Avvenire, un paio di anni orsono, che così si espresse: “Il Movimento è post-ideologico: non siamo qui a dire cosa è giusto e cosa è sbagliato per e su ogni argomento. Per noi è fondamentale l’autodeterminazione, intesa come la possibilità data ai cittadini di essere cittadini.” e meglio specificando: “per noi conta il ripristino della democrazia in Italia che oggi è sospesa, conta il rientro dei cittadini nelle istituzioni e assistere alla costruzione di un’idea di futuro”. Meglio se un futuro verde, ecologico da consegnare alle prossime generazioni. Condivisibile ma incompleto. Non di facile comprensione per tutti è stata, invece, la prima esperienza di Governo dei pentastellati. E non è stato solo un problema di comunicazione e di diffusione del proprio operato al fine di renderlo chiaro ai cittadini-elettori. Il vero problema è quello che, a fronte di decine di provvedimenti governativi, leggi e leggine, a fronte di una “produzione politica” mai vista nella storia repubblicana in così breve lasso di tempo, non si è saputo dare una conoscenza ed una informazione sistematica ed organica di dove tutto ciò andava a parare. Agli italiani si sarebbe dovuto meglio dire in cosa consiste la politica del “cambiamento” e come la stessa sia teleologicamente orientata. E gli italiani, che non lo hanno ben capito, hanno scelto gli slogan facili da digerire e “canticchiare” come una canzonetta, tormentone estivo.
Conte, il neo Presidente del Consiglio, succeduto a se stesso con altri partners di maggioranza, dopo che Salvini, in preda ad un delirio di onnipotenza, si è inferto un harakiri politico, ha fatto tesoro della sua precedente esperienza, ed ha comunicato agli italiani il meglio di se stesso, senza proclami, provocazioni e frasi fatte, dimostrando che se alla comunicazione non segue il fare, il consenso popolare scema con la stessa velocità con cui lo si è guadagnato. Ma Conte ha studiato la teoria del diritto e ben sa che tra il dire ed il fare non vi è di mezzo il mare. Al pensiero deve necessariamente seguire l’azione, altrimenti resta filosofia teoretica e non certo attività politica. E Conte adesso, con un certo merito, ha conquistato la centralità della politica nazionale, raggiungendo al contempo popolarità e gradimento che offuscano quelli ben inferiori, ottenuti dagli altri, secondo solamente al Presidente Mattarella. Non solo, ma l’avere messo all’angolo Salvini e formato un secondo governo senza la Lega, forse inconsapevolmente ha fatto sì che le acque in cui navigano le tre principali forze politiche del Paese, si siano improvvisamente agitate per tutti.
Ma va considerato che, mentre la Lega ha una sua, pur annacquata dal Salvinismo, base ideologica improntata a sovranismo e autonomia territoriale, ed il PD, almeno nei discorsi di piazza, conserva una opaca impronta socialdemocratica, non è così per i cinquestelle che, più di altri, stanno “soffrendo” una non indifferente diaspora interna. Essere post-ideologici non può significare però prescindere da ideali politici che devono informare l’azione di Governo, in un senso, piuttosto che in un altro. Il programma c’è, è vero, (assai simili nel primo e nel secondo governo pentastellato), ma agli italiani si deve spiegare quale è la esatta Weltanschauung grillina, quale è la sua visione del mondo e della nuova società che si vuole raggiungere con il cambiamento. Solo così si potrà riconquistare il consenso che nelle ultime consultazioni elettorali è andato perduto ed acquistarne di nuovo, specie tra il ceto medio e l’associazionismo, che non hanno ancora ben chiara la portata del pensiero e della azione politica del Movimento. Né si possono incrociare le dita puntando tutto, come appare chiaro sia recentemente avvenuto, sulla personalità ed autorevolezza del solo Presidente del Consiglio Conte, perché se dovesse cadere lui, in una sorta di “simul stabunt, simul cadunt”, crollerebbe l’intero Movimento. Da più parti si sente la necessità che nel Paese si apra una stagione congressuale che riaffermi le singole e differenti “visioni e finalità” delle forze più significative della politica italiana. È auspicabile che a questa stagione non si sottragga il Movimento Cinquestelle perché la “politica vera” pretende necessariamente che si apra un dibattito ed un confronto congressuale nazionale tra gli attivisti che non possono solo manifestarsi attraverso il clic della piattaforma “Rousseau”, rivoluzionaria si, ma solo tecnologicamente.