Alfredo Cospito: il nome dell’uomo che vuole diventare il simbolo-martire dell’anarchismo italiano. Ma qual è la biografia del terrorista che rivendica di essere un capo? Quali le sue convinzioni e teorie politiche? Tentiamo di offrire sulla vicenda una ricostruzione completa.
Opera – L’unico detenuto italiano al 41-bis per ragioni politiche sta facendo parlare molto di sé da ormai oltre un mese. Il folle sciopero della fame di Alfredo Cospito gli ha fatto perdere quasi 45 chili e rischia, secondo il suo medico, di ucciderlo. Ma Alfredo sembra senza paura: il suo obiettivo – creare sdegno popolare contro lo Stato e l’istituto del 41-bis – è già stato raggiunto, che lui muoia o viva. E l’ondata di gesti di dimostrazione dei suoi compagni di lotta lo dimostra. Ma che persona è Alfredo Cospito? Quali sono le convinzioni politiche del cosiddetto “ideologo dell’anarchismo”? Che vita ha vissuto prima del fatale colpo di pistola che lo ha consegnato agli onori della cronaca – nonché alla solitudine della sbarra? Per la prima volta tenteremo una ricostruzione completa di questo personaggio assai discusso.
A prima vista, l’aspetto fisico dell’anarchico pescarese non dice molto su di lui. Non ha certo l’apparenza temibile del guerrigliero politico: di costituzione appare robusto (sebbene il suo aspetto fisico sarà ormai stravolto da oltre 100 giorni di digiuno volontario), e dalle fotografie in cui sorride si può indovinare persino un carattere bonario. Gli occhiali gli danno persino un’aria vagamente inoffensiva. Nulla farebbe pensare a un terrorista, e viene da crederli quando dice che l’attentato per cui divenne famoso – la gambizzazione del dirigente Roberto Adinolfi nel 2012 – sia stato un “atto improvvisato da dilettanti“.
Eppure dall’aspetto ordinario di Cospito traspare una sorta una risolutezza di ferro. Risolutezza che si manifesta non solo negli atti spietati di cui si è macchiato, ma soprattutto nella completa rivendicazione dei suoi atti terroristici – nel nome della fede anarchica – e nel mostruoso sciopero della fame che rischia di ucciderlo. Ormai così debole da doversi spostare in carrozzella, rifiuta l’alimentazione sostitutiva e gli integratori. Non ha paura di morire.
Alfredo è conscio del fatto che la sua resistenza a oltranza ha conseguenze. La filosofia del suo movimento – la Federazione Anarchica Informale – è proprio questa: invitare alla lotta non con proclami e organizzazioni, ma ispirando con l’esempio attraverso gesti eclatanti. La catena di manifestazioni, vandalismo, minacce e gesti dimostrative che i suoi sostenitori hanno messo in atto dimostra che la strategia sta funzionando. Un simbolo per caso, dunque? Alfredo Cospito ha già accettato questo ruolo.
Un passato nebuloso
Non si trovano molte informazioni sulla vita di Cospito prima della sua militanza anarchica. Si ha quasi l’impressione che non esista una vita oltre alla militanza: prima dell’arresto, era disoccupato, e la sua unica fidanzata conosciuta era anarchica insurrezionalista, come lui. Si sa che è nato a Pescara nel 1967, da una famiglia che con ogni probabilità condivide le sue inclinazioni politiche: la sorella, Claudia, avrà a sua volta problemi della legge per attentati di matrice anarchica.
Il rifiuto per lo Stato ha radici profonde nella vita del sovversivo: è tra i primissimi obiettori totali italiani. Richiamato in caserma nel 1986, come disertore: non si era presentato in caserma nonostante il richiamo. Al giudice che lo interroga, per la prima volta, fa la sua confessione di fede: “Sono anarchico“, dice, e rifiuta l’avvocato difensore. Viene condannato a 1 anno e 8 mesi, ma la richiesta di grazia, per mano del padre, viene accolta dal presidente della Repubblica Francesco Cossiga.
Alfredo trascorre tutta la giovinezza di ambienti eversivi, di lotta politica e di protesta. Ricostruiamo i suoi spostamenti dai verbali dei suoi scontri con la polizia: Bologna, a Pescara e il lago Maggiore sono luoghi in cui finisce nei guai con la legge per occupazioni abusive. Partecipò, nel ’91, all’occupazione dell’Ex Aurum, edificio storico pescarese, che gli valse il primo arresto.
Insomma, il profilo di Alfredo Cospito è quello di un individuo eversivo e antisociale fino al midollo. Non gli interessa lavorare, non gli interessa studiare: tutti i suoi rapporti umani sono legati alla sfera della lotta politica. L’intolleranza alla società è nel suo DNA. Avvia invece una intensa produzione culturale, che si esprime nella stampa di giornali sovversivi quali Pagine in rivolta (1997-2002) e Kno3 (molecola del salnitro, usato per gli esplosivi, 2008). Proprio in questi anni, svilupperà una propria personale filosofia – quella che motiverà i suoi attentati.
Filosofia, ideologia, l’adesione al FAI
Spesso Cospito è definito “l’ideologo” del FAI, la famigerata “Federazione Anarchici Informali” responsabile di attentati a disturbi. Ma in cosa consta questo pensiero? Come funziona il FAI? E soprattutto, cosa significa “informale“?
Questo ultimo termine è proprio quello chiave. Informale significa rigettare ogni forma di organizzazione, in piena coerenza con i principii dell’anarchismo. Vale a dire, i membri del FAI non si considerano membri di una organizzazione: piuttosto, di una sorta di alleanza segreta di cellule impazzite e disorganizzate. “FAI” è innanzitutto una sigla, un simbolo. Essere membri del FAI è facilissimo: basta fare un qualsiasi gesto dimostrativo (dal graffito all’attentato) e rivendicarlo nel nome del FAI. Non ci sono esami, non ci sono capi, non ci sono piani, non c’è addestramento, non c’è coordinamento.
Se non c’è organizzazione, quale è la strategia attraverso cui abbattere il sistema? Cospito lo spiega benissimo: dare l’esempio. L’anarchico che compie un attentato tanto per fare danno, quanto per spaventare e creare imitatori. La speranza è che, un giorno, gli attacchi saranno così omnipervasivi da fare collassare la società. Da qui, l’importanza di rivendicare l’attentato: un gesto non rivendicato “tende a scomparire“, secondo il nostro. Ha valore quando viene associato a un simbolo, a una sigla. Proprio Cospito formalizza i tre fondamenti della strategia insurrezionalista: anonimato, riproducibilità, anonimato.
Cospito non ha paura di definirsi terrorista. Il terrorista è colui che sparge terrore: esattamente questo è lo scopo dell’anarchico. Non tutti gli anarchici radicali sono d’accordo, ma Alfredo è convinto che il terrore sia uno scopo essenziale dell’insurrezionalista. L’unico paletto è quello di evitare le vittime innocenti. Ma anche qui ci sono riserve: nelle interviste, Cospito rantola il disprezzo che prova per i “rassegnati“, i “buoni cittadini”. E non esita a dire che se uno di costoro si mettesse di mezzo tra lui la sua libertà, egli “agirebbe di conseguenza“.
Una domanda spontanea che ci si potrebbe porre è: perché l’anarchismo? Cosa vogliono questi? E la risposta di Cospito è semplicissima: niente. L’anarchismo di Alfredo Cospito è nichilista. Non c’è un “dopo”, non c’è una società ideale da ricostruire. Anche se la rivoluzione avvenisse, col tempo si ricreerebbero le stesse catene sociali di sempre. La civilizzazione è impossibile da sconfiggere, perché la portiamo “dentro di noi“. L’anarchico lotta perché odia la società, e la rivolta lo rende felice. Non c’è altro. “La qualità della vita di un anarchico è direttamente proporzionale al danno che crea“.
La carriera di sovversivo e la gambizzazione di Adinolfi
Con queste premesse teoriche, è inevitabile che Cospito sarebbe prima o poi passato all’azione. In questo momento della sua vita, l’anarchico trapanese vive a Torino, con la compagna Anna Beniamino, professione tatuatrice. Anche la Beniamino è una anarchica convinta, con cui collabora per l’organizzazione degli attentati.
Nel 2006, due bombe esplodono – senza fare vittime- nella Scuola Allievi Carabinieri di Fossano – ma di questo parleremo più avanti. Per il momento, Cospito è a piede libero e a nessuno viene in mente di accusarlo. Più avanti, questo attentato sancirà la sua rovina, anche se lui negherà sempre la responsabilità.
Nel 2010, un’atto sovversivo lo restituisce agli onori della cronaca. Seguendo fedelmente le istruzioni del manualuetto anarchico Ad ognuno il suo. 1000 modi per sabotare questo mondo, Cospito, Beniamino e compagni tentano di danneggiare la linea ferroviaria Orte-Ancona, fallendo. Vengono condannati a 2 anni e mezzo, poi ridotti.
Nel 2011, avviene il disastro di Fukushima. Un evento catastrofico che impressiona fortemente Cospito: gli appare come un trionfo del potere distruttivo della civiltà industriale (ricordiamo che, in quanto anti-positivista, non crede nel progresso). L’anarchico è disposto a fare qualunque cosa per evitare che un simile disastro avvenga in Italia.
Il bersaglio è Roberto Adinolfi, dirigente dell’Ansaldo Nucleare. Il 7 Maggio 2012 Cospito e Nicola Gai, amico, compagno e collaboratore storico, lo aspettano sotto casa a Genova e gli sparano con una Tokarev calibro 7.62, importata clandestinamente dall’est. Il colpo, a bruciapelo, gli frattura il ginocchio. Pochi giorni dopo, l’attentato viene rivendicato: “Abbiamo azzoppato Adinolfi, uno dei tanti stregoni dell’atomo“. La lettera, indirizzata al Corriere della Sera, porta la firma del “Nucleo Olga” del FAI/FRI. Rivendicazione che elenca altri bersagli, e promette nuovo sangue.
Il duo cospiratore ha tuttavia organizzato l’attentato in modo ingenuo, commettendo errori da dilettanti. Innanzitutto, hanno parcheggiato lo scooter usato per scappare troppo vicino al luogo del delitto; poi, si sono tolto le maschere davanti alla telecamera di un bar, non vista. Individuarli è facilissimo: del resto, hanno precedenti. Le microspie piazzate nel negozio della Beniamino confermano velocemente la colpevolezza dei due, che vengono arrestati il 14 settembre. Condannato Cospito per 9 anni, Gai per 10. Inizierà, per Alfredo Cospito, la vita alla sbarra. Da cui non è ancora uscito.
Le vicende giudiziarie e il secondo attentato
I due non rinnegano mai l’attentato: non provano neanche a nasconderlo. Nel 2013, nel corso di una udienza, rivendicano con orgoglio le loro azioni: Cospito afferma di avere provato “gioia” nel sparare al dirigente, Gai che potrà “odiare” anche dal carcere. Senza il permesso della giudice, l’attentatore spiega le proprie ragioni leggendo un discorso da un foglio: viene condotto via dalle forze dell’ordine tra i boati di approvazione degli anarchici presenti. È lo specchio di due menti fanatiche, che vivono in funzione dell’ideologia.
Nel desiderio di proteggere i compagni di cospirazione, Cospito afferma che il Nucleo Olga era costituita esclusivamente da sé stesso e Gai: l’atto spontaneo di due attentatori ingenui. Le indagini danno un quadro diverso: la cellula ha almeno una decina di militanti e molti fiancheggiatori. Benché Alfredo dipinga spesso il quadro romantico di cellule isolate, di sconosciuti che non si incontrano mai ma sono fratelli nella lotta, gli inquirenti parlano di ramificazioni e contatti internazionali: verso la Grecia, culla dell’anarchismo violento, ma anche in tutta Europa. Una rete che collabora nell’infiltrare armi ed esplosivi.
In carcere, Cospito non cambia interessi. Continua a rilasciare interviste per la stampa anarchica, irrompe in appelli alla lotta, invita alla rivolta violenta. Solo a questo punto ormai il trapanese è “ideologo dell’anarchismo“: l’attentato gli ha dato il prestigio e la statura, agli occhi dei compagni, per potere dettare le coordinate della prassi futura. Ma nel 2016, la sua posizione giudiziaria peggiora ulteriormente. Viene dimostrato il suo collegamento con la tentata strage del 2006. Inizierà un nuovo calvario giudiziario che terminerà con la sua condanna al 41-bis, la pena dei mafiosi.
Il collegamento alle bombe del 2006 e l’ergastolo
Torniamo al 2006. Sono da poco stati arrestati i redattori della rivista clandestina Croce Nera Anarchica. Atto che esige vendetta: il bersaglio sono i tutori dell’ordine. A Fossano, davanti all’ingresso della Scuola Allievi Carabinieri Carlo Alberto della Chiesa, vengono posizionate in due differenti cassonetti delle bombe artigianali. Fabbricazione casalinga: una pentola a pressione con dentro un tubicino colmo di polvere pirica. L’attentato è progettato in modo perfido: le due bombe sono programmate per esplodere a breve distanza – una, più debole, per attirare gli inquirenti, la seconda, più potente, per ucciderli con una pioggia di schegge.
Le due bombe esplodono rispettivamente alle 3:05 e le 3:30 della notte del 5 giugno, data della festa dei carabinieri. Miracolosamente, non fanno morti né feriti: l’innesco è avvenuto proprio mentre una pattuglia era rientrata e l’altra uscita. L’attentato viene rivendicato dalla sigla “Rivolta Anarchica Tremenda”, che aggiunge un raggelante messaggio di scherno: “Abbiamo colpito la scuola allievi carabinieri di Fossano- proseguiva- per fargli capire già da piccoli quale ammirazione sollevi la loro criminale carriera tra noi sfruttati“.
Per lungo tempo, un delitto senza colpevole. Poi, la svolta: le indagini permettono di collegare l’attentato alla cellula di Cospito, e una prova DNA sembra confermare la sua colpevolezza. Anche l’ex-compagna viene addestrata. Cospito negherà sempre la propria responsabilità nell’attentato, affermando comunque che era di natura probabilmente dimostrativa, e dichiarandosi felice per il fatto che “i veri esecutori siano a piede libero, pronti ad agire“.
La Giustizia incolpa Cospito prima del reato di strage semplice, poi dell’aggravante terroristica, e infine di strage contro lo Stato. La prima accusa gli sarebbe costata 10 anni; la seconda, almeno 20. La terza, che sarà discussa ad Aprile, rischia di tramutarsi in ergastolo ostativo (vale a dire – senza speranza), in virtù del fatto che l’attentato era mirato esplicitamente a distruggere l’autorità costituita. Un’accusa di gravità enorme, non utilizzata nemmeno per la strage di Capaci.
Infine, l’affondo finale della giustizia: il 41-bis. Perché? Dal carcere, Alfredo continuava a tenersi in contatto con la galassia anarchica, sempre sostenendo la propria persona ideologia della “prassi attraverso l’azione”. Come si è potuto, legalmente, attribuire il carcere duro, provvedimento pensato per i boss mafiosi, a Cospito? Legalmente, si è affermato che il FAI è una organizzazione (discorso complesso, ma non sostanzialmente falso) e che Cospito ne fosse il capo. Questo secondo punto è piuttosto controverso, e benché Cospito fosse certamente una figura di spicco in ambito anarchico, è davvero difficile sostenere che fosse un leader riconosciuto, col potere di organizzare altri attentati. Col senno di poi, il provvedimento si è rivelato un boomerang, perché ha dato a Cospito una notorietà enorme – e una fitta schiera di sostenitori.
Le reazioni al 41-bis e lo sciopero della fame
Nemmeno ridotto all’estremo isolamento – ormai nella condizione di nemico pubblico e nazionale – Alfredo Cospito ha abbandonato la lotta. Il 3 ottobre inizia uno sciopero della fame destinato a causare proteste feroci e un dibattito pubblico infinito. Secondo alcuni il sovversivo, già corpulento di natura, era ingrassato apposta, raggiungendo i 120kg, per reggere meglio al futuro sciopero della fame.
Dopo quasi 100 giorni, Cospito ha perso 45 chili, alimentandosi esclusivamente attraverso acqua zuccherata. Rifiuta la medicina e persino gli integratori. Con conseguenze fisiche catastrofiche: non riesce più a spostarsi se non in sedia a rotelle, e proprio a causa di questa debolezza è scivolato durante la doccia, sanguinando copiosamente dal naso. Il prigioniero è costretto a utilizzare strati e strati di tessuto perché ormai incapace di regolare la propria temperatura corporea. Un accanimento mostruoso su sé stesso, che rischia di ucciderlo – ed è sostenuto esclusivamente dalla forza della fede politica. A chi ci ha parlato, è parso ancora lucido e sagace.
Parte del mondo intellettuale e politico si è mobilitato. Il filosofo Davide Cacciari, il fumettista Zerocalcare, i 99 Posse, molti deputati del Partito Democratico: c’è chi chiede semplicemente di interrompere il 41-bis per Cospito (basandosi fondamentalmente sull’argomento che “non ha ucciso nessuno”) e chi invece, soprattutto tra i compagni di lotta anarchici, vuole abolire l’istituto di carcere duro per tutti, anche per i mafiosi.
Ma la solidarietà non si è espressa solamente in appelli accorati e gesti pacifici. Del resto, Cospito stesso è teorico della “vendetta di solidarietà”: punire l’arresto di compagni attraverso attentati dimostrativi di proporzionale gravità. Abbiamo visto vandalismo, minacce a giornali e giornalisti, manifestazioni e tafferugli degenerati in scontri con la polizia, attentati contro le sede diplomatiche, minacce di strage. La posizione del governo è difficile: qualunque concessione potrebbe essere interpretata come debolezza di volontà.
A modo suo, Cospito sa di aver vinto. Anche se morirà, come ha già detto, il 41-bis sarà per sempre argomento di discussione e litigio. L’anarchia e l’insurrezionalismo sono tornati sulla prima pagina dei giornali – e lui stesso è un martire, un simbolo nel cui nome versare sangue. In fondo, come lui stesso disse, “per un anarchico, la sorte peggiore non è la morte o la prigione, bensì l’arrendersi alla paura, alla rassegnazione. La morte e la prigione hanno già incrociato la nostra strada, senza sconfiggerci“. Anche nell’isolamento assoluto del 41-bis, Cospito è riuscito a portare avanti la propria strategia dell’insurrezione.
per un anarchico, la sorte peggiore non è la morte o la prigione, bensì l’arrendersi alla paura, alla rassegnazione.
È difficile dare una valutazione di Alfredo Cospito come uomo. Alcuni dei suoi tratti caratteriali destano ammirazione: l’onestà assoluta (che lui stesso definisce “(suicida) mancanza di peli sulla lingua“, l’integrità, la convinzione assoluta con cui porta avanti la sua causa persino nell’inferno in terra del carcere duro. La spietata determinazione con cui ha raccolta la scomoda posizione di simbolo, fino al martirio. Tratti quasi eccezionali, che riflettono però una personalità antisociale, convinzioni irrimediabilmente violente e un agghiacciante nichilismo, più volte espresso, che rende la sua lotta esplicitamente senza significato. L’anarchico Alfredo Cospito non lotta per gli altri: lotta perché non riesce farne a meno. Lotta perché odia l’uomo, e il mondo.