L’AI Index di Stanford conferma: i chatbot stanno raggiungendo (e superando) l’intelligenza umana in diversi compiti tecnici. Con quali implicazioni per il futuro?
Ormai, si può affermare che i chatbot stanno raggiungendo il livello degli umani, al punto che i più entusiasti già affermano che un chatbot è un uomo! Com’è noto, si tratta di un programma per computer progettato per simulare conversazioni umane, rispondendo a domande e fornendo informazioni o eseguendo azioni tramite testo o voce. Sono spesso basati sull’Intelligenza Artificiale (IA) e possono essere integrati in vari canali, come siti web, app di messaggistica e assistenti vocali. Il loro compito è di interagire con gli utenti utilizzando un linguaggio naturale, simulando conversazioni simili a quelle umane.
Su questo tema l’Università privata di Stanford che ha sede in California (USA), ha presentato l’edizione di quest’anno dell’“AI Index”, un report che misura lo stato dell’IA nel mondo sotto molteplici punti di vista: investimenti, sviluppi tecnici, limiti, prospettive. Ebbene, i sistemi di IA hanno sorpassato attività umane in alcuni compiti tecnici che prima non riuscivano a portare a termine. Si parla non di aspetti di basso profilo, ma di matematica avanzata e ragionamento visivo. Per compiere il loro studio i ricercatori universitari hanno raggruppato molte mansioni tecniche avendo come punto di riferimento il 100% dei criteri umani.

Dopo questa prima fase, si è deciso di comparare le performance delle strutture di IA. Alla fine hanno messo a punto una quota da cui comprendere il loro rendimento e si è preso atto che nel tempo le differenze con le attività umane si sono assottigliate al punto da sparire o quasi. Per la cronaca, il report a scopo di studio ha valutato 8 tipi di impegni lavorativi relativi ad una serie di sviluppi quali, ad esempio: la classificazione delle immagini; applicazione del modello multimodale, ossia un sistema di intelligenza artificiale progettato e addestrato per elaborare, comprendere e mettere in relazione simultaneamente informazioni provenienti da due o più modalità di dati distinte.

Molti chatbot stanno dimostrando, quindi, di poter andare oltre il livello di operosità umana. Tuttavia, ci sono alcune materie che continuano ad essere ostiche per le strutture di IA. Si tratta della comprensione e del ragionamento multimodale. Meno male, potrebbe esclamare chi nutre forti dubbi sul paradigma culturale su cui si fonda l’IA. Nel senso che l’essere umano, almeno, in qualche settore, mostra di essere avanti, rispetto ad una macchina. Non si sa ancora per quanto tempo, ma al momento è così.
Per ora, elaborare un pensiero con immagini, diagrammi e grafici è ancora una prerogativa umana, anche se, come prevedono gli esperti, tra non molto, sarà colmato anche questo gap! Sicuramente questi sistemi alla lunga porteranno una serie di vantaggi, comodità, velocità. Ma il focus del paradigma culturale attorno all’IA, ossia la capacità di una macchina di simulare l’intelligenza umana, permettendole di svolgere compiti che normalmente richiederebbero l’intervento umano, ha qualcosa di perverso per l’umanità intera.
Come lo sviluppo tecnologico ha mostrato nel corso dei secoli, alla prima fase composta da seduzione e incanto, ne subentrerà, in modo subdolo, una di asservimento e dominio. Infine, se l’IA eguaglierà quella umana, saranno dolori. Non bastavano i disastri combinati dall’intelligenza umana, ora si associa quella artificiale in un combinato disposto che può portare solo all’apocalisse!