Dopo il crollo del comunismo qualcuno si era illuso che per fondare in Italia una democrazia dell’alternanza bastasse spazzar via la Balena Bianca.
Roma – I cattolici sparsi un po’ in tutti gli schieramenti politici non riescono più a ritrovarsi sotto un’unica sigla. “Case” di moderati che hanno l’ambizione di riunire tutti i cattolici ce ne sono diverse, ma rappresentano singolarmente percentuali di consenso davvero esiguo e per nulla coinvolgente. Dunque non si trovano sbocchi concreti ed il problema riguarda tutte le forze politiche. Oggi i cattolici votano per tutti i partiti e sono in tutti i partiti, soprattutto dalla nascita della cosiddetta “Seconda Repubblica”. Succede, pertanto, che da un lato i cattolici si sentono e vengono percepiti come irrilevanti e, dall’altro, prevale una politica che non riesce a dare slancio al Paese. La storia, però, è un po’ più complessa di come si intende rappresentarla attraverso sintesi forzate e slogan. Un sistema che si può dire sia stato in crisi praticamente fin dai suoi inizi.
“Dopo il 1989 in Italia si pensò che la politica italiana potesse finalmente passare a una normale alternanza tra destra e sinistra come in democrazie consolidate quali Gran Bretagna e Stati Uniti: bastava, cioè, spazzare via l’anomalia rappresentata dalla Dc. Ma se la Dc è stata un’anomalia non lo è stata solo per la guerra fredda, ma per una Europa sconvolta dal totalitarismo fascista e nazista e straziata dalla seconda guerra mondiale”.
Indubbiamente, non è affatto obbligatorio che credenti, uniti da una comune fede nel trascendente, si uniscano anche sul terreno contingente della politica. Ma se lo hanno fatto nell’Italia post-bellica non è stato per l’ordinaria amministrazione ma per un’azione straordinaria. Consolidare, sostanzialmente, in profondità una democrazia che il fascismo aveva distrutto.
Hanno cercato di farlo attuando il “programma” della Costituzione che impegna la Repubblica a rispettare la dignità della persona umana e a rimuovere gli ostacoli che ne impediscono la piena realizzazione. Si sono svincolati perciò dalla subalternità ad altre forze politiche. La Dc è stata in questo senso un’eccezione.
E’ stata questa la principale ragion d’essere della Democrazia Cristiana che – insieme alle migliori forze laiche, socialiste e comuniste – ha consegnato alla Seconda Repubblica l’eredità di una democrazia vera, seppure con limiti e difetti, sostanzialmente stabile anche se i governi cambiavano spesso, fondata sulla divisione dei poteri e su una centralità del Parlamento sostenute dai partiti, con istituzioni particolarmente riuscite come un Presidente della Repubblica di elezione parlamentare e rappresentativo di tutti gli italiani.
Come tutte le eccezioni, si dirà, prima o poi anche l’eccezione Dc doveva finire. Ma nell’idea di una Italia “Paese normale” c’era molta ingenuità, anzitutto perché implicava che intorno ci fosse un mondo normale. È stata l’illusione della “fine della storia”, intesa come scomparsa di scontri tra blocchi contrapposti e di grandi conflitti internazionali.
Che fosse un’illusione lo vediamo chiaramente oggi mentre la guerra divampa in modo impressionante e la normale alternanza destra/sinistra si è inceppata anche in Paesi di antica tradizione democratica. In ogni caso sembra difficile richiamare i cittadini alla partecipazione se la democrazia si riduce ad uno stanco esercizio di ripartizione del potere.
In Italia si avverte oggi l’assenza di forze “anomale” che non corrano lungo i normali binari dello scontro ma si misurino con le sfide di un mondo sconvolto e cerchino di conciliare l’inconciliabile: diritti degli individui e coesione sociale, concorrenza e solidarietà, politica di sicurezza e impegno per la pace, integrazione europea e interessi nazionali.
In definitiva se non si individua il filo rosso che unisce e motiva i cattolici non tanto a riunirsi sotto uno stesso ombrello, ma ovunque eleggano domicilio partitico, ad affrontare le vicende italiane ed internazionali con passione e coerenza, allora la “fede” e lo “spirito evangelico” che li accomuna non ha più un senso.
Altra cosa è il rilancio di una vera politica di centro che nei vari settori sociali, professionali e culturali non vede un’adeguata rappresentanza politica.