Caso Stellantis: chiesta la cassa integrazione per lo stabilimento di Termoli

Il ministro Urso ne parla al question time: “Il problema è in Europa e nelle folli regole che l’Ue sta imponendo alle imprese”.

Roma – Il caso Stellantis continua a creare tensioni. Il colosso dell’automotive ha comunicato alle organizzazioni sindacali dello stabilimento di Termoli la richiesta di cassa integrazione dal 16 al 22 dicembre per le linee produttive dei motori Gse e V6. Questa misura è necessaria per adeguare la produzione alle attuali condizioni di mercato, soprattutto perché strettamente legata alle temporanee sospensioni produttive dei modelli negli impianti di Pomigliano e di Cassino, e per garantire una gestione efficiente delle risorse. In una nota, Stellantis afferma: “Siamo determinati a garantire la continuità dei nostri impianti e delle attività in questo momento complicato”.

Nel corso del question time, in merito a una interrogazione sul comparto automobilistico e Stellantis, il ministro delle Imprese e Made in italy, Adolfo Urso, ha replicato così: “Il tavolo su Stellantis del 14/11 scorso è terminato con la richiesta alla azienda di presentare entro il 16/12 un piano Italia convincente e sostenibile in cui la azienda specifichi quante risorse intende investire nel nostro Paese, e sui contratti di sviluppo degli stabilimenti italiani e abbiamo chiesto certezze sulla realizzazione della gigafactory di Termoli”. “Solo con risposte convincenti – ha aggiunto – su questi punti sarà possibile passare al percorso definito dall’azienda. Il problema è in Europa e nelle folli regole che l’Europa sta imponendo alle imprese”.

Stellantis, chiesta la cassa integrazione per lo stabilimento di Termoli

“Stellantis non intende chiudere nessun stabilimento in Italia, così come non ha nessuna intenzione di fare licenziamenti collettivi”. L’annuncio lo aveva dato Giuseppe Manca, responsabile Risorse Umane di Stellantis Italia, illustrando il piano industriale per l’Italia, al tavolo convocato dal ministro Adolfo Urso. Il titolare del dicastero delle Imprese e Made in Italy ha anche affrontato la questione più discussa sulle ultime decisioni del governo in merito alle politiche di sostegno al settore auto, ovvero il taglio di 4,6 miliardi di euro del fondo automotive. L’intenzione dell’esecutivo è di correre ai ripari nella legge di bilancio, raddoppiando i fondi a disposizione.

Il governo “intende aumentare la dotazione del fondo automotive nella manovra, raddoppiando le risorse e giungendo a 400 milioni di euro”, aveva dichiarato Urso spiegando che “a questa cifra abbiamo aggiunto anche 500 milioni di euro con un provvedimento della scorsa settimana per i contratti di sviluppo sui settori in transizione, a cominciare dall’automotive, che speriamo di raddoppiare dopo un confronto con la Commissione europea che è già in atto, così da giungere nel prossimo anno a un miliardo di euro per i contratti di sviluppo delle filiere in transizione, che si aggiunge ai 400 milioni e ai residui dei precedenti piani di incentivi che ammontano a circa 240 milioni di euro”.

Urso al question time ha riferito che è stato “definito con il governo ceco un position paper che presenteremo al Consiglio competitività del prossimo 28 novembre. Ci auguriamo sia condiviso dalla maggioranza degli Stati Europei”. Al ministro, sempre nel corso del question time a Montecitorio, ha risposto Marco Grimaldi, vicecapogruppo dei deputati Avs: “Siamo davanti a un ennesimo calo di produzione: il diciottesimo consecutivo – dice Grimaldi – Lei ministro Urso vuole salvare l’endotermico? Ma cosa vuole salvare se siamo ormai all’eutanasia: delle 505mila auto vendute in Italia meno della metà è stata prodotta in Italia”.

E ancora “l’Italia ormai è ottava nella graduatoria europea dei Paesi costruttori di auto. La iconica Topolino, 100% elettrica, è realizzata nello stabilimento di Kenitra, in Marocco, la nuova 600 ibrida ed elettrica è assemblata a Tychy, in Polonia. La Panda elettrica verrà scippata a Pomigliano dalla Serbia” ha aggiunto. “Il silenzio del ministro è l’alibi perfetto per Tavares ed Elkann che possono così fare quello che vogliono, cioè fuggire dal nostro Paese. Al governo Meloni va bene così, siete degli irresponsabili” ha concluso Grimaldi.

Ma, oltre le polemiche degli ultimi mesi, c’è anche una Stellantis che va. Il colosso automotive ha depositato in Italia nei primi dieci mesi dell’anno 339 brevetti, in crescita del 27% rispetto al 2023, quando ne erano stati depositati 266. A livello mondiale, i brevetti depositati nel 2023 sono stati 2438, con un sostanziale crescita rispetto ai 1867 del 2023. Nei primi 10 mesi del 2024, il gruppo automobilistico ne ha registrati 2245. In questo contesto, Stellantis Italia ha partecipato alla mostra L’Italia dei Brevetti: invenzioni e innovazioni di successo, in corso a Roma a Palazzo Piacentini e organizzata dal ministero delle Imprese e del Made in Italy. 

Stellantis Italia partecipa all’iniziativa attraverso il Centro ricerche CRF di Orbassano (Torino) presentando due brevetti: il sistema di iniezione Common rail (del 1995), nella sezione di carattere storico; e il più recente cavo di ricarica integrato in vettura (del 2022), introdotto in anteprima su Fiat Grande Panda e che sarà adottata in futuro anche su altri veicoli elettrici di Stellantis. 

Facebook
Twitter
LinkedIn
WhatsApp
Email
Stampa