Caso mascherine, inizia il processo a Irene Pivetti: “Io innocente, lo dimostrerò”

L’ex presidente della Camera accusata di 82 capi d’imputazione si dichiara totalmente estranea ai fatti che le sono contestati nel processo.

Varese – “Totalmente estranea a quanto mi viene contestato. Anzi finalmente inizia il processo così da consentirmi di dimostrare la mia assoluta innocenza. Le mascherine erano in regola, di provenienza extra europea, perché all’epoca in Italia non c’erano dispositivi”. Così l’ex presidente della Camera Irene Pivetti oggi in tribunale a Busto Arsizio, entrando in aula per partecipare alla prima udienza del processo che la vede imputata per 82 capi d’imputazione tra cui frode in forniture pubbliche, bancarotta, appropriazione indebita, riciclaggio e autoriciclaggio.

Il caso riguarda una compravendita dalla Cina di mascherine per un valore complessivo di 35 milioni di euro che arrivarono a Malpensa durante l’emergenza Covid. Ne sarebbero state consegnate però solo per un valore di 10 milioni, di qualità scadente, praticamente inutilizzabili, con falso marchio Ce. “Mi ritrovo imputata con altre persone che non conosco – ha aggiunto Pivetti – Il processo mi permetterà finalmente di scoprire chi sono. Da imprenditrice dico che quando ci si ritrova coinvolti in queste vicende salta tutto. Ho ricostruito la mia vita. Dimostrerò la mia innocenza. La giustizia serve a questo”. 

Irene Pivetti

A giugno Pivetti era stata rinviata a giudizio dal gup del Tribunale di Busto Arsizio che aveva accolto la richiesta del pm Ciro Caramore. L’ex presidente della Camera è sotto processo per il caso delle mascherine insieme ad altre otto persone. Pivetti è accusata a vario titolo, insieme alla figlia, il genero, l’imprenditore Luciano Mega e altri soggetti. Secondo il pubblico ministero Ciro Caramore, che ha coordinato le indagini riordinandone gli esiti in un fascicolo di oltre 600 pagine, sarebbero invece state consegnati dispositivi di
protezione individuale solo per un valore di 10 milioni, di qualità scadente, praticamente inutilizzabili e con falso marchio CE.

Oggi le difese hanno presentato un’eccezione di incompatibilità territoriale chiedendo lo spostamento del
processo davanti ai tribunale di Roma o Milano. Il collegio, presieduto da Rossella Ferrazzi (Daniela Frattini e Marco Montanari a latere) si è riservato viste le corpose memorie depositate dagli avvocati rinviando la decisione sul punto al prossimo 19 dicembre. “Le mascherine erano assolutamente in regola. Certo erano di provenienza extra europea, ma del resto all’epoca questi dispositivi erano impossibili da reperire sul territorio nazionale e comunitari – ha commentato Pivetti al termine dell’udienza – Eseguiremo, e porteremo gli esiti ai giudici, delle approfondite perizie su ciascun lotto di mascherine. Siamo certi della conformità dei dispositivi in questione”.

Le parti civili costituitesi sono in tutte 13. Tra queste ci sono lo Stato, il Ministero dell’Interno, l’Agenzia delle Dogane, l’Agenzia delle Entrate, oltre alle principali strutture medico ospedaliere che hanno ricevuto le mascherine incriminate, come ad esempio, il Gruppo San Raffaele e il Gruppo Multimedica. 

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