Cardinale e sodali condannati: fine primo tempo

Il danno procurato allo Stato vaticano è ingentissimo e probabilmente la tesoreria della Santa Sede difficilmente riuscirà a incassare il maltolto. Appello per tutti.

ROMA – Soldi, affari sporchi, scandali e misteri hanno avvolto e chiuso il caso giudiziario più lungo e tortuoso della storia della Santa Sede. Il processo del secolo, cosi come è stato ribattezzato, è finito con la condanna a 5 anni e 6 mesi di reclusione per il cardinale Angelo Becciu accusato, di concerto con gli altri 9 imputati, di peculato, abuso d’ufficio, appropriazione indebita e riciclaggio in specie per quanto attiene la compravendita del palazzo Sloane di Londra acquistato dal Vaticano per oltre 200 milioni di euro e su cui grava una perdita di circa 140 milioni.

Monsignor Angelo Becciu

Il presidente del tribunale, Giuseppe Pignatone, volto noto delle toghe italiane, ha accolto in parte le pene richieste dal Promotore di giustizia Alessandro Diddi che per Becciu aveva chiesto la reclusione a 7 anni e 6 mesi, proclamandosi comunque soddisfatto per il verdetto ottenuto.

Oltre Becciu, già escluso da qualsiasi incarico da Papa Francesco, anche il chiacchierato finanziere Raffaele Mincione è stato condannato alla medesima pena atteso il suo ruolo opaco negli affari loschi della segreteria di Stato vaticana. Il cardinale Becciu, che si è sempre professato innocente, era l’allora Sostituto della Segreteria di Stato, dunque capo della sezione Affari generali che si occupa della gestione complessiva dello Stato vaticano con una riserva in liquidità di centinaia di milioni di euro.

Becciu è stato poi ritenuto colpevole anche per il rapporto con l’imprenditrice e conterranea Cecilia Marogna, la “dama del cardinale”, a cui sarebbero stati versati 575 mila euro dalla Segreteria di Stato, tramite una società a lei riconducibile, la Logics con sede in Slovenia, “con la motivazione – come si legge in atti – non corrispondente al vero, che il denaro doveva essere utilizzato per favorire la liberazione di una suora, vittima di un sequestro di persona in Africa”. Denaro invece utilizzato per acquisti di beni voluttuari come scarpe e borse griffate e soggiorni in hotel di lusso e non solo.

La lettura della sentenza

Monsignor Becciu è stato ritenuto colpevole anche di peculato per aver disposto, in due riprese, su un conto intestato alla Caritas-Diocesi di Ozieri, il versamento della somma complessiva di euro 125.000 destinata in realtà alla cooperativa Spes, di cui era presidente il fratello, Antonino Becciu. Pur essendo di per sé lecito lo scopo finale delle somme il tribunale l’ha considerato “uso illecito degli stessi, integrante il delitto di peculato, in relazione alla violazione dell’art. 176 del codice penale, che sanziona l’interesse privato in atti di ufficio, anche tramite interposta persona, cosi come disposto, del resto, dal canone 1298 del Codice di diritto canonico che vieta l’alienazione di beni pubblici ecclesiastici ai parenti entro il quarto grado:

”C’è profonda amarezza nel prendere atto che l’innocenza del cardinale Becciu non è stata proclamata dalla sentenza – dicono gli avvocati Maria Concetta Marzo e Fabio Viglione, difensori di Becciu –  nonostante tutte le accuse si siano rivelate completamente infondate. Le prove emerse nel processo, la genesi delle accuse al Cardinale, frutto di una dimostrata macchinazione ai suoi danni, e la sua innocenza, ci consentono di guardare all’appello con immutata fiducia…Abbiamo una solida certezza che il cardinale Becciu, fedele servitore del Papa e della Chiesa, ha sempre agito nell’interesse della Segreteria di Stato e non ha avuto per sé e per i suoi familiari alcun vantaggio”.

Cecilia Marogna

Il verdetto, che verrà appellato, fa intendere però l’esatto contrario:

”Su 48 capi di imputazione, l’impianto ha ampiamente tenuto – ha dichiarato il Promotore Alessandro Diddi – Addirittura la richiesta di confisca, che è conseguenza dei reati, è superiore a quella chiesta da noi”. La confisca dei corpi di reato è di 166 milioni di euro e si aggiunge al risarcimento danni espresso in 200 milioni di euro ma il Vaticano riuscirà mai a recuperare davvero le somme che gli sono state sottratte? Per intanto anche Cecilia Marogna è stata condannata a 3 anni e 9 mesi.

Raffaele Mincione

Seguono a ruota Raffaele Mincione (5 anni e mezzo) e Gianluigi Torzi (6 anni), il presidente e il direttore dell’allora Aif (organismo antiriciclaggio della Santa Sede), René Brulhart e Tommaso Di Ruzza (entrambi condannati ad una multa di 1.750 euro cadauno), il banchiere Enrico Crasso (7 anni e 10mila euro di multa), gli ex dipendenti della segreteria di Stato, Fabrizio Tirabassi (7 anni e 6 mesi) e l’avvocato Nicola Squillace (1 anno e 10 mesi, pena sospesa). Assolto don Mauro Carlino. Tutti i condannati in primo grado sono stati interdetti definitivamente dai pubblici uffici, tranne Marogna (interdizione temporanea per tutta la durata della pena), Brulhart e Di Ruzza, per i quali non c’è interdizione. Fine primo tempo.

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