L'erosione delle nostre coste è diventato un grave problema da attenzionare e foriero di tragedie ambientali che possono provocare un numero imprecisato di vittime. Speriamo in una maggiore attenzione al fenomeno ambientale da parte del governo Draghi.
Camogli – Sono immagini terribili quelle che arrivano dal pittoresco paese rivierasco, in provincia di Genova, dove lunedì pomeriggio una parte del cimitero è letteralmente “scivolata” in mare trascinando nelle acque due cappelle e 200 bare.
Non si può dire che l’episodio disastroso sia stato improvviso e imprevedibile, considerato che da una trentina d’anni tutti o quasi erano a conoscenza del fatto che la falesia fosse soggetta ad instabilità, dovuta anche alle ripetute mareggiate.
Ci sarebbero state anche alcune segnalazioni da parte degli addetti al camposanto ma com’è stato per il ponte Morandi nessuno si è curato di controllare e mettere in sicurezza l’area poi crollata.
Qualche mese fa erano stati stanziati 400mila euro dalla Protezione Civile della regione Liguria proprio per effettuare un piano per “interventi di consolidamento e manutenzione straordinaria della falesia sottostante il cimitero comunale”.
Alcuni anni fa si era verificato uno scenario analogo a Nervi, in via Capoluogo, con parte del promontorio franato e diversi sfollati tra i residenti delle abitazioni limitrofe.
L’immagine delle bare galleggianti in mare è a dir poco macabra, simbolo dell’estrema fragilità del territorio, certamente mozzafiato dal punto di vista geografico, ma assolutamente inadatto ad ospitare un contesto delicato come un camposanto.
Ci sono anche le testimonianze di alcuni residenti che dichiarano di aver denunciato in più occasioni i segni di instabilità del terreno. Anche in questo caso pare che nessuno sia intervenuto per evitare quella che poteva trasformarsi in tragedia qualora il cimitero fosse stato aperto al pubblico.
Il sindaco Francesco Olivari sta procedendo con opere di contenimento del suolo e delle strutture rimaste in piedi mentre continuano le verifiche sul terreno circostante, in special modo dove si trovano le abitazioni che sorgono poco distanti dal cimitero.
Sul luogo dello smottamento anche l’Asl, che ha schierato il nucleo specializzato per la prevenzione del rischio biologico, mentre la Guardia Costiera ha posizionato numerose barriere in mare in modo da contenere materiali e i poveri resti non ancora recuperati.
Con loro l’assessore alla Protezione Civile Giacomo Giampedrone:
“…Erano già stati conclusi lavori di consolidamento della zona – dice Giampedrone – mentre stavano appunto per partire altri interventi finanziari da Regione Liguria in un’area che non è però quella interessata al crollo. In questo momento si stanno recuperando i feretri che sono recuperabili. C’è un fronte di frana che analizzeremo da domani, cercheremo di capire che cosa è ancora in pericolo e come eliminare i materiali crollati che in questo momento sono accumulati in prossimità del cimitero. La strada è in condizioni discrete ma credo che tutta l’area verrà chiusa almeno fino a quando non avremo capito quali sono le condizioni di rischio a lato della zona franata e nella parte di cimitero che lambisce il perimetro del crollo…”.
Il sindaco avrebbe definito lo smottamento come “imprevedibile”, sostenendo che dalle prime analisi risulterebbe che il crollo fosse difficilmente contenibile. I geologi che hanno studiato l’erosione delle coste liguri nel corso degli anni la pensano diversamente. E poi del resto c’erano state le segnalazioni per la presenza di crepe sia sulle tombe che sul terreno. Una verifica andava fatta anche a scopo precauzionale.
Al momento sarebbero una settantine i feretri recuperati ma nei prossimi giorni si leveranno in volo alcuni droni per controllare un ampio tratto di costa alla ricerca di altre 200 bare che mancherebbero all’appello. Nel frattempo si lavora per la messa in sicurezza del costone.
Per quanto ci si sforzi e per quante risorse si mettano in campo emerge però l’evidenza per cui il litorale non sia il posto adatto per ospitare un cimitero. La natura non si piega alle nostre idee, opera a modo suo, e spesso si riappropria di ciò che le è stato tolto.
Oltre il danno territoriale ed ambientale c’è anche da considerare quello umano, più grave causato dalla vista dei feretri galleggianti e dai parenti dei defunti che chiedono di riavere le salme quanto prima: “Ogni cento anni la falesia cambia pelle”, dicono gli abitanti della riviera. Un disgrazia annunciata dunque, come tante altre in questo Bel Paese che ne ha piene le scatole.
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