Lo stato di incensurato, aver rispettato gli arresti domiciliari, aver reso ampia confessione e in via presuntiva aver preso le distanze dal reato commesso sono attenuanti prevalenti che hanno consentito il dimezzamento della pena all'ex prete che aveva abusato di una bambina di 10 anni.
Calenzano – Il prete è incensurato dunque la pena va dimezzata. Fanno clamore le motivazioni della sentenza d’Appello per l’ex prete pedofilo di Calenzano. Le attenuanti generiche sono state ritenute prevalenti e merita di essere valorizzato il fatto che l’imputato ha reso ampia confessione, anche di episodi precedenti sconosciuti agli investigatori. Inoltre l’imputato si è dichiarato consapevole della gravità delle sue azioni e, almeno apparentemente, ha preso le distanze da esse in più ha sempre rispettato gli arresti domiciliari, di non breve durata. Quanto sopra è stato scritto nelle motivazioni dai giudici della seconda sezione penale della Corte d’Appello di Firenze (presidente Maria Teresa Scinicariello, a latere Francesco Bagnai e Sandro Venarubea) per motivare la riduzione della pena inflitta a don Paolo Glaentzer in primo grado, col rito abbreviato. Dei 4 anni e 4 mesi inflitti nel primo giudizio, nel secondo, con sentenza letta a porte chiuse il 23 giugno scorso, la pena è passata a 2 anni e 2 mesi per aver abusato sessualmente di una ragazzina di 10 anni più volte. L’ex prete pare abbia annunciato un ulteriore ricorso per Cassazione.
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All’epoca dei fatti don Paolo era stato arrestato il 23 luglio 2018 in flagranza di reato. A vederlo dentro l’auto che armeggiava sotto la tonaca con accanto una bambina seminuda era stato un vicino di casa che passava per caso all’interno del parcheggio di un supermercato. L’uomo aveva riconosciuto il prete e vedendolo appartato con una ragazzina si era incuriosito. Resosi conto della gravissima, rivoltante situazione l’impiegato attirava l’attenzione di alcuni cittadini che si radunavano vicino l’auto del sacerdote pronti a massacrarlo di botte se non avesse tolto le mani dalla piccola. L’immediato intervento dei carabinieri evitava il peggio a don Paolo che veniva accompagnato in caserma con la grave accusa di violenza sessuale aggravata in danno di una minore. Il parroco di Calenzano ammetteva le proprie responsabilità durante l’interrogatorio di garanzia affermando che non era la prima volta che aveva rapporti intimi con la bambina. La minore, con gravi problemi psicologici, era seguita dai locali servizi sociali mentre la famiglia della piccola, in condizioni di indigenza, riceveva un sussidio proprio dallo stesso sacerdote che non perdeva occasione per appartarsi in auto con la sua vittima di 10 anni:
”… Era lei che prendeva l’iniziativa – avrebbe riferito don Paolo agli inquirenti – per quanto mi riguarda la mia è stata una relazione affettiva e lei era consenziente…”.
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Dopo l’arresto del parroco anche i vertici della diocesi avevano tuonato contro don Paolo che veniva sospeso da tutte le funzioni religiose e da qualsiasi altro incarico liturgico. L’arcivescovo di Firenze, cardinale Giuseppe Betori, aveva condannato da subito i fatti contestati al suo subalterno per altro reo-confesso. Anche il vescovo di Prato, monsignor Franco Agostinelli, sulle orme di Papa Francesco, aveva ribadito la necessità di procedere contro i pedofili nell’ambito della Chiesa con tolleranza zero:”… E’ la prima circostanza in cui un’arcidiocesi si è costituita parte civile – aveva l’avvocato Paolo Ghetti, legale di fiducia dell’ente ecclesiastico fiorentino – contro un suo prelato che ha commesso un reato così grave…”. La sentenza della Corte d’Appello di Firenze ha scosso l’opinione pubblica come la stessa indiscrezione di voler ricorrere in terzo grado nel tentavo di vedersi ulteriormente ridotta la pena. Il consesso giudicante di secondo grado avrebbe riconosciuto la somma di 2.500 euro a titolo di risarcimento per ognuno dei genitori, rappresentati dagli avvocati Francesco Stefani e Fabio Generini, mentre alla vittima delle violenze sessuali sarebbero stati confermati i 50mila euro già disposti dai giudici del precedente giudizio.
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Il sacerdote, ridotto allo stato laicale da Papa Francesco dopo la prima condanna di un anno fa, ha beneficiato delle attenuanti generiche che i giudici della Corte d’Appello hanno ritenuto prevalenti sull’aggravante di aver commesso il fatto nell’esercizio delle funzioni di ministro di culto. La difesa di Glaentzer, a suo tempo rappresentata dall’avvocato Valeria Fontana, aveva chiesto per l’imputato una perizia psichiatrica per dimostrare l’eventuale incapacità di intendere e volere del sacerdote ma già il Gip, nell’udienza preliminare con rito abbreviato, aveva rigettato l’istanza accogliendo per intero le tesi del Pm Laura Canovai e del legale che tutelava la bimba, Olivia Nati.
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Oltre alla Curia arcivescovile di Firenze si era costituito parte civile anche il Comune di Calenzano i cui residenti, quando ancora si vociferava del turpe rapporto del prete con la bambina, avevano raccolto numerose firme per allontanare il pedofilo dal paese. Nel giudizio di secondo grado l’ex sacerdote di origini altoatesine è stato difeso dall’avvocato Salvatore Bottiglieri.
SAVONA – PUO’ DIRE MESSA UN PRETE PEDOFILO? PER LA CHIESA SI.