Sono ancora diversi i punti oscuri in questa tragica vicenda ma il fuoco sembra essere un macabro particolare ricorrente: Morreale brucia in cella un rotolo di carta igienica. Forse un gesto dimostrativo?
Caccamo – Mentre proseguono senza sosta le indagini per la morte di Roberta Siragusa, la ragazza di 17 anni ritrovata cadavere in un burrone di monte San Calogero, alla periferia di Caccamo, il 24 gennaio scorso, i legali del presunto assassino hanno abbandonato la sua difesa.
Gli avvocati Giuseppe Di Cesare e Angela Barillaro, in un primo tempo difensori di Pietro Morreale, 19 anni, accusato dell’omicidio della fidanzata, hanno rimesso il mandato. Il giovane indagato anche per l’occultamento del cadavere ha nominato come difensore di fiducia l’avvocato Gaetano Giunta, del Foro di Catania.
Il ragazzo non avrebbe fatto ancora alcuna ammissione di responsabilità nonostante le risultanze delle investigazioni facciano pensare al suo pieno coinvolgimento nella tragica vicenda. Morreale, caduto in contraddizione più volte durante le prime dichiarazioni, si è poi avvalso della facoltà di non rispondere.
Il giovane, prima di fare scena muta, aveva riferito ai carabinieri di aver assistito al suicidio di Roberta e di non averlo potuto evitare. Secondo Morreale la ragazza si sarebbe cosparsa di benzina e una volta innescate le fiamme con un accendino sarebbe poi saltata nel vuoto:
”…Si è cosparsa di benzina e si è data fuoco – avrebbe detto Morreale ai militari – poi si è gettata nel burrone, ho tentato di spegnere le fiamme ma sono svenuto. Vi porto sul luogo dove si trova il suo corpo. Non l’ho uccisa io…”.
Una ricostruzione dei fatti non solo sommaria ma anche inverosimile e che il Gip del tribunale di Termini Imerese, Angela Lo Piparo, ha smontato sulla scorta delle condizioni in cui è stato trovato il cadavere della minorenne: carbonizzato dalla cintola in giù, con i jeans abbassati sotto i glutei, busto nudo e con la testa rasata.
Oltre alle ferite sul volto rilevate nel corso della prima ricognizione cadaverica. Il magistrato inquirente ne avrebbe ricavato un castello accusatorio piuttosto solido: la giovane certamente non si sarebbe ustionata da sola perché prima si sarebbe dovuta svestire. Poi considerata l’altezza di appena due metri e mezzo tra il livello della strada e il punto del burrone dove è stato trovato il suo corpo il Gip ha anche escluso che possa essere morta per la caduta.
Per altro il nuovo amico di Roberta, durante la notte del delitto, avrebbe ricevuto diversi messaggi dalla ragazza che lo informava della richiesta di un rapporto sessuale da parte di Pietro a cui lei si era opposta. Lo stesso testimone ha riferito ai carabinieri che anche altre volte sarebbe intervenuto per proteggere la vittima che non voleva più saperne di avere rapporti sessuali con Morreale perché aveva deciso di lasciarlo.
Insomma un rapporto sentimentale ormai malato che non lasciava prevedere nulla di buono anche per i precedenti episodi di violenza che ci sarebbero stati in danno della vittima. Roberta, probabilmente, non ne poteva più di quella gelosia morbosa di Pietro, appassionato cultore di kickboxing, sport da combattimento di origini nipponiche, che non le permetteva più di vivere con serenità.
Anche quella notte i due avevano litigato ad una festa ed erano usciti dall’abitazione dei loro amici fra grida e insulti. Poco prima lui le aveva scritto su Facebook “Amore mio bedda” e lei aveva risposto con un cuoricino ma fra i due non c’era più l’intesa di un tempo. Roberta aveva confessato alle amiche di avere paura di Pietro e di non sapere come fare per lasciarlo senza patirne le conseguenze.
I due ragazzi raggiungevano il campo sportivo di Caccamo dove si appartavano in una zona solitamente frequentata da coppie in cerca di intimità. Che cosa sia accaduto dopo le 2.30 del 24 gennaio può saperlo soltanto Pietro che si ostina a non cedere. Il giovane giorni addietro ha dato fuoco ad un rotolo di carta igienica che teneva in cella e che è stato spento grazie al tempestivo intervento degli agenti penitenziari che lo sorvegliano 24 ore su 24. Chissà che cosa avrà voluto dimostrare: un tentativo di suicidio o una dimostrazione di saperci fare con le fiamme?
Mentre la sua posizione si aggrava sempre di più a Caccamo l’arcivescovo di Palermo, monsignor Corrado Lorefice, ha celebrato le esequie della povera Roberta nella Chiesa Santissima Annunziata alla presenza dei soli genitori e parenti stretti mentre in piazza gli amici della vittima pregavano e applaudivano al passaggio della bara bianca ricoperta di fiori.
Qualcosa però sfugge ancora nella logica dell’evento delittuoso e quella testa rasata con le tumefazioni al volto e al collo non potrebbero essere altro che l’ultimo oltraggio a quel corpo che non sarebbe stato più suo. Un macabro rituale consumato tra i rifiuti di una discarica per cancellare per sempre la bellezza di un amore maledetto.
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