Boom del made in Italy fasullo

L’impossibilità della Russia di approvviggionarsi a causa delle sanzioni ha palesato un grande business ora in forte crescita: il made in Italy farlocco. Una trovata del mago Putin?

Roma – Il made in Italy va a gonfie vele, ma è quello falso! E’ proprio vero che, come raccontavano i nostri nonni, quando si verificano guerre, terremoti o disastri di altra natura, c’è chi soffre e muore, ma c’è pure chi si arricchisce. Una verità popolare che trova conferma nella guerra in Ucraina. Mentre ne è scaturito uno scenario umanitario che è sotto gli occhi di tutti, c’è chi sta facendo un sacco di soldi col falso made in Italy. Un settore in espansione, soprattutto per le sanzioni occidentali alla Russia.

Dovranno pur nutrirsi i cittadini russi, seppure col Made in Italy taroccato! In tutto il territorio della nazione si sono creati dei veri e propri presidi alimentari del agroalimentare falsificato.  Si va dai formaggi col Russkiy Parmesan alla Robiola Unagrande. Dalla mozzarella Casa Italia fino all’insalata Buona Italia. Pare che sia prossimo il turno di vino e pasta a finire sotto le grinfie di quest’attività di contraffazione.

Il responsabile economico di Coldiretti – la maggiore associazione di rappresentanza e assistenza dell’agricoltura italiana- Lorenzo Bazzana ha dichiarato: Nell’ultimo periodo si è aggiunto il divieto delle istituzioni europee per l’export dei prodotti di valore superiore ai 300 euro, che colpiscono per esempio il tartufo.

Ormai si fa fatica a vendere anche i prodotti non sottoposti a sanzione, perché ci sono difficoltà burocratiche e soprattutto c’è la tendenza dei consumatori russi a non acquistare più beni dai paesi con i quali i rapporti sono peggiorati a causa della guerra. L’attrazione verso i prodotti italiani si estende anche alle coltivazioni. Prima delle sanzioni esportavamo dal Veneto una grande quantità di mele Granny Smith, ma negli ultimi anni hanno cominciato a impiantarle e a produrle anche in Russia.                              

Lorenzo Bazzana responsabile economico Coldiretti

Si sta assistendo, infatti, ad un proliferare di aziende specializzate nella lavorazione del latte e della carne per la produzione di formaggi e salumi. Prima dello scoppio della guerra i russi erano forti acquirenti di Parmigiano Reggiano, Grana Padano, Prosciutto di Parma e San Daniele.

Secondo alcune stime nell’ultimo trentennio il settore della contraffazione alimentare ha avuto uno sviluppo molto rapido, tanto da raggiungere il numero record di 2,6 miliardi di chili. Le differenze di confezionamento e prezzo sono minime, mentre dal punto di vista gastronomico è bassa la percentuale di cittadini russi che abbiano un termine di paragone con cui stabilire un confronto sul made in Italy autentico e quello farlocco.

In questo modo, il fenomeno conosciuto col termine inglese di: Italian Sounding ha raggiunto un giro di affari di 40 miliardi di euro. La locuzione inglese, tradotta letteralmente in italiano con: suono italiano, definisce quel fenomeno che consiste nell’utilizzo (su confezioni, etichette) di denominazioni, immagini geografiche, combinazioni cromatiche e marchi che evocano l’Italia e, in particolare, alcuni suoi prodotti tipici. I formaggi e i salumi continuano ad essere i prodotti più contraffatti. Ma, sono in aumento i numeri per gli oli extra vergine d’oliva e i pomodori, compresi i famosi San Marzano.

Alcuni esempi di marchi contraffatti venduti in Russia

Tutto questo processo sta avendo i suoi strascichi sull’economia italiana. Tanto è vero che il direttore di Coldiretti, Ettore Prandini, ci ha tenuto a precisare: Con un chiaro stop alla contraffazione alimentare internazionale, il contributo della produzione agroalimentare Made in Italy alle esportazioni e alla crescita del Paese potrebbe essere nettamente superiore. Ponendo un freno al dilagare dell’agropirateria a tavola si potrebbero creare ben 300 mila posti di lavoro in Italia.

Indubbiamente il marchio e l’autenticità di qualunque prodotto va salvaguardato e difeso, però con questi chiari di luna tutto è molto più complicato. D’altronde come recitava il titolo del romanzo di Yves Gibeau pubblicato nel 1961: La guerre, c’est la guerre e, quindi ogni avvenimento va accettato così com’è!    

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