Il 12 Febbraio 1995 sul prato del giardino di una casa vacanze nell’astigiano veniva rinvenuto il cadavere di una prostituta con il ventre e il collo straziati da violente coltellate. Folle gesto di un cliente oppure omicidio premeditato?
Roccaforte Mondoví (Cuneo) – Il piccolo Comune di duemila anime dall’atmosfera nebbiosa e circondato da ramate grotte carsiche si prepara alla fine del giorno. È la tarda serata del 10 febbraio del 1995 e le luci delle sparute casupole vanno lentamente spegnendosi dietro le finestre che tornano ad essere solamente vetri bui. In una di quelle abitazioni però le luci non si spengono. Le ore passano e giunge la notte ma quelle luci rimangono accese. Una persona che abita in quella casa rurale non è tornata e la famiglia è in ambasce. Si tratta di Piera Melania Vico che, come tutti i giorni, è uscita dalla sua dimora per dirigersi in un ufficio in località Castello d’Annone dove lavora come impiegata. Almeno cosi diceva ai suoi. Piera Melania sembra svanita nel nulla. La famiglia ne denuncia la scomparsa. Esattamente due giorni dopo una chiamata anonima al 112 informa i carabinieri della presenza di un cadavere di sesso femminile alla periferia del Comune di Castello d’Annone, zona Crocetta. Poco dopo l’anonimo interlocutore richiama il 112 e si corregge: il corpo senza vita di una donna si trova non in località Crocetta bensì in località Alberone nel medesimo Comune. Sarà proprio una casa vacanze disabitata a diventare scena del crimine. La vittima è per l’appunto Piera Melania Vico.
La scena del crimine e i primi rilievi
La salma, completamente nuda, è riversa sul fianco sinistro. L’attenzione degli investigatori viene immediatamente catturata dalla brutale violenza esercitata sul corpo della povera donna. Le coltellate sono numerose, quella più profonda è stata inferta sulla parte anteriore del collo. Proprio quest’ultima verrà riconosciuta come causa della morte a seguito di un fendente micidiale: “…sulla superficie anteriore del collo, da destra a sinistra, a forma di mezzaluna, lungo cm.12 presenta un ampio taglio ferita …”. In merito all’arma utilizzata il consulente espone: “…si potrebbe supporre che sia stato utilizzato un coltello, probabilmente affilato, probabilmente lama abbastanza larga e sufficientemente pesante…”.
Sulla scena del delitto vengono rinvenuti alcuni reperti tra cui un preservativo con all’interno tracce biologiche. Verrà anche appurato che la vittima ha avuto avuto rapporti sessuali poco prima di morire. Dunque gli inquirenti giungono a formulare l’ipotesi di un omicidio scaturito da un gesto violento di un cliente al termine di un brutale raptus omicida. Ma sarà proprio cosi?
Le indagini
Inevitabilmente le circostanze che hanno portato alla morte di Piera Melania rivelano all’intera famiglia ignara la reale occupazione della donna e che cosa facesse realmente ogni giorno ad un centinaio di chilometri da casa. Con l’inchiesta in corso si veniva a scoprire che Piera esercitava il mestiere più antico del mondo nel piazzale di fronte all’Hollywood, una discoteca in voga negli anni Novanta. La zona è strategica per la presenza di una vecchia casa cantoniera dove le prostitute potevano esercitate il meretricio lontano da occhi indiscreti, atteso il continuo passaggio di camionisti.
Gli investigatori interrogano tutte le lucciole del circondario e l’attenzione degli inquirenti viene attratta da due colleghe di Piera in particolare: Tatiana e Lidia. Nel mirino dei carabinieri anche il loro protettore, Felice S. di origine sarda, poiché tra i tre e la vittima, nel passato, ci sarebbero stati aspri dissapori. Si ritiene infatti che i tre accusassero Piera Melania di praticare prezzi troppo bassi, con la conseguenza di diminuire il loro volume di affari. Inoltre pare che la donna morta ammazzata avrebbe rifiutato la protezione del “pappa” di turno esacerbando ulteriormente la situazione.
Quello che pareva un delitto d’impeto pare prendere i contorni di un omicidio premeditato in piena regola. Ad aggravare la posizione dei tre principali indagati c’è la rottamazione sospetta dell’autovettura di una delle donne pochi giorni dopo l’omicidio. Ma perché rottamare un’autovettura a cui erano state cambiate le gomme qualche giorno prima? Gli inquirenti rinvengono l’automobile presso uno sfasciacarrozze situato a decine di chilometri di distanza dalla scena del crimine e nel suo interno vengono ritrovate tracce di sangue. Certa di avere in mano gli esecutori del crimine, la Procura di Torino emette un mandato di arresto nei riguardi dei tre sospettati.
I risultati degli esami del sangue rinvenuto all’interno dell’auto rottamata non portano però a nulla. Il liquido ematico non appartiene alla vittima e riguardo al preservativo abbandonato sulla scena del crimine su di esso non verrà mai effettuato alcun test. In assenza di prove concrete le due prostitute e il loro degno compare vengono scarcerati e con l’assenza di nuovi indizi o spunti d’indagine concreti il caso finiva in archivio. La delusione degli inquirenti per un successo sfumato come sabbia tra le dita unita al bigotto imbarazzo suscitato dal mestiere della vittima nella piccola comunità cuneese porteranno la vicenda a perdersi lentamente nel dimenticatoio.
Tutte le persone meritano giustizia, altre come Piera Melania Vico meritano solo di espiare le proprie colpe, causate da una vita greve e complicata, e di essere dimenticate e sepolte nella memoria perché fonte d’imbarazzo. Indipendentemente dai pensieri ottusi di certi benpensanti la certezza rimane una sola: ai figli della vittima è stata negata la giustizia a cui avevano diritto. Quella lampadina rimasta accesa in casa aspettando una madre che non ritorna si è spenta per sempre.