Bergamo – Altro che tacchi a spillo e balletti rosa

Quanto denunciato dalle borsiste dell’istituto “Diritto e Scienza” diretto da Francesco Bellomo non è mai avvenuto, visto il proscioglimento da ogni accusa incassato dall’ex magistrato barese. L’allora togato era stato posto ai domiciliari e lo scandalo sul dress-code “esagerato” sembrava dilagare a macchia d’olio. In giudizio sono cadute tutte le accuse.

Bergamo – Il giudice del Consiglio di Stato che obbligava le sue borsiste al dress-code, una sorta di imposizione nelle scelte di vita anche intime, è innocente. Altro che tacchi a spillo, scollature da capogiro e cenette intime a lume di candela.

Francesco Bellomo dopo la sentenza di assoluzione

Francesco Bellomo, 52 anni, barese d’origine, sospeso dal servizio dal 2017, a suo tempo ristretto ai domiciliari per mesi e poi imputato per stalking e violenza privata nei confronti di 4 ex allieve della scuola per aspiranti magistrati “Diritto e Scienza”, è stato prosciolto da ogni accusa, anche quella più infamante. Lo ha deciso il Gup del tribunale di Bergamo, Vito Di Vita, il 27 settembre scorso. Il magistrato giudicante ha assolto Bellomo perché il fatto non sussiste, facendo proprie le istanze dei difensori.

La Procura, invece, aveva chiesto il rinvio a giudizio del magistrato per i reati ascrittigli. Il proscioglimento, che riguarda anche il Pm Davide Nalin, 41 anni, coordinatore delle borsiste, è relativo alle accuse promosse de tre delle quattro presunte vittime. Gli atti, per la quarta donna, sono stati rimessi al tribunale di Massa-Carrara per competenza, ma in questo caso si trattava solo di violenza privata, altro reato derubricato.

Per la pubblica accusa però Bellomo avrebbe fatto molto di più. Lo stalking e la violenza privata, si legge in atti, si sarebbero configurati in “sistematiche condotte di sopraffazione, controllo, denigrazione ed intimidazione consistite nel controllare le attività quotidiane, le relazioni personali e in genere le frequentazioni delle studentesse e nell’imporre e nel pretendere dalle stesse comportamenti lesivi della loro dignità personale”.

Bellomo con le borsiste del suo istituto all’epoca dei fatti

Fatti questi del tutto slegati dalla formazione giuridica che si prefiggeva la scuola. Poi c’era anche la denuncia per calunnia e minacce dell’ex premier Giuseppe Conte, all’epoca dei fatti presidente della commissione Disciplinare chiamata a pronunciarsi sull’ex giudice. Anche queste accuse sono cadute nel vuoto con un’altra assoluzione:

”…Adesso scrivo libri e insegno – ha detto Bellomo – ma il dress code rimane importante. Prima di tutto c’è una questione di promozione: devi piacere per creare consenso. E poi di didattica: per me il magistrato non deve riempirsi la testa di libri e chiudersi in una torre d’avorio, ma deve sviluppare capacità di ragionamento e neutralità…Imporre il dress code non è un reato. Era un contorno. Io ti faccio frequentare la scuola gratis e tu ti vesti in un determinato modo quando devi rappresentarla, per esempio alle manifestazioni istituzionali o in tribunale. Oppure alle feste. Erano previsti tre target: uno per il tribunale, uno per occasioni come convegni e il terzo per le feste, ma non ho mai chiesto di andare scollate o con i tacchi a spillo. Per le feste, il dress code era colori, tacchi normali e gonne. E poi era previsto anche per gli uomini…”.

Quando venne fuori il presunto scandalo su Bellomo gravavano pesanti responsabilità:

Bellomo durante una lezione

”… Era un vero e proprio sistema di sopraffazione – si leggeva negli atti del Gip di Bari, Antonella Cafagna – mentre l’indole dell’indagato, in seno al rapporto interpersonale, era in termini di elevata attitudine alla manipolazione psicologica mediante condotte di persuasione e svilimento della personalità della partner nonché dirette ad ottenerne il pieno asservimento se non a soggiogarla, privandola di qualunque autonomia nelle scelte, subordinate al suo consenso…L’istituzione del servizio di borse di studio non era altro che un espediente per realizzare un vero e proprio adescamento delle ragazze da rendere vittime del proprio peculiare sistema di sopraffazione, fondato sulla concezione dell’agente superiore e sui corollari di fedeltà, priorità e gerarchia…”.

L’ex premier Giuseppe Conte

Accuse forti che si sono sciolte come neve al sole. Ma non basta:”… Ci metto la faccia perché come ho detto ai miei studenti quando si vive nella verità e nella coerenza non c’è nulla di cui vergognarsi – aveva detto Carla Pernice, allieva nell’istituto diretto da Bellomo – il direttore era una persona molto sicura di sé e usava le nostre fragilità utilizzando le ragazze ad indossare tacchi alti e minigonne per poi sottoporsi a prestazioni sessuali in cambio di borse di studio e viaggi pagati tra casa e sedi dell’istituto…”.

Verità reale e verità giudiziaria rimangono distanti milioni di chilometri. Ma tant’è.

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