Basta con quel “reddito” occorre lavoro e ancora lavoro

Il reddito di sostegno, che fu il cavallo di battaglia dei Cinque stelle si è dimostrato, nel tempo, una sorta di trappola per chi ne ha diritto ed una ghiotta occasione di rubare denaro per chi si gratta da mane a sera. Quanti di quelli che hanno rapinato lo Stato sono stati puniti? I soldi sono stati restituiti? A quanto ammonta il danno erariale? Non è giusto che paghi sempre Pantalone.

Roma – Dividere la politica tra buoni e cattivi, tra strenui difensori del malessere sociale ed insensibili alla sofferenza è di una inciviltà inaudita, che dovrebbe fare riflettere. Quando la politica non è fatta da ragionamenti pacati, anche se divergenti, ma si esasperano i toni, falsando parole e motivazioni, ne viene fuori un cocktail disgustoso in cui i componenti più acidi sono la violenza e la disperazione. Elementi che diventano una miscela esplosiva, che deve turbare e preoccupare tutti. Le sofferenze aumentano ogni giorno che passa, come le disuguaglianze sociali, che non permettono di vivere con dignità e speranza.

Ed è proprio la mancanza di speranza che desta la maggiore preoccupazione per quel popolo di percettori del Reddito di Cittadinanza i quali, abituati da una cronica incapacità manifestata dai vari governi che si sono succeduti negli anni, non credono più che venga consentita loro la possibilità di abilitarsi ed integrarsi nella società. Il vero problema, infatti, è che la maggioranza delle storie di queste povere famiglie viene vissuta, da una larga parte del Paese, come un corpo estraneo alla collettività più fortunata. Ciò al netto di tutte le distorsioni e di un sistema fallace e traballante, nonché delle furberie messe in atto da alcuni che hanno intorbidito anche il consenso popolare e gettato ombre gigantesche sulla opportunità di prorogare, sine die, utili frammenti di sopravvivenza generati proprio dal RdC.

D’altronde è sotto gli occhi di tutti la campagna di delegittimazione verso questo strumento di sopravvivenza, basato per lo più sul fallimento degli strumenti collaterali (vedi i navigator e le agenzie regionali del lavoro) che dovevano rappresentare il collante necessario per uscire da una temporanea situazione di assistenza, per essere accompagnati nel mondo del lavoro. Vero tutto e legittime le modifiche ad una legge zoppa e che non genera dignità e produttività.

Minacce a Giorgia Meloni e alla figlia di 6 anni

Però fino a quando non saranno evidenti i passaggi di formazione, l’inserimento nel mondo del lavoro e la ristrutturazione dei Centri per l’impiego, si continuerà a parlare del nulla. Stucchevoli le posizioni dei singoli partiti, inariditi su posizioni standard e identitarie. Solo demagogia spicciola che non serve a nulla, se non per alimentare le tifoserie, l’esasperazione e talvolta la violenza. Proprio per questo sono gravissime e devono destare dissenso da parte di tutti le minacce a Giorgia Meloni apparse sui social. Il profilo Twitter di FdI ha raccolto una serie di post violenti, sessisti, pieni di minacce di morte contro la presidente del Consiglio e la figlia, scritti tutti da uno stesso utente dal seguente tenore:

“Se togli il reddito di cittadinanza ammazzo te e tua figlia…, “ci vuole la morte di lei e sua figlia”, “Veramente, attenta! Finiscila con questa cosa di togliere il reddito di cittadinanza, senno ti ammazzo lo capisci?”.

Sono solo alcune delle frasi ripugnanti pubblicate sul social contro la Meloni e la figlia di sei anni. L’account che le ha scritte risulta ora sospeso, in quanto segnalato alla Polizia postale ed il responsabile arrestato. Tanta solidarietà alla premier da parte di tutti, ma se non finirà l’accanimento terapeutico verso questa forma di sussidio, la percezione generale rimarrà sempre quella di considerare l’abolizione del RdC un’ingiustizia sociale. È necessario accompagnare il percettore al lavoro, tutelando allo stesso tempo i più fragili. Ma in otto mesi sarà mai possibile raggiungere l’obiettivo?

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