La crisi energetica ci spinge a cercare strade che possano evitare un drastico peggioramento della situazione. Le soluzioni ci sono e in alcune zone d’Italia si sta lavorando in questa direzione.
Roma – Fabrizio De André cantava che “dal letame nascono i fiori” e dai diamanti non nasce niente. Beh, adesso si potrebbe aggiungere che dal letame nasce il biogas. Negli ultimi tempi il caro bollette e l’aumento dei costi energetici hanno reso ancora più complicato far quadrare il già magro bilancio familiare. Inoltre, il fatto che non si riescano a ridurre le emissioni inquinanti di CO2 (anidride carbonica), almeno come sarebbe necessario, rende il quadro generale molto vicino alla catastrofe. Eppure qualcosa si può fare.
Un’azienda agricola piacentina ha prodotto il primo carburante green, ottenuto dal biometano, un gas combustibile derivato dal biogas e ricavato dalla fermentazione di letame e scarti organici. La tanto martoriata terra e quindi l’agricoltura assumono un ruolo decisivo per la transizione energetica del Paese, non solo perché ottimizzano le realtà locali, ma anche per la riduzione della dipendenza dall’estero per il gas. Infatti, questo biogas può essere utilizzato anche per il riscaldamento domestico e per l’elettricità. In questo modo contribuisce a ridurre le emissioni di CO2.
Coldiretti (la più grande associazione di rappresentanza e assistenza dell’agricoltura italiana) ha annunciato che l’azienda agricola Bosco Gerolo in provincia di Piacenza aprirà il primo distributore di biogas per auto a metano, che viene prodotto dai rifiuti organici delle mucche. Il processo, più o meno, si articola in questo modo: si mescolano liquami e letame prodotti dalle mucche coi residui delle lavorazioni dei cereali. Si fermenta il tutto in un macchinario simile a una pentola a pressione, poi viene purificato e messo all’interno di bombole. Pare che il distributore possa soddisfare il pieno di 100 veicoli al giorno. Secondo Coldiretti si potrebbe produrre il 6% del fabbisogno nazionale di gas e anche le autorità istituzionali sembrano orientate in tal senso. Sono stati stanziati, infatti 1,9 miliardi di euro per gli impianti di biogas e biometano, previsti dal PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza).
Si è in attesa che i decreti attuativi vengano approvati perché si riduce la dipendenza energetica dall’estero e bloccare i rincari che, oltre alle famiglie, stanno recando danno anche alle aziende. I numeri dicono che ci sono più di 2mila impianti di biogas, l’80% dei quali nel settore agricolo, che hanno prodotto 12mila posti di lavoro e un giro d’affari di 4,5 miliardi di euro. La diffusione capillare di distributori su tutto il territorio nazionale potrebbe favorire anche l’alimentazione del trasporto pubblico, di camion e navi. Un altro attore importante per bloccare l’aumento dei costi per famiglie e imprese è il fotovoltaico. Ad esempio, grazie solo ai tetti delle stalle e di altri locali agricoli si potrebbe avere un livello notevole di autoconsumo. Questo senza togliere terra alle coltivazioni agricole.
Con l’inizio dell’anno l’UE (Unione Europea) ha cambiato la normativa sugli aiuti di Stato per il settore agricolo. Ha aumentato il contributo, infatti, dal 50 al 65%. Come ha sottolineato Coldiretti, sono tante le opportunità dell’economia circolare per avere una riserva energetica sostenibile. Si va dal fotovoltaico “intelligente” che non sperpera suolo fertile, alla costruzione di una rete per il biometano. Inoltre, dall’estensione degli incentivi al biogas ai finanziamenti per gli impianti. Infine, bisogna sostenere il digestato, il residuo della digestione anaerobica derivante dagli impianti biogas. Lo si potrà utilizzare al posto dei fertilizzanti chimici, aumentare l’approvvigionamento di materia organica nei suoli, limitando i costi di produzione delle aziende agricole.
In un futuro prossimo, si potrebbe pensare (perché no?) di utilizzare i liquami e gli scarti organici degli… esseri umani. Siamo in tanti, troppi, ma produrremmo biogas anche le per generazioni future.