Autovelox non omologati: “Multe nulle per milioni”, e l’Anci teme la pioggia di ricorsi

La Corte di Cassazione accoglie il ricorso di un automobilista veneto. I Comuni italiani tremano “In Italia sono quasi tutti così”.

Roma – Le multe per eccesso di velocità non sono valide se l’Autovelox non è stato “omologato”, ma solo “approvato”. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, con l’ordinanza 10505/2024 del 19 aprile, che ritiene illegittima la prassi finora applicata dalla polizia. La decisione ha riguardato una vicenda, in particolare: la Suprema Corte ha respinto il ricorso del Comune di Treviso e quindi la multa, presa da un automobilista mentre stava viaggiando a 97 chilometri all’ora in un tratto in cui la velocità massima consentita è di 90. Risultato: multa annullata. L’autovelox che aveva rilevato la violazione infatti era stato solo “approvato” e non “omologato”.

Una pronuncia che fa tremare non poco le casse dei Comuni italiani visto che gli apparecchi approvati ma non omologati sono disseminati in grande quantità in tutte le regioni italiane. Ora l’Anci teme una valanga di ricorsi e l’annullamento di multe per milioni di euro. Il ministero delle Infrastrutture ha sempre affermato, fino ad oggi, che “approvazione” e “omologazione” fossero la stessa cosa (circolare n. 8176/2020), e per entrambi i requisiti valeva la stessa attività. Ma una circolare ministeriale – che è fonte del diritto di rango secondario – non può prevalere sul Codice della strada, che invece è fonte di rango primario, trattandosi di una legge.

Per la Suprema Corte, invece, “omologazione” e “approvazione” sono due concetti diversi. Stando ai giudici, esistono infatti due procedimenti che hanno caratteristiche, natura e finalità diverse: uno, l’omologazione ministeriale, autorizza la riproduzione in serie di un apparecchio testato in laboratorio, garantendo la perfetta funzionalità e la precisione dello strumento elettronico. È propedeutico all’altro, l’approvazione del prototipo: un procedimento che invece non richiede la comparazione dello strumento con tanto di caratteristiche ritenute fondamentali.

La Cassazione si rifà alla norma primaria: l’articolo 45, comma 6, del Codice della strada. Le circolari ministeriali “evocate dal ricorrente” (il Comune) che parlano di equivalenza fra omologazione e approvazione non contano, perché i due termini sono differenti sul piano formale e sostanziale. Stando così le cose, le multe rilevate attraverso Autovelox solo “approvati” sono quindi da considerarsi illegittime. Il ricorso può essere presentato entro 60 giorni dal ricevimento del verbale dinanzi al Prefetto, o entro 30 dinanzi al giudice di pace. Per tutte le multe che risalgono a un periodo antecedente, invece, si è verificata una sorta di sanatoria

Il timore che i ricorsi possano fioccare è concreto. Inoltre, se la multa viene annullata in primo grado, quanti comuni ricorrerebbero in appello e poi in Cassazione con il precedente della stessa Corte che come di prassi fa giurisprudenza? Due comuni del trevigiano hanno già ammesso di aver perso due ricorsi in primo grado. Ed è solo l’inizio di una escalation che porteranno giudizi negativi per le amministrazioni locali. Del resto, anche lo stesso direttore dell’Anci del Veneto, Carlo Rapicavoli, ammette che tantissimi autovelox non sono omologati, visto che dal 2020 si è praticamente proceduto quasi esclusivamente con le “autorizzazioni” perché pareva bastasse così.

Ma le cifre in bilico per i comuni fanno tremare i polsi. Solo in Veneto, le sanzioni per violazioni al codice della strada valgono circa 50 milioni l’anno e sono per un terzo addebitabili al superamento dei limiti di velocità riscontrato dalle apparecchiature elettroniche. La quota normalmente riscossa dal Comune di Treviso sarebbe di poco inferiore ai 4 milioni. Se si pensa che in Italia esistono più di 11mila apparecchi elettronici di rilevamento della velocità si fa presto a intasare i tribunali soltanto di ricorsi per riottenere i soldi versati.

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